JET_ITER EUROFUSION ENEA
foto Jet

Ai blocchi di partenza la progettazione ingegneristica di Demo (Demonstration fusion power reactor), prima centrale dimostrativa a fusione, che  arriverà a produrre 300-500 MW di energia elettrica intorno alla metà del secolo.

Ad annunciarlo, oggi 5 luglio a Bruxelles, il Consorzio EUROfusion, di cui fanno parte 21 organizzazioni italiane coordinate da Enea, tra cui Cnr-Istp e Consorzio Rfx, in occasione della conferenza di lancio di Horizon EUROfusion, nuovo programma europeo di ricerca sulla fusione, cofinanziato dalla Commissione europea tramite Euratom.

Demo, il reattore dimostrativo succederà all’impianto sperimentale Iter, in costruzione a Cadarache, nel sud della Francia. 

“Si tratta di un passo importante che traghetterà la ricerca sulla fusione da un ambito puramente sperimentale alla produzione vera e propria di energia elettrica. Per farlo, Demo dovrà adottare le più avanzate tecnologie per controllare il plasma e generare elettricità in modo sicuro e continuo operando con un ciclo del combustibile chiuso”, sottolinea Alessandro Dodaro, direttore del Dipartimento Enea di Fusione e tecnologie per la sicurezza nucleare. 

“A questo scopo, stiamo realizzando, con i nostri partner, il super laboratorio Divertor Tokamak Test (Dtt) presso il Centro Ricerche di Frascati. Qui testeremo nuove e diverse configurazioni e materiali per il divertore, il dispositivo che avrà il compito di smaltire il calore residuo all’interno dei reattori a fusione con flussi di potenza superiori a 10 milioni di Watt per metro quadrato, confrontabili a quelli della superficie del Sole”, aggiunge Dodaro. 

Daniela Farina, direttrice dell’Istituto per la scienza e tecnologia dei plasmi del Cnr, spiega: “Questo passo conferma la roadmap europea che si pone come scopo la produzione di energia elettrica da reazioni di fusione. Per conseguire questo obiettivo con successo è importante che la ricerca della comunità scientifica prosegua attivamente sui temi scientifici e tecnologici tuttora aperti in un’ottica più ampia possibile, sui quali il Cnr sta lavorando in sinergia con gli altri enti e istituzioni italiani e nel quadro di una straordinaria collaborazione mondiale. È uno sforzo globale che non può attuarsi senza un sostegno convinto nel lungo termine”.

Come sottolinea Piergiorgio Sonato, presidente del Consorzio Rfx, i cui soci sono Cnr, Enea, Infn, Università degli Studi di Padova ed Acciaierie Venete: “La fusione dell’idrogeno rappresenta uno degli ingredienti del paniere di fonti rinnovabili ed eco-sostenibili e la decisione di sviluppare il progetto di Demo rappresenta l’impegno dell’Europa nel promuovere risorse energetiche a basso impatto ambientale”. 

Spiega poi Sonato che a Padova, il Consorzio Rfx ospita, presso l’Area di ricerca del Cnr, oltre all’esperimento Rfx-mod che è una delle infrastrutture di ricerca ad alta priorità come definito nel Pnir 2021-27 (Piano nazionale delle infrastrutture di ricerca italiane), il laboratorio di sviluppo degli iniettori di particelle neutre per Iter, Nbtf-Neutral beam test facility.

“Questo rappresenta l’elemento indispensabile per accendere e controllare la reazione di fusione dell’idrogeno nel reattore Iter in fase di installazione a Cadarache, in Francia, e a cui contribuiscono Cina, Corea del Sud, India, Giappone, Russia, Stati Uniti d’America e Unione europea”.

Demo arriva dopo il record che Eurofusion ha ottenuto presso l’impianto europeo Jet (Joint european torus) a Culham (Regno Unito), il quale ha prodotto 59 megajoule di energia totale da fusione, utilizzando lo stesso mix di combustibili di deuterio-trizio, ovvero plasma, che sarà impiegato in Iter, in Demo e nelle future centrali elettriche a fusione.

Ciò è stato possibile grazie alla creazione di plasmi stabili che sono in grado di generare elevati valori di potenza di fusione, si tratta di circa 11 MW, per 5 secondi, a fronte di circa 33 MW di potenza di riscaldamento immessa dall’esterno.

Il Consorzio EUROfusion coordina le attività di ricerca europee nel campo dell’energia da fusione e la sua rete comprende 4.800 scienziati di istituzioni di 29 Stati, di cui 26 membri UE, Svizzera, Regno Unito e Ucraina.

Il Consorzio avrà a disposizione un finanziamento di oltre 1 miliardo di euro per il periodo 2021-2025, che comprende un contributo Euratom di oltre 550 milioni di euro.

L’Italia, dopo la Germania, secondo partner più importante del Consorzio, riceverà il 16% del contributo europeo, pari a circa 90 milioni di euro. 

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