L’atteso pacchetto “Fit for 55” diramato ieri dalla Commissione europea fa discutere. Tutti i settori e gli Stati coinvolti e molte le incertezze del comparto per la poca o troppa ambizione dei target proposti. Una transizione ecologica che non si presenta indolore, visto il cambio di passo che si chiede a industria e cittadini, se pensiamo anche all’impatto dei target previsti sugli edifici anche privati. Come sempre ci sono più sguardi e diverse prospettive con cui si può affrontare il cambiamento che può mostrare scenari, anche molto prossimi tra loro, che oscillano tra visioni up and down.

Mentre alcuni protagonisti soprattutto industriali chiedono cambi più soft, associazioni ambientaliste e politica guardano a questi target come l’inizio di una scalata che potrebbe essere ancora più ripida e celere. Unico quid non lasciare indietro la giustizia sociale. I più deboli che potrebbero i primi a pagare il conto della transizione senza neanche disporre dell’onere di una scelta tecnologica migliore.

Troppa ambizione e poca scelta tecnologica nell’automotive

Le maggiori restrizioni sulle emissioni auto previste dal pacchetto “Fit for 55” preoccupano l’Anfia, Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica. Si tratta di arrivare al 2030 con il -55%, rispetto a -37% e -50% (rispetto al 31%) per i veicoli commerciali leggeri fino ad arrivare al 2035 al -100%. “Riteniamo che lo sforzo richiesto dall’attuale proposta non tenga in debito conto degli impatti industriali, economici e sociali di scelte così ambiziose e categoriche” si legge nella nota diramata dall’associazione.

Soprattutto il target a zero emissioni al 2035 per auto e veicoli commerciali segna, secondo Anfia “l’abbandono delle più avanzate tecnologie di propulsione”. Tecnologie su cui si basa gran parte del “know how della componentistica italiana”. Decisione che guarda a “un’univoca scelta tecnologica” escludendo il contributo che l’utilizzo di carburanti rinnovabili a basso contenuto di carbonio possono dare alla decarbonizzazione. Altro tema è l’assenza di “meccanismi di flessibilità nella transizione” che secondo Anfia “non tiene conto delle molteplici specificità della filiera automotive, penalizzando fortemente le nicchie d’eccellenza, in particolare quelle italiane”. Si tratta di oltre 5.000 imprese della filiera industriale italiana. Da qui l’appello alle Istituzioni italiane “ad adottare un percorso di accompagnamento della filiera della componentistica alla riconversione produttiva e di rappresentare con determinazione le istanze di uno dei settori più importanti del Paese nell’iter legislativo che seguirà la proposta nei prossimi mesi”.

Chi vorrebbe più ambizione nel “Fit for 55”

C’è poca ambizione negli obiettivi “Fit for 55” secondo Eleonora Evi, europarlamentare e co-portavoce di Europa Verde: “Come Verdi ci auguravamo che l’accordo deludente sulla Legge sul clima – con un target che non è in linea con l’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature globali sotto 1,5°C, come previsto dall’Accordo di Parigi – potesse essere compensato da maggior ambizione nelle misure che concretizzeranno il Green Deal e il percorso verso la neutralità climatica”.

Le riforme proposte “vanno nella giusta direzione”, ma manca “l’ambizione”. Soprattutto la Evi evidenzia l’assenza di “target non vincolanti per gli Stati membri”. Inoltre, aver sorvolato sul rilascio di permessi gratuiti per le imprese inquinanti che non è stato affatto abolito, e la sua estensione alla “produzione di idrogeno non rinnovabile” sono segnali di allontanamento agli obiettivi per il clima. Nel mirino di Europa Verde anche la proroga dello stop alla vendita di nuove auto inquinanti, che è stata allungata di cinque anni (2035) rispetto le richieste dei verdi al 2030.

Una proposta che invece il M5s accoglie e ne reclama il patrocinio “è la stessa proposta formulata dal Movimento 5 Stelle e contenuta in un nostro ordine del giorno accolto dal governo e approvato alla Camera lo scorso anno” dichiarano in una nota i deputati del Movimento Giuseppe Chiazzese e Luca Sut. Che rilanciano come impegno di Governo la necessità di “accelerare nel sostegno alla riconversione del settore verso la produzione di veicoli a zero emissioni e nel sostegno ai cittadini con redditi meno elevati per dare a tutti la possibilità di accedere all’acquisto di auto elettriche. La transizione ecologica necessita di scelte coraggiose e in grado di non lasciare indietro nessuno”.

Come Parlamento europeo dovremo quindi impegnarci per infondere a queste misure l’ambizione necessaria, soprattutto mettendo delle garanzie perché gli Stati membri, dietro la pretesa di ‘flessibilità’, non si sottraggano a fare la propria parte nell’affrontare l’emergenza climatica.” Conclude la Evi.

Plauso del Wwf Italia alla riforma dell’Ets, Sistema di Scambio delle Emissioni, rispetto all’obbligo che tutti i ricavi derivanti dal ETS siano destinati ad azioni per il clima. Inoltre l’ingresso nel sistema Ets  del trasporto marittimo internazionaleaiuterebbe ad affrontare l’inquinamento da carbonio del settore” secondo l’associazione ambientalista.

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Climate action network (Can) Europe riconosce lo sforzo del pacchetto clima ed energia “Fit for 55” per affrontare il cambiamento climatico, ma bisogna fare di più. “Le politiche devono tenere conto di considerazioni sociali e non solo essere guidate da una logica di mercato, soprattutto quando le industrie continuano a essere sovvenzionate attraverso la continuazione di permessi di inquinamento gratuiti“, commenta Wendel Trio direttore di Can Europe.

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Secondo l’associazione è fondamentale il passaggio sulla riduzione delle emissioni nel regolamento che prevede la condivisione degli sforzi ma evidenzia un’importante assenza di obiettivi simili nella legislazione sull’energia proposta. “È fondamentale che i governi nazionali si assumano la responsabilità dell’azione per il clima e garantiscano che la massiccia transizione che stiamo affrontando sia socialmente equa e rispettosa dell’ambiente” si legge nella nota.

Al clima non deve mancare una giustizia sociale

Centrale è che l’azione per il clima non perda di vista la giustizia sociale reclamando che secondo il principio “chi inquina paga” non ci siano ulteriori aiuti all’industria. “Dobbiamo assicurarci che la transizione sia giusta ed equa. Ciò include garantire che tutte le entrate siano destinate a sostenere l’azione per il clima, con un’attenzione particolare a coloro che ne subiranno maggiormente le conseguenze, sia in tutta l’UE che nei paesi in via di sviluppo” e conclude Wendel Trio. “Ora spetta agli Stati membri e al Parlamento europeo migliorare i diversi atti legislativi e consentire all’UE di superare ulteriormente l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 55% verso il -65%. Solo con ulteriore ambizione il pacchetto sarà trasformato in un quadro politico che ci porterà tutti all’obiettivo di 1,5°C“.

Scelta a cui fa eco il WWF Italia “Nel pacchetto mancano delle disposizioni chiave, alcune non sono giuste e altre faranno in realtà più male che bene. L’UE deve smettere di spendere soldi a favore dell’inquinamento attraverso la distribuzione gratuita delle quote di emissione attraverso l’ETS, dobbiamo garantire che le famiglie più povere non siano svantaggiate, dobbiamo fermare la pratica di sovvenzionare la combustione di alberi e colture per l’energia”, rimarca Mariagrazia Midulla, responsabile Clima ed Energia del WWF Italia. Nella nota l’Associazione indica l’estensione dell’ETS a trasporti ed edifici come preoccupante “perché potrebbe penalizzare i meno abbienti”. E pone infine l’accento sulle scappatoie che potrebbero permettere agli Stati membri di “evitare di utilizzare le risorse per sostenere i più vulnerabili, per esempio rendicontando in modo generico il denaro utilizzato per il clima e le misure sociali, senza che necessariamente siano entrate “nuove” o aggiuntive provenienti dall’ETS”. 

Il prossimo passo è guardare al Pnrr

“Le proposte presentate ieri dalla Commissione europea dovranno essere discusse con gli Stati membri e con il Parlamento europeo. Quindi non sono definitive e ci vorrà ancora del tempo” richiama all’ordine Massimiliano Iervolino, segretario di Radicali Italiani guarda ai prossimi passi da compiere. “Intanto bisogna concentrarsi sul nostro Pnrr per iniziare ad allinearci alle direttive che verranno”. Per quanto riconosce che “la transizione ecologica italiana poteva essere scritta meglio” ricorda che la priorità è di “mettere a terra 70 GigaWatt di potenza da rinnovabili, se non raggiungiamo questo obiettivo entro il 2030 vuol dire che tutto il resto viene meno: idrogeno verde, conversione settori hard to abate, mobilità e agricoltura sostenibile”. Temi che non sono secondi a target come “la riconversione delle nostre industrie, il pericolo della concorrenza sleale da carbone dei Paesi extra europei e il rischio del costo sociale delle misure messe in campo. Su queste questioni appare chiaro che l’Europa deve dare un segnale forte e concreto“, conclude Iervolino.

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