Crisi climatica, la causa è l’uomo. Pubblicati i primi dati del rapporto Ipcc

Il commento dell'Easac, "abbandonare il Pil come sistema di valutazione economico"

sostenibilità_urbana rapporto del Gruppo di lavoro I di IpccCon la crisi climatica  in corso studiare i cambiamenti del ecosistema terrestre diventa sempre più necessario per comprendere le contromosse da attuare e gli eventuali progressi nel fermarla. Su questo si sta interrogando l’Ipcc, l’ Intergovernmental panel on climate change. Si tratta del principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. Istituito nel 1988 dalla World meteorological organization (Wmo) e dallo United nations environment programme (Unep).

In questi giorni è stata prodotta la prima parte del sesto rapporto di valutazione (AR6) del Ipcc. Si tratta di quanto pubblicato dal Gruppo di lavoro I il cui compito è definire le basi fisico-scientifiche del cambiamento climatico. A questa attività seguirà lo studio del Gruppo di lavoro II su impatti, adattamento e vulnerabilità, previsto entro il 14-18 febbraio 2022 e i dati del Gruppo di lavoro III sulla mitigazione, previsti per il 21-25 marzo 2022. A settembre del 2022 invece, invece, è atteso il rapporto di sintesi

I cambiamenti portati dalla presenza umana registrati nel rapporto Gruppo di lavoro I di Ipcc

Dal rapporto emerge l’inequivocabile impatto travolgente ed estremamente veloce dell’influenza umana nel surriscaldare il Pianeta.

Acidificazione degli oceani e cambio delle precipitazioni sulla terraferma, soprattutto dalla metà del XX° secolo. Aumento del livello del mare, con un  tasso di innalzamento registrato solo negli ultimi anni, 2006 – 2018, di 3,7 mm per anno. Diminuzione della copertura nevosa primaverile dell’emisfero settentrionale e lo scioglimento superficiale rilevato nella calotta glaciale della Groenlandia negli ultimi due decenni.

Le zone climatiche si sono spostate verso il polo in entrambi gli emisferi , mentre il  periodo vegetativo si è allungato in media fino a due giorni per decennio dagli anni ’50 alle medie latitudini in entrambi gli emisferi.

Cambiamenti che sono avvenuti ad una  velocità unica negli ultimi 2000 anni. Ad esempio nel decennio 2011-2020 le temperature hanno superato quelle del più recente periodo caldo multi-centenario, stiamo parlando di circa 6500 anni fa.

Cambiano i dati e gli scenari climatici

Secondo lo studio a differenza del rapporto precedente, AR5, si sono aggiunti cinque nuovi scenari climatici. Non tutto va peggiorando, difatti rispetto al Rapporto AR5 sono migliorate le stime dei budget di carbonio rimanenti.

Negli scenari futuri possibili sono incluse anche “azioni di controllo dell’inquinamento atmosferico per valutare in maniera coerente gli effetti delle varie ipotesi sulle proiezioni climatiche e sull’inquinamento atmosferico”. Altro fattore di differenza è la “capacità di determinare quando la risposta climatica alle riduzioni delle emissioni si distingue dalla variabilità naturale climatica, inclusa la variabilità interna e le risposte a fattori forzanti naturali”.

L’impatto sull’ambiente tra cronaca e mondo ambientalista e scientifico rispetto al rapporto del Gruppo di lavoro I

Gli ultimi dati forniti dal rapporto ci dicono che oggi la temperatura globale è di 1,1°C superiore al livello preindustriale. Significa che gli esseri umani hanno alterato quasi irrimediabilmente il clima del pianeta. Con l’aumento dei valori di 1,1°C, il mondo sta già subendo più chiaramente che mai le conseguenze di comportamenti dissennati e imprudenti. Gli incendi in Turchia, le inondazioni in Europa e Cina. Ma anche le ondate di calore in Nord America e la siccità devastante in Madagascar. I progressi scientifici permettono ora di collegare direttamente l’aumento di frequenza e intensità degli eventi meteorologici estremi al cambiamento climatico.

“Le montagne russe di quest’estate tra temperature estreme, siccità, inondazioni improvvise e incendi sono state brutte, ma probabilmente molto migliori di quelle che potremmo vedere in futuro”, spiega il prof. Michael Norton, direttore del programma per l’ambiente dell’Easac, le Accademie scientifiche europee. “La perdita di biodiversità e il pericoloso cambiamento climatico si potenziano a vicenda nelle loro conseguenze disastrose. È un circolo vizioso non solo che porta a condizioni meteorologiche estreme, ma anche al collasso dei sistemi alimentari e all’aumento dei rischi di agenti patogeni pericolosi, zoonosi e altri impatti sulla salute”.

16 suggerimenti per costruire una via di fuga dal disastro del clima

Secondo gli scienziati dell’Easac si stanno profilando anche delle opportunità nella capacità della scienza di: conservare, gestire e ripristinare gli ecosistemi per mitigare il cambiamento climatico e consentire un adattamento più mite al suo impatto che ne favorisca la crescita della biodiversità. Serve però una concreta volontà politica di attuare queste soluzioni come sollecita Norton: “Il classico esempio è l’incapacità di valutare adeguatamente gli impatti climatici della combustione di alberi per l’elettricità prima di stanziare miliardi in sussidi”.

L’Easac ha quindi elaborato 16 campi d’azione in cui i governi possono e anzi, avrebbero già dovuto, fare di più. Le azioni toccano aspetti come i cambiamenti climatici, il ruolo dell’energia da biomassa, le emissioni di gas serra da diverse materie prime petrolifere, le politiche volte a ridurre le emissioni nei trasporti, negli edifici e nelle infrastrutture e le interazioni tra il cambiamento climatico e la salute umana.

Al centro una visione diversa del sistema economico che come sottolinea Norton, non può più basarsi sul Pil. Un metodo che ha evidenziato come non sia più adatto allo scopo “se i livelli atmosferici di gas serra devono essere ridotti nel più breve tempo possibile”. Quindi basta inseguire gli interessi dei combustibili fossili, degli alimentari e dell’agricoltura, della deforestazione, del disboscamento e della pesca eccessiva. Tutti elementi che stanno aumentando i livelli di CO. E’ imprescindibile quindi trasformare il sistema economico in un meccanismo che premi e incentivi scelte e comportamenti sostenibili.

Stephen Cornelius, responsabile Ipcc per il Wwf a livello globale ha detto: “Questa è una valutazione cruda del futuro spaventoso che ci aspetta se non agiamo. Con il mondo sull’orlo di un danno irreversibile, ogni frazione di grado di riscaldamento conta per limitare i pericoli del cambiamento climatico. È chiaro che mantenere il riscaldamento globale a 1,5°C è estremamente impegnativo e può essere fatto solo se si intraprende un’azione urgente a livello globale per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra e proteggere e ripristinare la natura”.

Mariagrazia Midulla, responsabile clima ed energia del Wwf Italia, conclude: “Non possiamo permetterci che il futuro di miliardi di persone sia preso in ostaggio dall’ottuso interesse di pochi. I leader devono prestare attenzione alla scienza, perché il tempo sta per scadere. Vorremmo vedere finalmente capacità di guidare il cambiamento a livello globale e a livello nazionale, la salvaguardia del clima e degli ecosistemi da cui dipendono moltissime specie, e sicuramente quella umana, devono diventare la base su cui fondare prosperità ed equità, non un fardello di cui si parla sì, ma che poi si accantona nei momenti delle scelte che contano davvero”.

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