I tre indicatori positivi della transizione energetica in Italia

Emissioni in calo, consumi razionalizzati e rinnovabili in crescita, ma il 2030 resta una corsa contro il tempo

Gli obiettivi delineati dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) potrebbero essere raggiunti. Ci sono tre indicatori che identificano secondo il Centro Europa Ricerche, Cer, un cammino positivo verso la transizione energetica per l’Italia.

“E’ necessaria una soluzione di continuità. afferma Stefano Fantacone, direttore della ricerca del CER.

Si tratta di: riduzione progressiva delle emissioni di gas serra che per l’Italia, nel 2024,  sono scese del 4,3%; diminuzione dei consumi dello 0,7% e un maggiore ricorso alle fonti rinnovabili. La quota di copertura del fabbisogno energetico nazionale è salita al 21,4%. Si tratta di un quinto dell’energia che consumiamo.

I dati aggiornati del Rapporto CER “Sulla strada della transizione”, sono stati presentati ieri 5 dicembre presso la sede della Banca del Fucino a Roma. Lo studio mette in risalto i progressi che sono stati fatti ma anche quello che ancora c’è da fare per raggiungere i risultati attesi dall’UE.

“Le opinioni pubbliche europee stanno mostrando disaffezione per il processo di transizione soprattutto a causa dei costi. Un’altra questione che emerge è che si è confusa la transizione energetica con quella digitale sebbene siano del tutto indifferenti. Questi fattori possono portare ad una strategia europea inefficiente rispetto ad altri Paesi, come ad esempio la Cina. L’Europa ha attuato una strategia ambiziosa ma sprovveduta, fatta di fissazione di obiettivi, identificazione di regole e normative che dovrebbero portare il mercato ad orientarsi verso i risultati prescritti. Una strategia comprensibile, alla luce della storia europea, ma che si scontra con un mercato che non è ancora pronto” conclude Fantancone.

I dati del rapporto CER “Sulla strada della transizione”

Dal rapporto emerge che il calo delle emissioni per il 2024 presenta tuttavia forti disomogeneità, con una riduzione del 17,7% nei settori coperti dalla Direttiva ETS ed un incremento dell’1,5% nei settori ESR.

Tra i settori energy intensive ETS, si stimano in flessione le emissioni negli impianti di combustione per la produzione di energia elettrica (-23,8%) e nell’industria manifatturiera (-8,7%), riduzioni collegate a un minor ricorso del carbone.

Per quanto riguarda i settori ESR, il dato di fine anno registrerebbe un incremento di sostanze climalteranti nei settori dell’Aviazione (+6,7%, sotto la spinta dei viaggi per turismo), dei Trasporti (+5,4%), dell’Agricoltura (+2,2) e dei Rifiuti (+1,2%). In flessione sarebbero di contro le emissioni nei comparti Civile (-1,5%) e Industria (-5,3%).
In merito ai consumi, dal lato della domanda si registra un calo per l’utilizzo di gas (-0,7%) ed un aumento percentuale analogo per il petrolio (+0,8%). In termini assoluti, il consumo complessivo soddisfatto da queste due fonti fossili scenderebbe di oltre 5 Mtep. La domanda soddisfatta da fonti rinnovabili segnerebbe un aumento del 5,7% (+1,6 Mtep). Nel corso dell’ultimo quadriennio, il consumo di fonti fossili è sceso di 4 punti (dal 78% al 74%). Nello stesso periodo, per le rinnovabili l’aumento è stato del 15,4%.

Per le fonti rinnovabili, l’Italia ha avvicinato la traiettoria implicita nella Direttiva RED III, in vigore dallo scorso 20 novembre, che impone agli Stati membri di aumentare la quota di energie rinnovabili almeno al 42,5% entro il 2030. Dati i livelli raggiunti nel biennio 2023-2024, l’incremento richiesto sarebbe di poco superiore ai 3,5 punti percentuali annui. Stando a queste dinamiche, dunque, il raggiungimento degli obiettivi delineati dal PNIEC sarebbero raggiungibili. Nella più recente media annua, si legge nel rapporto, il divario rispetto all’obiettivo PNIEC rimarrebbe solamente di 6 GW, mentre qualora l’incremento di potenza di energia installata per fonti rinnovabili fosse rimasta sui ritmi del 2019-2022 la distanza sarebbe più ampia (41 GW).

Un focus sulla Cina

La Cina, cui è dedicato un approfondimento nel rapporto, appare come un esempio virtuoso da seguire per la transizione energetica per aver adottato politiche industriali e di sviluppo. Una scelta dettata dalla necessita di modificare in maniera radicale il proprio fabbisogno energetico, che è coperto per metà dal petrolio, diversificando l’uso delle fonti fossili ed investendo sulle rinnovabili con la consapevolezza che quest’ultime non saranno in grado di coprire da sole l’intero fabbisogno del Paese.

Nel 2023, secondo i dati della International Energy Agency (IEA), le installazioni di capacità da rinnovabile sono aumentate a livello globale di quasi il 50% ed in particolare con il solare fotovoltaico che ha rappresentato il 75%. La capacità di energia solare prodotta dalla Cina è stata pari a quella messa in funzione dal mondo l’anno precedente, nel 2022, e superiore a quella complessivamente raggiunta dagli USA nel 2023. C’è stata dunque un’accelerazione straordinaria. E anche per l’energia eolica, la Cina ha registrato, nel 2023, un incremento di 75,9GW. Una differenza sostanziale con l’Europa è l’investimento verso nuove tecnologie utili alla transizione energetica.

Proprio sulla Cina, la Direzione Comunicazione, Studi e Innovazione Digitale Banca del Fucino, ha realizzato un report sull’Overcapacity e sul tema del surplus del commercio estero cinese, in particolare analizzando il caso delle auto elettriche. “La politica industriale cinese è organica, di lungo periodo e tende a costruire una filiera produttiva altamente integrata in tutte le fasi della produzione” ha affermato Vladimiro Giacché, autore dello studio. “Le politiche industriali europee sono tardive, molto complesse e attualmente pongono obiettivi non realistici. Occorre quindi fissare nel breve-medio periodo nuovi target di decarbonizzazione, come richiesto anche dal governo italiano. Questo consentirebbe alle imprese di ridimensionare il gap di competitività rispetto all’industria cinese”.

Il rapporto mostra che abbiamo raggiunto un risultato brillante ma non è sufficiente a colmare la distanza dalla traiettoria coerente con l’obiettivo europeo al 2030. È necessaria un’ulteriore accelerazione perché altrimenti questo obiettivo si rivelerà troppo ambizioso.


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Giornalista ed addetta stampa freelance, si occupa della comunicazione di diversi progetti europei per la conservazione della biodiversità e degli ecosistemi marini. Laureata in Scienze della comunicazione, ha frequentato un master in comunicazione ambientale per la professione giornalistica e la divulgazione socio-istituzionale. Lavora come redattrice e web editor scrivendo articoli su ambiente, mobilità sostenibile, fonti energetiche alternative e green economy.