Lo zucchero più dolce per il Pianeta è quello che non spreca risorse preziose

Dagli scarti della produzione dello zucchero è possibile ricavare il biometano: è l’obiettivo delle aziende italiane che operano in questo settore.

  • CGBI–Confederazione dei bieticoltori e COPROB-Italia Zuccheri hanno lanciato un progetto per la costruzione di dieci impianti per la produzione di biometano agricolo a partire dagli scarti dell’industria saccarifera italiana.
  • Saranno coinvolte anche le aziende zootecniche circostanti, che potranno conferire i loro effluenti.
barbabietola da zucchero
Coltivazione di barbabietola da zucchero © Pixabay

Sappiamo che l’Italia vanta una filiera vitivinicola d’altissimo livello e, probabilmente, siamo a conoscenza del fatto che sia possibile recuperare la gran parte degli scarti che ne derivano: dai vinaccioli si estrae un olio impiegato nella cosmesi, per esempio, mentre raspi e bucce possono essere utilizzati per generare energia termica.

Forse è meno noto che la nostra penisola può vantare anche un’altra produzione d’eccellenza che associamo solitamente a paesi molto più lontani: quella dello zucchero. Con un bacino di più di 30mila ettari tra Emilia-Romagna e Veneto, si tratta di un’industria innovativa che si sta impegnando sempre di più per ridurre il proprio impatto ambientale, fino a diventare la prima filiera industriale della nazione ad essere interamente agro-energetica.

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Come ricavare biometano dagli scarti delle barbabietole da zucchero

Per produrre lo zucchero, serve dell’energia: parliamo di 40 milioni di metri cubi di metano l’anno. Un consumo di gas elevatissimo per cui non a caso, le conseguenze della crisi energetica si sono dimostrate particolarmente gravi per l’industria saccarifera italiana. Una soluzione, capace di giovare tanto alle finanze quanto all’ambiente c’è: “Il nostro progetto prevede di generare biometano attraverso gli scarti stessi della produzione dello zucchero”, spiega Gabriele Lanfredi, presidente della CGBI–Confederazione dei bieticoltori.

L’iniziativa, lanciata insieme a COPROB-Italia Zuccheri, prevede la costruzione in tre anni di dieci impianti per la produzione di biometano agricolo, ottenuto esclusivamente da sottoprodotti della barbabietola da zucchero e della sua lavorazione (polpe, foglie e colletti), effluenti zootecnici degli allevamenti vicini e colture dedicate da biomassa. Grazie a questo processo di economia circolare, le emissioni di anidride carbonica diminuiranno almeno dell’80 per cento.

Zucchero
Gabriele Lanfredi © CGBI

Come ridurre l’impatto ambientale dell’industria saccarifera

“Tutta l’Europa si sta interrogando sull’impatto dell’industria saccarifera, tant’è che abbiamo già commissionato degli studi molto approfonditi sul bilancio della CO2 emessa dalla nostra filiera”, aggiunge Claudio Gallerani, presidente di COPROB. “La bietola è una delle colture più virtuose, fortunatamente, perché un ettaro di bietola è in grado di assorbire anidride carbonica quanto un ettaro di bosco”. Bisogna però capire cosa succede dal campo alla tavola, qual è l’impronta dell’intero processo produttivo.

“Attualmente, stiamo facendo delle riunioni per promuovere la costituzione di una serie di società consortili sul territorio che, inizialmente, si svilupperanno intorno allo zuccherificio di Pontelongo, in provincia di Padova”, riprende Gabriele Lanfredi. Gli impianti di Pontelongo, Minerbio (BO) e Finale Emilia (MO), che producono già biogas, verranno infatti convertiti a biometano. “Una volta certi del quadro normativo, auspichiamo di poter portare a termine il progetto”.

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Claudio Gallerani © COPROB

Le società consortili vedranno coinvolte le cooperative del gruppo CGBI, COPROB-Italia Zuccheri e le aziende zootecniche circostanti. “Gli allevatori potranno conferire i loro liquami, che oggi vengono spesso stoccati in vasche aperte, emettendo gas climalteranti come ammoniaca e metano”, conclude Lanfredi. Il digestato derivante dalla produzione di biogas tramite effluenti zootecnici è un concime dall’elevato potere fertilizzante che consente di limitare l’impiego di concimi chimici.

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La chiave per il futuro è l’agricoltura biologica

Accanto al biometano, si punta sull’agri-fotovoltaico e sul recupero delle ferrovie dismesse per il trasporto delle bietole. Resta poi un ultimo punto su cui lavorare: la riduzione dell’utilizzo di pesticidi. È interessante, a tal proposito, il caso di Cuba: fino al 1991, anno del crollo dell’Unione Sovietica, il paese caraibico è stato il maggior esportatore di zucchero. Faceva largo uso di fertilizzanti, che hanno impoverito il terreno. Quando le barche cariche di sostanze chimiche hanno smesso di arrivare dall’Urss, gli abitanti dell’isola hanno cominciato a convertirsi all’agricoltura biologica. Ed è stato un successo.

“Noi abbiamo avviato, insieme ai viticoltori, un percorso di transizione ecologica digitale che ci ha portato, nel corso degli ultimi tre anni, a ottenere la certificazione SQNPI per oltre il 50 per cento della filiera”, continua Claudio Gallerani. Si tratta di un riconoscimento conferito alle aziende del territorio nazionale italiano che utilizzano tecniche di produzione agricola integrata, cioè sostenibile. “Vogliamo arrivare, in un paio d’anni, a certificare tutto il nostro zucchero come sostenibile o bio”. Un obiettivo che si potrà raggiungere anche grazie alle semine autunnali: d’inverno, infatti, non servono grandi risorse per irrigare i campi, né trattamenti contro insetti e funghi. Certo, questa strada è divenuta percorribile per via dell’aumento delle temperature. Come se la natura ci volesse offrire un’ultima via d’uscita, un’ultima opportunità. Che non dobbiamo sprecare.

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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.