Con Spiber, i tessuti sostenibili nascono dall’incontro fra natura e tecnologia

In occasione di Pitti Immagine Filati, a Firenze, abbiamo incontrato il team di Spiber, azienda giapponese impegnata nello sviluppo di polimeri a base vegetale che possono sostituirsi a una vasta gamma di materiali di origine animale.

Pitti Immagine Filati 94, Firenze
L’ingresso di Pitti Immagine © Elisabetta Scuri/Canale Energia

È nella città simbolo del Rinascimento, Firenze, che si sta svolgendo la 94^ edizione di Pitti Immagine Filati, in programma presso la Fortezza da Basso dal 24 al 26 gennaio. L’appuntamento è con le più importanti filature nazionali e internazionali, per scoprire le tendenze di domani nel nuovo Spazio Ricerca e riflettere sull’evoluzione del settore in chiave sostenibile.

Spiber e la fermentazione microbica

115 gli espositori presenti, fra cui 25 all’interno dell’area CustomEasy, di cui uno proveniente dall’estero: stiamo parlando di Spiber, un’azienda giapponese operante nel settore delle biotecnologie, il cui nome nasce dall’unione tra spider (ragno) e fiber (fibra). Fondata da Kazuhide Sekiyama e Junichi Sugahara nel 2007, si occupa dello sviluppo di materiali Brewed Protein™, polimeri proteici a base vegetale che vengono prodotti attraverso la fermentazione microbica (brewing) e che possono rappresentare delle valide alternative a una vasta gamma di materiali di origine animale, vegetale o sintetica, specialmente nell’industria della moda.

La produzione delle fibre Brewed Protein

“Il nostro fine ultimo è quello di promuovere il benessere sostenibile, sviluppando delle soluzioni che favoriscano il passaggio della società verso un modello di economia circolare”, spiega Ayana Nakajima, Marketing & Communication Specialist di Spiber. L’azienda è in grado di produrre fibre con elevati livelli di biodegradabilità e diverso spessore, che possono essere filate al 100 per cento o mescolate con una varietà di altri materiali per ottenere effetti diversi.

Spiber, Pitti
I filati possono garantire varie texture a seconda del design e del diametro © Elisabetta Scuri/Canale Energia

Rispetto alla produzione di cashmere, quella di fibre Brewed Protein ha il potenziale per ridurre le emissioni di gas serra del 79 per cento, il consumo di acqua del 97 per cento e quello di suolo del 99 per cento. È quanto emerge da uno studio LCA cradle-to-gate realizzato da Spiber insieme alla società di consulenza EarthShift Global.

La maggior parte delle materie prime impiegate nella realizzazione dei polimeri è costituita da prodotti agricoli come mais e canna da zucchero provenienti da filiere certificate: “Gli zuccheri servono a nutrire i microbi che producono le proteine, dalle quali si ricavano poi le fibre”, chiarisce Nakajima. L’obiettivo, tuttavia, è quello di arrivare a ricorrere sempre di più a rifiuti agricoli e tessili.

Capi Spiber
Capi realizzati con le fibre Spiber © Elisabetta Scuri/Canale Energia

Il progetto Biosphere Circulation per una moda circolare

È proprio per questo che Spiber ha lanciato l’innovativo progetto Biosphere Circulation (circolazione della biosfera). Eileen Fisher Inc., Johnstons of Elgin, il Material Innovation Lab (MIL) di Kering e DyStar sono gli ultimi partner che, in occasione del Biofabricate Paris Summit di gennaio, hanno aderito al programma. L’obiettivo primario dell’iniziativa è di spingere la aziende verso la progettazione di prodotti tessili completamente circolari che possano essere rigenerati a fine vita, lavorando sulla tracciabilità dell’intera catena del valore.

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“La circolarità per l’industria della moda è molto importante, perché ci sono molte fibre e tessuti che possono essere recuperati tramite un processo di upcycling. È per questo che crediamo sia importante creare prodotti che non abbiano una ‘data di scadenza’ e non siano destinati a finire in discarica, ma possano essere rigenerati in un sistema close-loop”, commenta Callie Clayton, team manager della divisione Global Client Relations di Spiber Europe.

Pitti Immagine Filati 94
“Monarch Butterfly Reserve”, installazione a cura di Millefili e Niki Ricami © Elisabetta Scuri/Canale Energia

“PittiTime” e il futuro della fashion industry

La volontà di investire in una moda senza tempo, del resto, è al centro di questa edizione del salone fiorentino, promosso anche dal Ministero degli affari esteri e dall’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane (ICE). “PittiTime”, il tema prescelto, identifica proprio la necessità di orientarsi verso “capi che non passano”, “stabilizzandosi nel timeless in un clima che annulla le stagioni”, per usare le parole di Agostino Poletto, direttore generale di Pitti Immagine.

PittiTime
PittiTime è il tema che caratterizza i saloni invernali di Pitti Immagine © Elisabetta Scuri/Canale Energia

Dalla collaborazione con Unicredit e il Centro di Firenze per la moda italiana, è nata CFMI Academy, che si propone come interfaccia tra gli studenti di Fashion Design e il mondo della fashion industry. L’obiettivo è quello di integrare la formazione erogata nelle scuole con le istanze operative che i giovani si troveranno a fronteggiare concretamente sul campo: la sostenibilità sarà il focus principale di queste attività, con particolare riguardo alle tematiche ESG (Environmental, Social and Governance).

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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.