Pubblicato il primo rapporto sullo stato del Capitale Naturale

SvilsostenibileE’  disponbile online sul sito del Ministero dell’Ambiente, il Primo rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia, in cui si affronta il tema dell’impatto economico  dell’ecosistema naturale del nostro Paese. Il documento, previsto dal Collegato Ambientale, era stato consegnato a febbraio al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.

Il report sottolinea come il Capitale naturale nel nostro Paese sia di elevata qualità e quantità. E’ stato realizzato da un Comitato per il Capitale Naturale, formato da istituzioni e rappresentanti del mondo  della ricerca e risponde, come si legge in una sintesi del documento, alla “volontà del legislatore italiano di prevedere nell’ambito della Legge n. 221/2015 “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” (Collegato Ambientale), un organo, composto da membri istituzionali, integrato con esperti nominati dal Ministro dell’Ambiente, responsabile dell’introduzione del capitale naturale nelle politiche pubbliche del Paese”. 

Alcuni scenari delineati 

Il report sottolinea come l’Italia sia uno dei Paesi europei più ricchi di biodiversità terrestre e marina. In particolare, come si legge nella sintesi del testo,  “la flora vascolare è costituita da oltre 6.700 specie (il 20,4% delle quali endemiche, cioè presenti allo stato spontaneo solo nel territorio italiano) e conta circa la metà delle specie note per l’Europa. La fauna include invece oltre 58.000 specie, di cui ben il 30% endemiche”. Ma come si articola la struttura del rapporto per rendere in maniera efficace la complessità dell’Italia a livello territoriale e di diversità biologica? “Una regionalizzazione in macro-ambiti omogenei dal punto di vista ecologico” Emerge nella sintesi diffusa dal Ministero. “Si tratta di 5 Ecoregioni (Alpina, Padana, Appenninica, Mediterranea Tirrenica e Mediterranea Adriatica) che riflettono gli inquadramenti climatici di livello nazionale e sub-nazionale, le principali regioni geo-tettoniche espresse dai sistemi orografici, le province biogeografiche definite a livello continentale e nazionale, e i sistemi e sottosistemi di paesaggio. A queste Ecoregioni terrestri si aggiungono le 3 Ecoregioni marine: Mare Adriatico, Mare Ionio, Mediterraneo Occidentale”.

Tra le raccomandazioni contenute nel testo la necessità di definire “obiettivi chiari con scadenze di breve e medio periodo sull’avanzamento del monitoraggio dello stato del Capitale Naturale, sull’inclusione del valore del Capitale Naturale nelle decisioni pubbliche e, al contempo, la definizione sia di obiettivi di conservazione dello stock di Capitale Naturale, sia di obiettivi di ripristino degli assets a rischio”. In questo senso il documento suggerisce di puntare, tra l’altro, sui seguenti punti “ adottare un Piano d’azione per il Capitale Naturale, elaborato sulla base del Rapporto sullo stato del Capitale Naturale” e di “rafforzare, nel quadro della riforma del Codice dei contratti pubblici, le disposizioni riguardanti i criteri degli appalti di fornitura per il Green Public Procurement (GPP), includendo nelle valutazioni di costo – secondo l’approccio di ciclo di vita del prodotto -anche i costi per la collettività associati ai consumi di risorse naturali e all’inquinamento”. 

Il commento del WWF

Secondo il WWF la pubblicazione del Primo “Rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia”  e la richiesta che venga preso in considerazione in un contesto di tipo economico “è un fatto positivo che può contribuire ad un cambio radicale di prospettiva nel valore che il nostro paese assegna alle sue risorse naturali.” 

“Il capitale naturale non può continuare ad essere ‘invisibile’ per i modelli economici così è stato fino ad oggi ma deve essere considerato fondamentale per l’umanità – commenta in una nota il Direttore scientifico del WWF Italia Gianfranco Bologna – ecco perché oggi si cerca di individuare le modalità per “mettere in conto” la natura, cercare di fornirgli un ‘valore’. Questo valore non deve e non può essere individuato solo in termini “monetari” perché i valori delle strutture, dei processi, delle funzioni e dei servizi dei sistemi naturali vanno ben oltre ogni possibilità economica di mera rendicontazione monetaria”. 

“Ora è molto importante che questo cambiamento di approccio rispetto alle risorse naturali non resti solo sulla carta me che diventi una regola della programmazione economica”, conclude Bologna.

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