Sicurezza energetica e rischi geologici: al via il programma di ricerca Bicocca-NATO

Un gruppo internazionale di ricercatori studierà, nel prossimo triennio, i terremoti e le frane che minacciano la più importante centrale idroelettrica dell’Azerbaijan.

  • Alessandro Tibaldi, geologo dell’Università di Milano-Bicocca, guiderà un progetto di ricerca volto a prevenire i conflitti in Asia centrale tramite la tutela delle infrastrutture energetiche dai rischi di carattere geologico.
  • L’iniziativa, lanciata dalla NATO, si concentra nel territorio dell’Azerbaijan, dove si trova il più grande bacino artificiale della regione caucasica.
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Baku, capitale dell’Azerbaijan © Lloyd Alozie/Unsplash

Qual è l’impatto dei rischi geologici sulla sicurezza energetica e sulla stabilità politica di un territorio? È la domanda cui cercherà di rispondere il programma di ricerca di durata triennale Prevention of Geo-threats to Azerbaijan’s Energy Independence, guidato dall’Università di Milano-Bicocca su mandato della NATO. È coordinato dal geologo Alessandro Tibaldi e coinvolge una squadra di ricercatori provenienti da Italia, Belgio, Repubblica Ceca, Svizzera, Ucraina, Georgia e Azerbaijan. Il progetto, nell’ambito dell’iniziativa Science for Peace, ha l’obiettivo di migliorare la collaborazione scientifica tra i Paesi coinvolti e prevenire i conflitti di carattere sociale nell’Asia centrale attraverso la mitigazione dei rischi geologici.

La faglia di Kura minaccia il principale impianto idroelettrico dell’Azerbaijan

Gli scienziati hanno cominciato a studiare quei fenomeni come terremoti e frane che minacciano la principale centrale idroelettrica dell’Azerbaijan e due bacini artificiali, compreso il più grande invaso della regione caucasica (Shamkir-Mingachevir). “Durante la prima missione, conclusasi nel mese di ottobre, abbiamo effettuato un giro di ricognizione per verificare di persona le condizioni geologiche della zona”, chiarisce Tibaldi. “Abbiamo fatto due scoperte importanti: la prima è che ci sono moltissime frane, di cui molte attive, in quantità superiore a quella ipotizzata esaminando le immagini satellitari. La seconda scoperta riguarda la presenza di una struttura geologica in grado di originare terremoti nei pressi dei due bacini artificiali, specialmente quello di Shamkir”. La struttura cui si riferisce il geologo è la faglia di Kura, una rottura della crosta terrestre, la cui lunghezza è dell’ordine di 115 chilometri; caratteristica che la rende molto pericolosa.

Dalla sicurezza energetica dipende anche la stabilità politica

La centrale idroelettrica sorge a soli 55 chilometri dal confine con il Nagorno Karabakh, regione contesa con l’Armenia e teatro di violenti scontri. “L’impianto principale, insieme a quelli secondari, produce la maggior parte dell’energia elettrica utile agli azerbaigiani”, prosegue Tibaldi. “Un eventuale malfunzionamento dell’impianto causerebbe un collasso del sistema energetico dell’intera nazione. Un problema che risulterebbe ancora più grave in un Paese in guerra come l’Azerbaijan: un esercito moderno, per funzionare, ha bisogno dell’energia elettrica”. Il professore ci conferma che il problema del dissesto idrogeologico è accentuato dai cambiamenti climatici: eventi meteorologici estremi come le alluvioni sono sempre più frequenti e distruttivi e, di conseguenza, cresce anche il rischio di smottamenti e frane. Non è un caso se il numero di migranti “climatici”, ovvero di persone che lasciano la propria città o la propria nazione a causa del clima, è destinato a salire in tutto il mondo, specialmente nei territori dove insistono anche dei conflitti armati.

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Collaborazione scientifica e cooperazione internazionale

Gli step successivi del progetto prevedono, da un lato, di caratterizzare meglio le strutture in grado di generare terremoti. “Dato che possono essere percepiti anche a decine di chilometri di distanza, non dobbiamo limitarci allo studio della faglia di Kura, ma prenderne in esame anche altre più distanti. Poi, avendo visto che ci sono decine di frane, dovremo analizzare quelle più grandi e quantificare, anche con modelli numerici, la probabilità di un distacco delle masse dai pendii”, conclude Alessandro Tibaldi. La Bicocca e la NATO stanno organizzando anche una serie di incontri con le autorità locali e regionali per metterle al corrente della ricerca, in modo che i risultati abbiano poi delle applicazioni pratiche.

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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.