Se i pesci del Mar Mediterraneo si sedessero a tavola per cena mangerebbero “un piatto composto al 50% da microplastica e al 50% da plancton”. Questa situazione “drammatica” è provocata dall’abbandono incontrollato dei rifiuti a terra, luogo di origine dell’80% degli scarti presenti in mare. Oggi il 60% della plastica che arriva nei fiumi e nei mari è già frammentata ed “è difficile da bloccare perché troppo piccola”, le dimensioni variano dagli 0,2 e ai 5 millimetri.

Jean-François Ghiglione di Tara Ocean Fondation fa parte del team multidisciplinare che tra giugno e novembre solcherà le acque d’Europa nel corso della “Mission Microplastics 2019” promossa dalla Fondazione e dal Laboratorio europeo di biologia molecolare (Embl).

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Jean-François Ghiglione di Tara Ocean Fondation durante la conferenza stampa

E’ lui che a bordo della goletta oceanografica Tara, ormeggiata a Ostia per l’occasione, racconta alla stampa come i 40 scienziati percorreranno 9.500 miglia nautiche per descrivere il fenomeno della dispersione delle microplastiche e stilare la più ampia base scientifica e di dati mai raccolti. I risultati saranno comunicati a novembre, al termine della navigazione. Tra le peculiarità del progetto c’è quella di analizzare gli organismi raccolti nel proprio habitat, ovvero nel campione di acqua, e non in isolamento, come avveniva in passato.

A bordo della goletta Tara il team analizzerà acque di estuari, acque costiere e acque di dieci fiumi europei. Sono l’Ebro in Spagna, Elba in Germania, Gironda, Loira e Reno in Francia, Rodano, Senna e Tajo in Portogallo, Tamigi nel Regno Unito e Tevere in Italia.

“Vogliamo individuare i luoghi di provenienza delle microplastiche, seguirne il percorso e capirne l’impatto sugli organismi biologici”, prosegue Ghiglione. Ancora non si conoscono con precisione i fenomeni alla base della frammentazione delle plastiche, si sospetta dell’azione congiunta delle onde e dei raggi ultravioletti. Restano inesplorati gli effetti provocati sugli organismi viventi dalle sostanze inquinanti ingerite con la plastica. Al momento si sa che alcune microplastiche fanno da calamita verso gli ftalati, sostanze chimiche organiche derivanti dal petrolio impiegate come solventi in diversi prodotti. “Molti animali muoiono. Molti altri non riescono a mangiare altro perché hanno lo stomaco pieno di plastica. Altri ancora hanno problemi comportamentali e nella riproduzione”.

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La speciale “rete” che si trova a bordo della goletta Tara ed è usata per raccogliere i campioni di acqua

Tara Ocean Fondation ed Embl studiano l’impatto e l’effetto dell’inquinamento da microplastiche sul mare dal 2009. “Come una famiglia, portiamo avanti la stessa passione e lo stesso interesse” e, come una famiglia unita, “condividiamo i risultati”, spiega Edith Heard, direttore generale di Embl, che ha preso parte alla conferenza stampa.

“Da dieci anni solchiamo le acque del pianeta. Abbiamo trovato plastica ovunque. Dopo l’Asia l’Europa è il continente più inquinante al mondo. L’uomo è al contempo all’origine del problema e parte della soluzione. La soluzione è sulla terra e non riguarda solo la politica o l’industria, riguarda tutti”, rimarca Romain Troublé di Tara Ocean Fondation.

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