La Strategia forestale nazionale, approvata dal tavolo tecnico il 15 giugno 2021, non ha fondi specifici che favoriscano una gestione sostenibile del patrimonio forestale e boschivo. In tema di foreste, nemmeno il Piano nazionale di ripresa e resilienza riesce a saldare l’aspetto ecologico a quello economico, seppure dia spazio ai boschi urbani e periurbani, alle energie rinnovabili, alle green communities e alla gestione del rischio di alluvione e idrogeologico.

L’effetto della pandemia di Covid-19 e degli incendi

Eppure, la scarsità di materie prime spinta dalla pandemia di Covid-19 e i (troppo) frequenti incendi che hanno devastato ettari di boschi del nostro territorio, in Calabria ad esempio giusto per citare una tra le regioni che hanno sofferto maggiormente, hanno più volte evidenziato l’importanza di applicare conoscenze innovative, fare prevenzione, gestire il nostro patrimonio.

Lo scorso 16 luglio la Commissione europea ha approvato la nuova Strategia per le foreste per il 2030. Se si sommano i punti chiave ivi contenuti a quelli presenti nella Strategia nazionale, frutto di un lungo percorso condivisi tra tecnici, addetti ai lavori e veri appassionati del tema, si ottengono le aree prioritarie d’azione. Rispetto al documento europeo, “l’Italia rivela buone prestazioni per le misure di tutela ambientale di tipo passivo, tra cui la designazione di aree, vincoli, divieti etc”, spiega Davide Pettenella, coordinatore gruppo di lavoro Strategia forestale nazionale, Università di Padova, nell’apertura dell’evento “Boschi e foreste nella Strategia forestale e nel Pnrr per una filiera nazionale forestale, del legno arredo e delle costruzioni” (Festival della soft economy, 1, 2, 3 e 7 settembre 2021, promosso da Fondazione Symbola). Invece, è in ritardo sui sistemi di monitoraggio e di pianificazione e sulle misure di tipo attivo, ossia per le misure di supporto, compensazione e assistenza sia per prodotti senza mercato che industriali.

In generale, per Alessandra Stefani, direttrice generale della divisione Economia Montana e Foreste preso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, rispetto al passato il bilancio è positivo, “abbiamo fatto tanta strada”. “In effetti era difficile mettere i soldi in una Strategia che non c’era”, ha detto, si continuerà quindi a fare ricorso ai fondi del programma europeo Life e alle risorse del Piano di sviluppo rurale, senza sprecarne come avvenuto in passato.

Assenza di risorse dedicate nella Strategia forestale nazionale

Il tema dell’assenza di risorse dedicate, frutto anche del poco rilievo dato in Italia negli ultimi decenni al tema della gestione delle foreste, è stato uno dei leitmotiv del confronto. Altro filo rosso del dibattito il costo elevato delle materie prime. “Il legno è la materia prima per eccellenza”, ha ricordato Sabrina Diamanti, presidente nazionale Consiglio ordine agronomi e forestali, “gli incendi di questa estate hanno evidenziato l’importanza di una corretta gestione”. Sebastiano Cerullo, direttore generale FederlegnoArredo, ha detto che il Coronavirus ha spinto le imprese a rifarsi “alle risorse locali”, in termini di materia prima e manodopera, ma che le stesse imprese avrebbero bisogno di “procedure semplificate, soprattutto fondiarie, condivise tra portatori d’interesse e soggetti locali”. Eppure l’Italia è ricca di materie prime che non sfrutta: gran parte del legno utilizzato nei diversi settori arriva dall’estero. “Cna Produzione ha lanciato un grido d’allarme mesi fa”, ha ricordato la coordinatrice nazionale Valentina Di Berardino, “il 55% delle Pmi prevede una riduzione della redditività nei prossimi mesi e un rallentamento dell’attività proprio per l’onda dei rincari delle materie prime”.

Le competenze e il lavoro di gruppo

Tutti d’accordo sul bisogno di incrementare le competenze e lasciar gestire a personale altamente qualificato, anche proveniente da diversi settori, il patrimonio verde italiano. “Prima delle guardie forestali abbiamo i custodi forestali”, ha ricordato Marco Marchetti, presidente Fondazione Alberitalia, Università degli studi del Molise, nata con l’intento di “collegare ciò che non è strettamente forestale al resto del territorio”. “Con il manifesto ‘Fai bella l’Italia’ riteniamo che il settore agroalimentare possa rappresentare un valore importante”, ha affermato Onofrio Rota, segretario generale Fai Cisl, “dobbiamo far passare il concetto di industria verde”. Concetto che fa leva anche sul ripopolamento dei territori: Claudia Scarzanella, presidente Confartigianato Imprese Belluno, ha ricordato le opportunità per le aree montane “di nuovi posti di lavoro legati alle foreste, che sono una risorsa infinita”. Carmelo Troccoli, direttore generale Campagna Amica/Coldiretti ha detto che occorre “puntare sul ruolo dell’impresa”. Aziende edilizie, in primo luogo: “Possiamo impiegare le biomasse in edilizia, investire tra il Green public procurement e i Criteri ambientali minimi”, ha evidenziato Antonio Brunori, segretario generale Pefc Italia. Mentre Deborah Zani, amministratore delegato di Rubner Haus presso Rubner Gruppe, ha sottolineato che il “Superbonus 110% ha mosso i primi passi” ma è lontano da quanto fatto in Germania, “dove il legislatore già dà vantaggi concreti a privati e a persone che usano edifici pubblici per uso legno”. Nell’ottica anche di lasciarsi ispirare dalla cura del pianeta citata nell’enciclica Laudato sì, come ricordato dal presidente nazionale Uncem Marco Bussone: “Il decreto incendi che nel pomeriggio sarà varato dal Governo (…) deve in primo luogo rifarsi alla Strategia nazionale delle foreste, che ha pagine scritte da gruppi di esperti e che ha gli indirizzi per la ripresa dal post incendi”.

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