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Foto di Hans Braxmeier da Pixabay

Nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, la presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen ha sottolineato chiaramente che: una nuova sfida sarà quella legata all’approvvigionamento strategico di materie prime critiche, fondamentali per lo sviluppo tecnologico dell’Unione Europea. Bisogna dunque evitare “di cadere nella stessa dipendenza del petrolio e del gas. È qui che entra in gioco la nostra politica commerciale. Nuove partnership faranno avanzare non solo i nostri interessi vitali, ma anche i nostri valori”, ha dichiarato lo scorso 14 settembre la presidente.

Lo studio cepInput del Centres for European Policy Network

A tal proposito, il think tank Cep – Centres for European Policy Network, ha pubblicato uno studio nel quale individua le materie prime indispensabili per il futuro progresso tecnologico dell’Unione e il livello della sua dipendenza da Paesi terzi, fornendo delle raccomandazioni per una strategia comune sulle materie prime.

Secondo lo studio del Cep, la strategia europea per raggiungere sovranità e indipendenza nell’approvvigionamento delle materie prime deve basarsi su due pilastri: nel breve periodo, avere dei partenariati strategici con Paesi terzi e, nel lungo periodo, rafforzare l’uso circolare delle risorse. 

Le possibilità di sopravvivenza del modello sociale ed economico europeo sono in parte determinate dai mercati internazionali delle materie prime”, afferma l’economista del Cep André Wolf, autore del lo studio cepInput.

Metalli come litio, cobalto, titanio e le terre rare sono indispensabili per la generazione di energia rigenerativa negli impianti eolici e fotovoltaici, per le batterie e le celle a combustibile nella mobilità, per la rete digitale nei display e nei cavi a fibre ottiche e per il controllo automatizzato nei microchip.

La geografia delle materie prime critiche

Molti dei Paesi in cui si concentrano queste risorse sono al di fuori della sfera di influenza europea e non condividono gli standard ambientali e sociali europei, si tratta del cobalto in Congo, dei metalli di platino del Sudafrica o del litio, vanadio e delle terre rare della Cina.

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Per quanto riguarda i rischi materiali di approvvigionamento, l’estrazione di tutte le future materie prime è altamente concentrata in pochi Paesi produttori. Tuttavia, nel caso della dipendenza dalla produzione, emergono delle variazioni. Nel suo studio di accompagnamento sull’elenco delle materie prime critiche del 2020, la Commissione europea ha individuato un basso grado di sostituibilità soprattutto per il litio e il cobalto, rispetto alle altre materie prime considerate. Materie prime come il vanadio e il gallio, invece, sono state giudicate più facilmente sostituibili.

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Il ruolo dell’Europa come fornitore globale

Sui mercati globali, attualmente l’Europa svolge un ruolo pressoché marginale o nullo come fornitore di materie prime. L’eccezione è rappresentata dall’indio, un materiale che nel campo delle tecnologie future viene utilizzato principalmente per la produzione di schermi piatti, diodi luminosi e laser e moduli solari a film sottile.

L’eccezione dell’indio

La Francia è un importante Paese produttore in questo senso. Su questa base, l’Alleanza per le materie prime critiche ritiene che, per quanto riguarda l’indio, l’UE sia ampiamente autonoma, anche se ciò riguarda solo la produzione del metallo raffinato. L’indio si ottiene come sottoprodotto della fusione dello zinco e i minerali di zinco utilizzati in questo processo non provengono da giacimenti europei, ma da miniere statunitensi. Tra gli altri minerali, la grafite, il cobalto, il litio, i metalli del gruppo del platino e il tantalio sono attualmente estratti nell’UE ad un livello molto basso su scala globale. 

Le tre strategie per l’approvvigionamento delle materie prime

Il prof. Wolf, analizza tre strategie che l’UE potrebbe seguire per l’approvvigionamento delle materie prime. 

Innanzitutto, esclude l’estrazione delle materie prime interna all’Unione basata sul sostegno statale al settore minerario, per ragioni sia economiche che di sostenibilità ambientale e sociale.

Nel breve periodo, l’UE deve incrementare partenariati strategici con Paesi terzi ricchi di materie prime, come ad esempio quelli esistenti attualmente con Canada e Ucraina, che rispettano i nostri stessi parametri di sostenibilità. 

Il partenariato strategico per le materie prime con il Canada è stato lanciato in occasione del vertice UE-Canada tenutosi a Bruxelles nel giugno 2021, e qui le parti hanno concordato di sviluppare catene del valore comuni e di espandere la cooperazione tecnologica.

Il partenariato con l’Ucraina è stato concordato poco dopo, nel luglio 2021. Anche in questo caso, gli obiettivi dichiarati sono la cooperazione tecnologica e l’integrazione delle catene del valore, ma, a differenza del Canada, si ritiene necessaria un’intensa cooperazione per allineare il quadro normativo per l’estrazione mineraria. 

Il Giappone è un Paese interessante come partner europeo perché possiede una vasta esperienza nel gestire strategicamente la scarsità di risorse. È infatti riuscito a rendersi indipendente dalla Cina, da cui dipendeva esclusivamente, grazie ad una strategia di diversificazione attraverso investimenti globali in progetti minerari e il sostegno ad attività di riciclo nazionali.

La Norvegia dispone di ampie riserve di grafite e titanio e sono state individuate grandi risorse di metalli delle terre rare e di vanadio. La Serbia possiede grandi riserve di litio nella valle di Jadar, nella parte occidentale del Paese. La Namibia possiede giacimenti minerari ma non è ancora emersa come fornitore di future materie prime sui mercati mondiali. Gli Stati Uniti sono attualmente il secondo produttore mondiale di terre rare dopo la Cina, anche se vale solo per l’estrazione, non per la fusione o la successiva trasformazione in materiali industriali come i magneti.

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Le potenzialità del riciclo: rafforzare l’ “Urban mining”

La strategia di lungo periodo invece prevede che l’UE rafforzi l’economia circolare, incrementando la propria capacità di riciclo attraverso l’ ”Urban mining”, cioè il riutilizzo di componenti presenti nei nostri apparecchi elettrici. Questa capacità di riciclo e i tassi di raccolta europei vanno dunque incrementati in modo significativo, tramite uno smaltimento adeguato, un sistema di raccolta e selezione efficiente, nonché un aumento del capitale investito. 

Il Piano d’azione europeo sulle materie prime critiche

Nonostante un Piano d’azione europeo per le materie prime critiche sia stato stilato nel 2020, con l’intento di diversificare le catene di approvvigionamento e garantire le forniture, secondo il prof. Wolf: “La Commissione europea ha solo recentemente riconosciuto l’importanza strategica di questi temi, e non solo in linea di principio, come dimostra il recente annuncio di una vera proposta normativa UE sulle materie prime critiche. Tuttavia, mancano ancora strumenti concreti ed una chiara definizione delle priorità”.

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La Commissione divide le sue proposte in quattro campi d’azione: 

  • “Resilient value chains for EU industrial ecosystems” che si concentra sulle catene di approvvigionamento, che attraverso partnership globali, rafforzino la creazione di valore e colmino le lacune esistenti nelle varie fasi di lavorazione.
  • “Diversifiedsourcing from thirdcountries”: la dipendenza unilaterale da singoli Paesi produttori per l’importazione di materie prime deve essere ridotta. A tal fine, la Commissione si affiderà al modello di partenariato strategico con i Paesi ricchi di risorse.
  • “Circular use of resources, sustainable products and innovation”: la Commissione intende promuovere l’estrazione di materie prime secondarie aumentando la circolarità dell’economia e migliorare la ricerca sulle possibilità tecniche di sostituire le materie prime critiche con quelle non critiche.
  • “Procurement from the European Union”: Si tratta dell’estrazione di materie prime primarie attraverso le miniere nell’UE; la Commissione punta su regioni che finora sono state fortemente caratterizzate dall’estrazione del carbone.

Ovviamente, la rapida crescita della domanda di materie prime richiede anche una altrettanto rapida azione per diversificare le fonti di approvvigionamento. Pertanto, nello studio si raccomanda di dare priorità alla cooperazione con i Paesi ricchi di risorse, con infrastrutture ben sviluppate e con un impianto normativo vicino a quello europeo, che li renderebbe adatti ad una rapida creazione di catene di approvvigionamento comuni.

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