Smart city, l’università fa rete

106599566Lo scorso 1° luglio è stato inaugurato il Laboratorio nazionale sulle ‘Smart Cities & Communities’ che, coordinato dal Prof. Giuseppe Anastasi del dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa, avrà il compito di riunire e coordinare mondo della ricerca, amministrazioni pubbliche e comparto industriale per costruire città “che funzionino”.

Prof. Anastasi, qual è il significato che il mondo della ricerca dà alla smart city?

Il processo di realizzazione della smart city è complesso e dinamico ed è stavo avviato molti anni fa quando gli amministratori hanno provato ad usare le tecnologie a loro disposizione per migliorare il tenore di vita dei cittadini. Oggi va molto di moda parlare di smart city perché si sta cercando di capire come rendere le città più sostenibili, efficienti e sicure anche col supporto delle nuove soluzioni ICT. Questo progetto coinvolge molteplici attori (imprese, amministrazioni e università) e pone numerose sfide (dall’uso delle tecnologie all’organizzazione delle città alle implicazioni in campo politico, sociale ed economico).

Come le Università potranno rendere le città più rispondenti ai bisogni dei cittadini?

L’iniziativa è stata promossa dal Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica che, istituito nel 1989 per la crescita dei settori dell’informatica e dell’ingegneria informatica, cerca di coordinare le attività di ricerca e trasferimento tecnologico in questi ambiti. Nel 2013 il CINI ha deciso di istituire una serie di laboratori tematici organizzati a rete per fare massa critica e promuovere il coordinamento tra le realtà locali; tra questi c’è il laboratorio nazionale Smart Cities & Communities che non ha una sede fisica, ma rappresenta una realtà distribuita geograficamente composta da 26 nodi (da Firenze a Palermo, da Roma a Bari, da Bologna a L’Aquila) e 350 persone. Il proposito è quello di diventare un centro di competenza ed eccellenza nel settore ICT: per questo da subito proveremo a stringere nuovi partenariati, anche con l’estero, in modo da ricercare soluzioni innovative e partecipare a bandi internazionali ed europei. Obiettivo principale di fare fronte comune, fare massa critica, e coordinare attività che si svolgono nei laboratori locali.

Quali saranno i settori strategici d’azione? Avete individuato delle priorità?

Cominceremo dalle societal challenges, le priorità strategiche previste da Horizon 2020: e-health,  smart energy, smart building, smart mobility, gestione dell’ambiente, turismo e cultura, education e govenerment, urban security. Ovviamente terremo conto delle specificità territoriali: anche per questa esigenza è pensata la struttura a nodi che potrà rispondere, data la vicinanza a ogni esigenza. Ci sono diversi ambiti in cui occorre intervenire subito per rendere le città più amichevoli: in alcuni casi basta poco, perché è sufficiente far funzionare bene i servizi che esistono. Un ottimo punto di partenza sarebbe quello di sfruttare tecnologie innovative per efficientare gli edifici o per gestire al meglio il trasporto pubblico: ad esempio, chi viaggia col treno talvolta trova reperire i dati relativi al trasporto locale, perché questi sono gestiti da società differenti. Realizzare una città intelligente vuol dire anche integrare queste informazioni già presenti per sviluppare nuovi servizi al cittadino.

Pensate di avviare campagne informative per il cittadino?

Questa è sicuramente una chiave di lettura importante della smart city: talvolta rendere le città più intelligenti non prevede l’introduzione di nuovi dispositivi, ma la promozione della conoscenza. L’alfabetizzazione digitale è sicuramente il primo passo per dare impulso ad una nuova cultura: qui l’università può dare il suo contributo, anche se non deve essere l’unico soggetto promotore. Altro aspetto importante è la nascita di nuove figure professionali multi e interdisciplinari che, al momento, non vengono formate, ma che saranno sempre più richieste nel mercato della città smart.

Mentre le aziende sono interessate al concetto di smart city (anche) per le possibili implicazioni economiche, le PA ricercano una maggiore vicinanza col cittadino; in questo contesto come si comporta la ricerca?

L’università può dare il suo contributo in termini di idee e di sviluppo di soluzioni di innovative: la collaborazione del mondo industriale con quello della ricerca sulla base dei bisogni reali del cittadino può costituire un valore aggiunto per la smart city. Molto spesso esistono problemi complessi per le quali occorre ricercare soluzioni ad hoc: la ricerca non deve essere fine a se stessa, ma migliorare la qualità di vita del cittadino. Esistono sicuramente delle disparità a livello locale: alcune città sono più evolute perché guidate da amministratori “illuminati”, composte da cittadini attivi e partecipanti e supportate dalle giuste risorse economiche. In linea di principio le pubbliche amministrazioni vogliono promuovere nuove attività, ma sono molto spesso bloccate dalla mancanza di risorse. Spesse volte, però, sono interessate ad ottenere risultati concreti e immediati piuttosto che a collaborare col mondo della ricerca; talvolta succede che ci si fermi alla soglia del laboratorio, che il prototipo non venga tradotto in una soluzione concreta. In questi casi si dimentica che si stanno realizzando nuove opportunità positive per il cittadino.

Ora è il momento di agire: quale sarà il prossimo passo?

Da un lato vogliamo farci conoscere di rappresentati delle città e delle piccole e grandi aziende, in modo che anche queste ultime possano comunicare maggiormente tra loro. Dall’altro puntiamo a coordinarci internamente per migliorare la nostra visibilità verso le altre agenzie, nazionali e non: vogliamo cercare di entrare a far parte delle reti europee in vista di futuri progetti congiunti.

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