Costituisce il primo esempio di sito al mondo energeticamente autonomo, grazie all’utilizzo di idrogeno verde. È l’Isola dei Cavoli, sita nel Comune di Villasimius, in Sardegna, con una superficie di 43 ettari, si trova all’interno dell’Area Marina Protetta di Capo Carbonara.

A renderlo possibile, il progetto Green Hyland che sfrutta il sistema Hybox, progettato dalla startup sarda H2D Energy The hydrogen democracy.

Per saperne di più sul progetto, Canale Energia intervista Carlo Manconi, founder e managing director di H2D Energy.

Ci può spiegare esattamente in che cosa consiste e come funziona il sistema Hybox da voi progettato? 

Il prefisso “Hy” è il prefisso di “Hydrogen”, per ricordare che il cuore del sistema è l’idrogeno. Si tratta di un complesso sistema “Plug&play”, “Power to gas to power”(P2G2P) che, mediante elettrolisi, trasforma l’energia elettrica in eccesso in idrogeno (Power to gas) e successivamente, quando l’energia rinnovabile non è disponibile, produce energia elettrica dall’idrogeno mediante una pila combustibile (Gas to power). La locuzione “Plug&play” l’abbiamo presa in prestito dal mondo del software e sta ad indicare un sistema pronto, che deve solo essere collegato alla rete (plug) e funziona immediatamente (play), senza particolari necessità.

Quali sono i suoi vantaggi?

L’obiettivo è quello di immagazzinare energia elettrica rinnovabile sotto forma di idrogeno e restituirla quando la fonte di energia rinnovabile non è disponibile. Esiste un problema intrinseco per questo tipo di fonte, che le impedisce di diventare quella definitiva, atta a soddisfare interamente la “fame energetica” del mondo attuale. Infatti, essendo queste energie provenienti da fonti naturali, la loro disponibilità dipende dai cicli della natura, per cui durante alcuni periodi sono disponibili, mentre in altri non lo sono.  

Questa debolezza delle energie rinnovabili è risultata evidente negli ultimi anni in Brasile. Il Brasile, dove noi lavoriamo, è fra i paesi del G20 quello con la maggior percentuale di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili, ben l’83% infatti deriva dalle fonti idroelettriche di cui è ricchissimo.

Ora, a causa della siccità, negli ultimi due anni, il Paese ha visto ridursi le proprie risorse idriche e, conseguentemente, la possibilità di generare energia idroelettrica. Per sopperire al suo fabbisogno, è dovuto ricorrere a fonti fossili, con l’inevitabile regresso nella emissione di CO2.

L’energia fotovoltaica è disponibile solo durante le ore di sole, quella eolica esclusivamente quanto c’è vento. Ma, grazie all’idrogeno, immagazziniamo energia fotovoltaica, o eolica, quando c’è eccesso di produzione e la forniamo quando non è disponibile. Grazie a questa tecnologia e all’idrogeno, aggiungiamo continuità alle fonti di energia rinnovabile. Con il sistema Hybox, noi portiamo “il sole anche di notte”.  

Come riuscite a stoccare l’energia senza utilizzare le classiche batterie, ma attraverso l’idrogeno?

La funzione del sistema Hybox è la stessa delle batterie, ovvero un sistema di accumulo energetico, ma a differenza delle batterie:

  • consente un accumulo a lungo termine, per mesi, o anche per anni. Dunque, grazie all’idrogeno, quando c’è eccesso di produzione durante l’estate si può “mettere il fieno in cascina” per l’inverno;
  • non perde di carica con l’eccesso di caldo o freddo. Faccio sempre l’esempio dei fine settimana invernali in montagna del cittadino delle grandi città: arrivo in montagna il venerdì sera per andare a sciare e lascio la mia bella auto elettrica per strada. La domenica sera, quando  la riprendo per tornare in città, certamente non riuscirò a rientrare a casa, ma molto probabilmente neppure ad uscire dal Paese;
  • non ha by-products (sottoprodotti) inquinanti, sia nel processo di produzione che in quello post-vita.

Quanta energia riesce a fornire questo sistema, comprende tutte le 24 ore?

Certamente, 24 ore su 24, 365 giorni all’anno. Questo dipende da quanta energia rinnovabile posso produrre. Cioè, se il fabbisogno energetico della mia azienda, della mia casa, del mio immobile in generale è, per esempio, di 500 kWh ogni 24 ore, devo avere un sistema fotovoltaico o eolico che produca almeno 500 kWh giornalieri per il mio consumo, oltre a quelli necessari per l’accumulo. 

Questa è una spiegazione molto semplice, poi si devono considerare nel conto finale le inefficienze del sistema nella trasformazione Power to gas e Gas to power. 

Il concetto di base è che: se ho energia rinnovabile sufficiente e spazio per l’immagazzinamento, posso soddisfare qualsiasi esigenza. 

Abbiamo sviluppato uno studio in Egitto per una struttura ricettiva con consumi di 90MWh al giorno, per renderlo energeticamente indipendente. Stiamo anche sviluppando uno studio in Brasile, per rendere energeticamente autonomo un sistema che consuma 2MWh al giorno. 

Thiessen-Krupp ad esempio, sta sviluppando un progetto in Germania per rendere altrettanto autonoma ed alimentare esclusivamente a idrogeno la più grande fonderia della Germania (Hydroxy Hub Walsum: Vision: Green hydrogen for green steel – YouTube).

Cosa ci dice a proposito del sistema che fa parte del progetto, chiamato Awg – Atmospheric water generator, che prevede la produzione di acqua dalla condensazione dell’umidità dell’aria?

Non è una nostra tecnologia, noi la adotteremo sull’Isola dei Cavoli per raggiungere l’obiettivo del “Total zero”: cioè zero emissioni e zero impatti ambientali. 

Per ovvi motivi, l’Isola dei Cavoli non ha fonti d’acqua e non è allacciata alla rete di distribuzione. Quindi, l’unico modo per approvvigionarla d’acqua è mediante una nave cisterna oppure producendo l’acqua in loco. Purtroppo, Capo Carbonara e con esso l’isola dei Cavoli, sono la zona del territorio italiano con minori precipitazioni annue, pari a 269 mm, dunque non si può pensare di approvvigionarla raccogliendo l’acqua piovana. Tantomeno, possiamo pensare di utilizzare sistemi di dissalazione, poiché per fornire acqua producono una salamoia (residui di sale e prodotti chimici) che deve poi essere smaltita, dal momento che se riversata in mare, produrrebbe dei danni all’ecosistema.

Questa tecnologia viene già utilizzata in vari luoghi del mondo, dove non esistono sorgenti d’acqua. In sostanza, si tratta di un grande (qualche decina di piedi) condizionatore d’aria, che raffreddando l’aria condensa l’umidità di quest’ultima, che precipita e viene poi raccolta per essere utilizzata per uso sanitario, o può essere addirittura bevuta, se adeguatamente arricchita di minerali.

Sarà presente sull’Isola anche la prima installazione a livello mondiale di una colonnina di rifornimento di idrogeno, per rifornire le imbarcazioni da diporto elettriche, eliminando in un colpo solo inquinamento emesso dagli scarichi e quello acustico. 

Avete previsto qualche altra soluzione per incentivare una mobilità green da e verso l’isola?

Doteremo l’Isola di una imbarcazione elettrica, in cui il motore elettrico sarà alimentato da una pila a combustibile (fuel cell), questa sarà la prima per l’Aria Marina Protetta di Capo Carbonara. 

Il motore elettrico alimentato a fuel cell è il livello massimo di preservazione ambientale che possiamo raggiungere con le tecnologie odierne: nessuno scarico, nessun inquinamento acustico, nessun by-product. 

L’auspicio, o forse il mio sogno personale, è che nel futuro si possa restringere l’accesso al sito e all’intera Area Marina Protetta alle imbarcazioni a vela, nonostante io sia un velista, e alle imbarcazioni a idrogeno.

Noi, nel nostro piccolo, abbiamo dato un contributo finanziando con risorse nostre questo progetto, andare oltre sarebbe difficile per noi.

Però magari l’amministrazione della Regione Autonoma della Sardegna o il Governo, potrebbero dedicare qualche decina di milioni di euro del Pnrr alla tutela delle Aree Marine Protette e dei Parchi Nazionali, creando tante altre “Green Hylands” o “Hymountains”. Si potrebbe pensare di finanziare per ogni Area Marina Protetta e ogni Parco Nazionale, sia la creazione di sistemi di produzione e accumulo di energia ad emissioni zero, che lo sviluppo di trasporti ad emissioni zero. 

In questo modo, si preserverebbe l’ambiente e si creerebbero enormi opportunità di sviluppo, un reale sviluppo sostenibile. Oggi purtroppo, la maggior parte delle iniziative e dei finanziamenti del Pnrr legati all’idrogeno vanno a caso: lo slogan è “produciamo idrogeno!”

Al contrario, dobbiamo creare la domanda di idrogeno, producendo e finanziando soluzioni che lo utilizzino. 

Successivamente, in seguito ad un incremento della domanda, la produzione crescerebbe senza bisogno di incentivi. Non si deve finanziare la produzione di idrogeno, come fanno il Pnrr e il Governo, ma incentivarne la domanda, incentivare la creazione di applicazioni che lo usino. È come se, per stimolare il mercato della Gdo, finanziassimo la produzione di beni di consumo. Se non c’è la domanda, poi dove finiscono? A questo punto, dovrei stimolare il consumo e sostenere i prezzi della vendita per evitare un crollo dei prezzi dovuto all’eccesso di offerta.

Se invece, finanziamo lo sviluppo della domanda, intesa come le diverse applicazioni dell’idrogeno, lo stimolo a produrlo si autogenera dal mercato. Forse però, in questa “non politica” dell’idrogeno italiana c’è una terza lettura: si finanzia la produzione centralizzata per favorire le grandi aziende e mantenere il monopolio dell’energia nelle mani di pochi o dello Stato.

Mi spiego: un approccio alla produzione dell’energia distribuito, cambierebbe totalmente il paradigma. Si passerebbe da quello centralizzato attuale, energia prodotta in grandi centrali da pochi e distribuita sul territorio, ad un approccio distribuito, in cui ogni singolo individuo, o azienda, potrebbe produrre l’energia necessaria al proprio fabbisogno dove la consuma. Noi abbiamo chiamato questo approccio la “Democrazia dell’idrogeno”.

Ci sono delle barche a idrogeno, esiste già un mercato per questo tipo di barche?

Le imbarcazioni a idrogeno sono attualmente pochissime al mondo, Bill Gates ne ha fatto costruire una costosissima e grandissima. Il mercato sta ancora sviluppando le imbarcazioni elettriche a batteria, il passaggio dall’imbarcazione elettrica a quella a batteria concettualmente è semplicissimo: basta sostituire la batteria con una fuel cell ed un serbatoio di idrogeno. 

Con questo progetto, vorremmo essere da una parte, un esempio per i nostri amministratori, per mostrare loro la strada da percorrere. Dall’altra, un apripista, un trend setter commerciale, per stimolare e far nascere un mercato, quello delle imbarcazioni a idrogeno appunto. Un po’ come ha fatto Elon Musk con la Tesla, insomma, se nessuno inizia non succederà mai nulla.

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Professionista delle Relazioni Esterne, Comunicazione e Ufficio Stampa, si occupa di energia e sostenibilità con un occhio di riguardo alla moda sostenibile e ai progetti energetici di cooperazione allo sviluppo. Possiede una solida conoscenza del mondo consumerista a tutto tondo, del quale si è occupata negli ultimi anni.