mobilità elettrica
foto pixabay

Il mercato dell’auto in generale sta soffrendo da ben due anni, con le vendite di nuove vetture in calo, se poi si parla di mobilità elettrica, fondamentale per la decarbonizzazione e per attuare la transizione ecologica, è chiaro che senza aiuti e incentivi da parte del Governo, la strada è ancora più tortuosa.

Il Governo sta infatti deliberando di concedere per gli ecobonus in corso di emissione, fino a 5mila euro di incentivi per le auto elettriche a fronte di una spesa massima di 35mila euro e, fino a 4mila euro per auto ibride plug-in a fronte di una spesa massima di 45mila euro.

In merito, il presidente del Coordinamento Free (Coordinamento Fonti rinnovabili ed efficienza energetica), Livio de Santoli dichiara: “Si tratta di un fatto incomprensibile, che il prezzo massimo imposto per le auto più virtuose, 0-20 g/km di CO2, sia inferiore a quello delle più inquinanti 21-60 g/km di CO2. Le 0-20 sono le auto elettriche a batteria e a idrogeno, mentre le 21-60 sono le plug in, con qualunque motorizzazione termica. Tradotto: si supporta meno una tecnologia nuova e si premia maggiormente una più inquinante”.

Il presidente ritiene che questo sia un comportamento totalmente disallineato rispetto all’obiettivo di diffondere su larga scala i mezzi completamente elettrici e con le politiche sulle infrastrutture di ricarica già definite nel Pnrr.

“Si continuano a favorire i veicoli fossili, continua de Santoli, ma non basta, si continuerebbe a incentivare veicoli termici che emettono tra 61 e 135 g/km di CO2, caso unico in Europa, essendo questi limiti di emissione superiori a quelli indicati dalla UE,e che saranno rafforzati nel “Fit-for-55”. Infine, sono state totalmente ignorate le flotte aziendali, canale di elezione per le auto elettrificate e importante veicolo di “svecchiamento” del parco, attraverso la re-immissione di veicoli a emissioni zero al termine dei noleggi, e a prezzi convenienti rispetto al nuovo. Tutto ciò non farà che aggravare la crisi di mercato presente e continuerà ad allontanare l’Italia dalle opportunità offerte dalle nuove tecnologie, relegandola sempre più alla marginalità e obsolescenza”.

Questo approccio industriale, conclude, di certo non contribuisce a rendere l’Italia più attraente per gli investimenti di aziende estere, rispetto agli altri Paesi nei quali la scelta di supportare la domanda è più chiara e meglio pianificata e farà diventare a breve il settore automotive italiano arretrato con perdite di Pil e di posti di lavoro sul medio periodo, mettendolo in crisi”. 

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