Ecco come alluminio e acciaio impattano meno sull’ambiente

Unici in Europa per il riciclo. Il commento di Assofermet Rottami e Assofermet Metalli

Poche ore fa si è discusso delle mozioni sul meccanismo ETS alla Camera un sistema che si impegna a tassare prodotti importati dei settori altamente energivori come ad esempio acciaio e alluminio. Tassazione che preoccupa alcuni comparti proprio perché rischia di mettere in difficoltà la competitività dell’industria italiana.

Su questo tema l’economia circolare gioca un ruolo centrale.“L’80% dell’acciaio prodotto nel nostro Paese proviene proprio da rottame ferroso, caso unico a livello europeo” evidenzia a Canale Energia Laila Matta, presidente di Assofermet Rottami, l’associazione nazionale di categoria dei settori di commercio, distribuzione e pre-lavorazione di acciai, rottami, metalli e ferramenta. Un ciclo virtuoso in cui l’auto elettrica deve seguire il passo. Con la presidente di Assofermet Rottami e con Oscar Moro, membro del Comitato Tecnico di Assofermet Metalli abbiamo approfondito alcuni aspetti legati al mercato delle materie prime seconde e a come migliorarne il ciclo virtuoso del recupero tra Italia e Direttive europee.

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Foto di 2427999 da Pixabay

Materie prime seconde un costo energetico inferiore

Considerati i costi nell’ambiente della produzione di alluminio e acciaio ex novo, guardando sia alle sostanze rilasciate sia all’energia necessaria a produrli, c’è una reale convenienza anche economica a utilizzare materiale di riciclo già dentro ai confini europei.

Laila Matta, Presidente di Assofermet Rottami
Laila Matta, Presidente di Assofermet Rottami

La produzione di acciaio e alluminio da economia circolare implica un minore impatto ambientale in termini di riduzione di emissioni di CO₂ e di recupero e riciclo dei prodotti finiti. La produzione a ciclo integrale, vale a dire a partire utilizzando il minerale anziché il rottame metallico, comporta maggiori emissioni di anidride carbonica e un maggior consumo di energia.” spiega Laila Matta presidente di Assofermet Rottami. “Ai benefici ambientali si aggiunge il tema economico. Le prime imprese specializzate nel recupero dei metalli sono nate oltre 70 anni fa: si tratta della prima industria del riciclo a essersi sviluppata nella Penisola. Oggi conta 7.457 imprese, con un fatturato complessivo di più di 17 miliardi di euro e 19 mila persone impiegate.

Un altro aspetto centrale è l’indipendenza economica delle aziende italiane. Grazie al settore del recupero, le imprese siderurgiche e metallurgiche trovano in Italia fornitori qualificati che permettono loro di ottenere la materia prima seconda di cui necessitano accorciando le catene del valore. In un periodo storico di crisi negli equilibri geopolitici internazionali, avere all’interno dei confini nazionali la parte a monte delle filiere dei metalli risulta particolarmente strategico e vantaggioso. Le imprese che recuperano rottame ferroso sono pertanto estremamente virtuose: oltre a soddisfare pienamente le esigenze della siderurgia nazionale, esportano verso Paesi terzi senza compromettere le esigenze delle aziende italiane” conclude.

Alluminio come materia prima seconda

L’alluminio è un materiale interamente riciclabile, ma questa sua peculiarità non trova un ampio riscontro nel mercato. “È da mesi che il settore dell’alluminio è in sofferenza dopo il crollo dei premi e degli ordini sia per la produzione da minerale sia per quella da rottame.” spiega Oscar Moro, membro del Comitato Tecnico di Assofermet Metalli.

Oscar Moro, Membro del Comitato Tecnico di Assofermet Metalli.
Oscar Moro, membro del Comitato Tecnico di Assofermet Metalli

“Nelle ultime settimane un incremento delle vendite con visibilità a breve termine ha riportato entusiasmo, ma il modesto aumento dei premi non aiuta le aziende a raggiungere il margine sperato. In questo contesto è il mercato dell’alluminio secondario, vale a dire la produzione da economia circolare, a essere leggermente più stabile. Fra le varie cause che spiegano l’andamento negativo va segnalata la riduzione del lavoro medio per il settore automotive, con un calo del 20%.

La conseguente mancanza di alcune categorie di rottame ha generato un aumento di prezzo proposto dai produttori ma non agganciato al prezzo dei pani prodotti. Per quanto riguarda il prodotto a magazzino, registriamo importanti quantità stoccate.
I giorni post-Pasqua si sono presentati con un’ impennata delle quotazioni LME, situazione che di certo non aiuterà a incentivare un incremento dei consumi da parte degli utilizzatori finali”.

Impianti di recupero sufficienti ma serve più sostegno dalle istituzioni

Il problema però non è nel numero di impianti, come spiega  la Presidente di Assofermet Rottami. “In Italia sono al momento attivi circa 1.500 impianti di recupero dei rottami, distribuiti capillarmente sul territorio. Non servono nuovi impianti ma un sostegno a quelli esistenti, che sono già numerosissimi.”

“Non servono nuovi impianti ma un sostegno a quelli esistenti, che sono già numerosissimi”

Questo perché nel nostro Paese esiste una micro-raccolta che copre l’intera Penisola e include le cooperative e tre/quattro raccoglitori per paese. Il ritiro dei rottami avviene presso le piattaforme pubbliche, l’industria privata, l’industria agricola, l’industria chimica, le imprese che si occupano di costruzioni edili e di impiantistica”.

Anzi grazie a questa frammentazione della categoria è possibile godere di “conseguenze particolarmente virtuose: personalizzazione e cura del servizio, efficienza e competitività sono caratteristiche tipiche delle aziende del settore. Questo marca una differenza strutturale dagli altri Paesi europei, in particolar modo i Paesi nordici, dove il recupero dei rottami è da anni di pertinenza di pochi operatori”.

Veicoli fuori uso e ecar, pro e contro della regolazione UE

“La regolamentazione attualmente in vigore nei paesi della UE non è uniforme e questo senz’altro incide sull’effettivo complessivo recupero in Europa.” rimarca Laila Matta. “La nuova proposta di Regolamento attualmente in discussione mira a uniformare in maniera del tutto lineare il recupero di prodotti e materie prime nella UE”.

per le “vetture elettriche, le attuali tecnologie sono inadatte per garantire un recupero a costo zero nei confronti dell’utente finale”

Anche qui non c’è un reale problema di tecnologie o di impianti ci rassicura “Il tema centrale è esattamente una questione di costo-beneficio, in quanto le risorse da mettere in campo per raggiungere gli obiettivi sono elevate rispetto al valore di recupero del materiale. Per quanto concerne le vetture elettriche, le attuali tecnologie sono inadatte per garantire un recupero a costo zero nei confronti dell’utente finale. Va considerata, infatti, la percentuale elevata di componenti non valorizzabili, il cui effettivo recupero non è del tutto chiaro”.

Per questo secondo la presidente di Assofermet “La proposta formulata dalla Commissione UE attribuirà alle case auto un ruolo centrale nella gestione del fine vita dei veicoli, spostando in capo ai produttori la responsabilità del raggiungimento dell’obiettivo vincolante dell’85% di riciclo e riutilizzo dei veicoli“.

Il successo del processo però è nella capacità di realizzare maggiori controlli e una regolamentazione che induca l’EPR a diminuire al minimo il rifiuto e l’impronta carbonica, ma che allo stesso tempo non metta a rischio la sostenibilità economica degli autodemolitori. Si tratta di imprese che lavorano in regime di un libero mercato, sostenendo la propria attività proprio con la vendita dei pezzi di ricambio e materiali da riciclo”. 

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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.