Una tartaruga marina come simbolo di un Pianeta da salvare

In occasione della Giornata mondiale per la conservazione della natura, analizziamo l’impatto di crisi climatica e attività umane sulle tartarughe marine, con l’aiuto del prof. Paolo Casale.

tartarughe marine
Foto di Wexor Tmg/Unsplash

Oggi, 28 luglio, si celebra la Giornata mondiale per la conservazione della natura. In questa occasione, abbiamo scelto di parlare delle tartarughe marine: sono già 78 i nidi che il WWF ha individuato e messo in sicurezza in Sicilia, regione martoriata dal caldo e dagli incendi. “Le due cose non sono collegate, perché le attività di nidificazione non sono influenzate, salvo in casi eccezionali, da quello che succede nell’entroterra, mentre si svolgono sulla parte sabbiosa della spiaggia”, spiega Paolo Casale, professore associato presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa e co-direttore del Marine Turtle Specialist Group dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). “È sicuramente un segnale positivo, pur dovendo tenere in considerazione che, ad essere aumentato, è anche il numero di cittadini e turisti che segnalano la presenza dei nidi”.

Quali sono le aree di nidificazione della Caretta caretta

In un’analisi pubblicata nel febbraio 2023, i ricercatori dell’Università di Padova e dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie hanno messo in luce quanto le condizioni ambientali, direttamente o indirettamente, influiscano sulla schiusa delle uova. Tuttavia, la presenza di nidi di tartaruga comune (Caretta caretta) anche in regioni del centro e del nord Italia non deve far pensare a un ampliamento dell’areale di nidificazione della specie.

“L’areale di riproduzione della Caretta caretta era già rappresentato dall’intero Mediterraneo. Ciò che può cambiare è la proporzione di nidi che vengono deposti nelle varie regioni del bacino”, prosegue il professor Casale. “I Paesi che ospitano il maggior numero di nidi, comunque, restano sempre gli stessi: Grecia, Turchia, Cipro e Libia. E ne ospitano migliaia, contro le decine dell’Italia”.

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Qual è l’impatto del riscaldamento globale sull’attività riproduttiva

Pare però che gli effetti dei cambiamenti climatici su queste splendide creature non finiscano qui. Stando a un’indagine del 2018 sulle tartarughe verdi (Chelonia mydas) della Grande barriera corallina australiana, il riscaldamento globale sta facendo nascere sempre più esemplari di sesso femminile, a discapito della popolazione maschile.

“Questo è vero per tutte le tartarughe marine, come anche, in generale, per i rettili, anche se in certe specie si verifica il contrario e nascono più maschi che femmine. Questa correlazione fra la temperatura e la determinazione del sesso era già stata scoperta negli anni Ottanta”, conferma Casale. “Con una diminuzione del numero di maschi, si rischia la diminuzione del numero di uova fecondate, ma questa situazione non la stiamo ancora osservando. Serviranno ricerche ulteriori, anche per capire se e come cambieranno le abitudini legate alla riproduzione che potrebbe, per esempio, avvenire in anticipo”.

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Foto di Alfonso Navarro/Unsplash

Quali sono le minacce principali per le tartarughe marine

A tutto questo si aggiunge l’inquinamento delle acque, dovuto specialmente alla presenza di rifiuti: sono 570mila le tonnellate di plastica che, ogni anno, finiscono nel Mar Mediterraneo. Un bacino che ospita il 7,5 per cento di tutte le specie marine, ma “vanta” una concentrazione di microplastiche pari al 7 per cento del quantitativo globale. Per non parlare, poi, dell’impatto della pesca e delle catture accidentali, e delle altre attività umane.

“Fra le minacce principali c’è lo sviluppo costiero, cioè lo sfruttamento delle coste a scopo commerciale e turistico. Se la spiaggia è gestita nel modo corretto, le tartarughe possono agire indisturbate. Se la spiaggia è invasa da sdraio e ombrelloni che non vengono rimossi di notte, o è cementificata e ricca di barriere artificiali, è un problema”, continua Paolo Casale.

“Un’altra minaccia è l’inquinamento luminoso. Le luci creano problemi sia alle madri in deposizione, sia ai piccoli appena nati che si disorientano e non riescono a raggiungere il mare. La soluzione non è semplice: si può ridurre l’illuminazione delle spiagge, o farla virare sul rosso anziché sul bianco, ma in generale restano le luci delle città e dell’entroterra”.

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Qual è il ruolo di AMP e Marine Turtle Specialist Group

Negli ultimi mesi, sono stati compiuti tre passi decisivi per la tutela degli ecosistemi, che si spera possano contribuire alla creazione di nuove aree marine protette (AMP), a una gestione più efficace di quelle esistenti e, quindi, alla salvaguardia delle tartarughe marine. Parliamo dell’Accordo globale per la biodiversità raggiunto nel dicembre 2022 alla Cop 15, che prevede di arrivare a proteggere almeno il 30 per cento del Pianeta entro il 2030; del Trattato globale per la tutela dell’alto mare del marzo 2023, e della Legge sul ripristino della natura approvata dal Parlamento europeo il 12 luglio.

“L’importante è che le aree protette siano collocate in zone ad alta densità di tartarughe o dove le tartarughe siano in un momento critico del loro ciclo vitale: in quel caso, possono dare un grande contributo alla conservazione delle singole specie”, conclude il professor Casale. Di grande impatto è anche il lavoro del Marine Turtle Specialist Group, i cui obiettivi principali sono fare networking, unendo le forze e le competenze di tutti gli attori coinvolti, redigere rapporti da mettere a disposizione della comunità internazionale, e contribuire alla compilazione della Lista rossa dell’IUCN.

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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.