Accesso all’acqua, un diritto minacciato dalla crisi climatica

In occasione della Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo, le Nazioni Unite ricordano l’esigenza di “accelerare il cambiamento”.

  • L’acqua è una risorsa preziosa che, per questo, viene celebrata il 22 marzo con una Giornata mondiale dedicata.
  • Mentre l’Italia si trova a fronteggiare la siccità, un Paese come il Pakistan è ancora alle prese con le conseguenze delle inondazioni.
  • Adottare strategie di adattamento ai cambiamenti climatici sarà fondamentale per garantire l’accesso universale all’acqua potabile.
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Un agricoltore del Punjab © Matthieu Paley/WWF

“Accelerare il cambiamento”. È questo il tema dell’edizione 2023 della Giornata mondiale dell’acqua, ricorrenza istituita dalle Nazioni Unite per evidenziare la necessità di garantire a tutti accesso all’acqua pulita e assicurare, a livello globale, la corretta gestione delle risorse idriche. Come sancito dal sesto Obiettivo di sviluppo sostenibile. Per centrarlo serviranno sforzi maggiori che verranno meglio delineati alla conferenza dell’Onu sul tema, in programma nella città di New York dal 22 al 24 marzo.

La siccità in Italia

Ci sono diverse minacce da affrontare, a partire dalla siccità che sta diventando un problema anche in Italia. Nell’ultimo trentennio climatologico (1991–2020), con un valore che si attesta sui 440 mm, la disponibilità di acqua è diminuita del 20 per cento rispetto al valore di riferimento storico di 550 mm, registrato tra il 1921 e il 1950. Anche le stime sul lungo periodo (1951–2021) evidenziano una riduzione significativa dell’acqua disponibile, circa il 16 per cento in meno rispetto al valore annuo medio storico. Ad affermarlo è l’Ispra, la quale ritiene che questo calo, dovuto agli impatti dei cambiamenti climatici, sia da attribuire non solo alla diminuzione delle precipitazioni, ma anche all’incremento dell’evaporazione per effetto dell’aumento delle temperature.

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I comportamenti degli italiani

Gli italiani sembrano essere più consapevoli del valore di una risorsa tanto preziosa e sempre più scarsa. Lo dimostrano i risultati della quarta indagine Ipsos realizzata nell’ambito del progetto “Acqua nelle nostre mani” di Finish. Il 77 per cento degli oltre mille intervistati ha dichiarato di provare a ridurre il più possibile lo spreco d’acqua nella propria quotidianità. Il 68 per cento chiude i rubinetti quando possibile, il 71 per cento avvia la lavastoviglie solo a pieno carico; il 53 per cento si impegna a fare docce più brevi, e il 60 preferisce la doccia alla vasca. Per la prima volta, gli italiani iniziano ad essere effettivamente coscienti della scarsità d’acqua nel nostro Paese (41 per cento), in netto aumento rispetto al 2022 (25 per cento). Si dimostrano poi molto preoccupati dalla siccità e dai conseguenti fenomeni di desertificazione, con un dato che nel 2023 sale al 66 per cento. A preoccupare l’83 per cento dei rispondenti è il fatto che gli effetti della desertificazione non riguardino solamente le regioni centro-meridionali, ma siano visibili anche in quelle settentrionali, con particolare riferimento alle aree montane.

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Acqua e alimentazione

Come ricorda il WWF, chiudere il rubinetto quando ci laviamo i denti non è sufficiente. Se compriamo una t-shirt in cotone, mangiamo una bistecca o beviamo una birra stiamo consumando acqua. E in Italia, nonostante una maggiore consapevolezza, il consumo è ancora troppo elevato: circa 130 miliardi di m³ all’anno, una delle impronte idriche più alte d’Europa. Per questo, secondo l’organizzazione ambientalista, sarebbe importante che sui prodotti venisse indicata la loro impronta idrica in modo da indirizzare il consumatore verso scelte più sostenibili. A partire dagli alimenti: il 90 per cento dell’impronta idrica di ciascuno di noi è determinata dal cibo che porta in tavola, e la carne costituisce l’alimento maggiormente “idrovoro”.

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Tutto ciò che mangiamo ha un’impronta idrica. La carne è l’alimento che richiede più acqua per essere prodotto © PHÚC LONG/Unsplash

Dal Pakistan alla Nigeria, l’acqua è un volano per lo sviluppo

Non dobbiamo poi dimenticarci dell’altra faccia della medaglia. Mentre alcune zone si trovano a fronteggiare la siccità, altre devono fare i conti con i danni provocati dalle inondazioni. È il caso del Pakistan, dove oltre dieci milioni di persone, compresi i bambini, vivono in aree colpite dalle inondazioni senza acqua sicura da bere. Anche prima delle alluvioni che hanno colpito il Paese ormai sei mesi fa, solo il 36 per cento dell’acqua era considerato sicuro per il consumo. Le inondazioni hanno danneggiato la maggior parte dei sistemi idrici nelle aree colpite, costringendo più di 5,4 milioni di cittadini, tra cui 2,5 milioni di minori, a dipendere esclusivamente dall’acqua contaminata di stagni e pozzi.

L’allarme arriva dall’Unicef, che segnala anche la situazione della Nigeria, dove un terzo dei bambini non ha l’acqua in casa e due terzi non dispongono dei servizi igienici di base. A livello globale, “due miliardi di persone non hanno accesso all’acqua potabile gestita in modo sicuro e 4,2 miliardi non dispongono di servizi igienici adeguati. Si tratta di diritti umani fondamentali per ridurre la fame e promuovere la salute, che sono i requisiti fondamentali per lo sviluppo individuale e la crescita economica delle comunità”, commenta Simone Garroni, direttore di Azione contro la Fame in Italia. L’acqua è un volano per lo sviluppo, senza il quale non è possibile costruire un futuro sostenibile. Ancora una volta, l’adattamento ai cambiamenti climatici si dimostra essenziale per garantire il rispetto dei diritti umani.

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