Il biologo marino Roberto Danovaro, presidente della stazione zoologica Anton Dohrn di Napoli, Istituto nazionale di biologia, ecologia e biotecnologie marine, ha scalato la classifica mondiale dei ricercatori di mari e oceani nel decennio 2010-2020 stilata dalla piattaforma Expertscape. Nel confronto ha brillato l’eccellenza italiana, risultata vincitrice in questa selezione che certifica e compara i principali prodotti scientifici di scienziati e medici con specifici settori di competenza.

Dott. Danovaro ha maturato oltre un decennio di studi sui mari e gli oceani, cosa pensa della crescita delle energie rinnovabili? 

Dal mio punto di vista, di esperto ambientale, il problema delle energie rinnovabili è quello legato alla valutazione di impatto ambientale e quindi alla compatibilità ecologica delle strutture. Che si tratti di fotovoltaico o di eolico a terra, il problema riguarda il consumo di suolo, l’impatto paesaggistico e ambientale dell’opera. Ritengo che il mare rappresenti la più grande opportunità per il futuro energetico dell’Unione europea. Ci sono tante opzioni percorribili: moto ondoso, correnti, delta di temperatura, etc. Però in Italia forse l’unica strada veramente percorribile è quella dell’eolico offshore.

Perché proprio l’eolico offshore può fare la differenza?

Strutture alte 220 metri installate al largo della costa sono sicuramente più accettabili rispetto a quelle installate a terra. La sfida è renderle compatibili con l’ambiente marino. L’impatto sul fondale marino e sulle biocenosi può essere risolto adottando l’approccio e le precauzioni giuste. L’Italia è stata anche capofila di un progetto europeo che ha promosso, appunto, lo sviluppo dell’eolico offshore e il rispetto dell’ambiente così da produrre energia pulita e contribuire alla protezione del territorio. I parchi eolici, ad esempio, possono essere grandi quanto una città metropolitana e aiutare al contempo a proteggere le aree adibite alla pesca.

eolico offshore
Parco eolico offshore. Foto di A_different_perspective da Pixabay

Rumore antropogenico, suoni biologici, impatti dei cambiamenti climatici: come stanno gli oceani?

Nel pianificare l’uso di nuove forme di produzione energetica tutti questi aspetti devono essere tenuti in considerazione. L’effetto dei cambiamenti climatici è già visibile: gli eventi meteorologici estremi sono sempre più frequenti e la produzione del fitoplancton è alterata per via del riscaldamento delle acque. C’è da tenere conto dell’invasione delle specie aliene e del mantenimento dei servizi ecosistemici. Gli oceani aiutano già a mitigare i cambiamenti climatici, sia assorbendo il calore sia assorbendo l’anidride carbonica prodotta dalle attività antropiche. Però si stanno acidificando: la CO2 che si scioglie negli oceani dà luogo all’acido carbonico e ciò comporta che il pH stia scendendo progressivamente. Organismi come il corallo e le cozze, che producono scheletri di carbonato di calcio, rischiano di sciogliersi in ambiente acido e di accentuare l’acidificazione degli oceani.

Lei stesso ha rilevato che un’elevata biodiversità mitiga l’impatto dell’acidificazione degli oceani, ma il problema sembra proprio la sua tutela…

Appunto, facendo quanto detto: combinando sistemi di generazione di energia pulita alla protezione dell’ambiente.

Può risultare utile una cultura del lavoro e del business ecocompatibile oltre a nuove competenze?

Non solo, anche investimenti sulla tecnologia. La tecnologia carbon fossile è frutto di progressi pluriennali, ma non è sostenibile. L’estrazione di idrocarburi e minerali è un’attività umana potenzialmente distruttiva. Invece, i parchi eolici offshore potrebbero aiutare a tutelare il pianeta.

Direzione inversa a quella che sembra aver imboccato l’Italia nei giorni di festa, quando si è tornato a parlare di trivelle…

Quella che ho appena descritto è la situazione “anti-trivelle”. Va nella direzione dello sviluppo sostenibile. Difatti, l’eolico offshore è la soluzione condivisa anche dalle principali associazioni ambientaliste. Inoltre, non costa di più. Se si guarda al ciclo di vita del prodotto e si pensa già al suo smaltimento a monte della filiera si può ridurne l’impatto ambientale.

Il Next generation EU e il Piano nazionale di ripresa e resilienza sostengono un’economia sostenibile.

Sì, la sostenibilità comincia a essere un business conveniente. Anche i principali gruppi energetici si stanno convertendo e vi guardano con particolare interesse. Del resto l’Italia detiene il 15% della competenza economica esclusiva del mare Mediterraneo. Il mare, se “usato” in modo ecologicamente sostenibile, può essere foriero di crescita.

Infine, dott. Danovaro, cosa comporterà questo riconoscimento che ha ottenuto?

Non saprei, spero mi aiuti a diffondere la consapevolezza che scaturisce dall’uso intelligente del mare.

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