Economia circolare, dalla lignina potrebbe nascere il transistor del futuro

Una ricerca guidata dall’Università di Pisa svela i possibili utilizzi della lignina, prodotto di scarto dell’industria cartiera, nella fabbricazione di transistor più sostenibili ed economici

  • La lignina è uno dei biopolimeri più abbondanti sulla Terra, prodotto dalle piante.
  • Le cartiere la separano dalla cellulosa e poi la bruciano.
  • Secondo i ricercatori delle Università di Pisa, di Linz e di Bari, non andrebbe sprecata, ma impiegata nella produzione di transistor da integrare in dispositivi leggeri.
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Il transistor elaborato dai ricercatori © Università di Pisa

Si dice spesso che la natura non smette mai di stupirci. Sembra quasi una frase fatta, ma è proprio vero che il nostro Pianeta, nonostante i danni che gli abbiamo arrecato, continua a regalarci sorprese. Questa volta, il tesoro è nascosto nelle foreste, e si chiama lignina. È uno dei biopolimeri più abbondanti sulla Terra, prodotto dalle piante. E potrebbe essere la chiave per il transistor del futuro.

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Il team di ricerca

Lo rivela uno studio internazionale guidato dall’Università di Pisa, che l’ha finanziato con due grant (i cosiddetti BIHO), e condotto insieme a ricercatori della Johannes Kepler Universität di Linz e dell’Università degli Studi di Bari. Stando ai risultati dell’indagine, pubblicati a fine ottobre su Advanced Sustainable Systems, la lignina potrebbe trovare impiego nella realizzazione di transistor per tablet e cellulari.

Il funzionamento di un transistor

I transistor fungono generalmente da interruttori all’interno di un circuito elettrico. Ma di cosa sono composti, normalmente? “Oltre ai materiali inorganici, come il silicio che comunque non è una risorsa inesauribile, ci sono quelli misti e quelli organici che, in poche parole, sono delle plastiche derivanti principalmente dal petrolio”, spiega la responsabile del progetto, la professoressa Alessandra Operamolla del Dipartimento di Chimica e Chimica Industriale dell’Università di Pisa. “Un transistor richiede in realtà due materiali organici: un semiconduttore e un dielettrico, cioè quello che noi abbiamo sostituito con la lignina e che, sostanzialmente, permette all’interruttore di funzionare”.

I vantaggi derivanti dal recupero della lignina

Al momento, la lignina è considerata uno scarto dell’industria cartiera e non viene valorizzata come dovrebbe. Finora, sono state formulate delle ipotesi riguardo a un suo possibile impiego nella produzione di resine, ma i vantaggi di una sua applicazione nel mondo dell’elettronica sarebbero molteplici. “Innanzitutto, non è necessario sintetizzarla, perché viene sintetizzata dalle piante. Inoltre, si utilizzerebbe quella derivante dai processi di lavorazione industriale. Per isolare la polpa di cellulosa, da cui viene fabbricata la carta, è necessario infatti rimuovere prima la lignina tramite un processo che la rende solubile. A quel punto, utilizzarla per i transistor avrebbe costi molto contenuti”, prosegue Operamolla. E pensare che, attualmente, la maggior parte della lignina prodotta ogni anno – circa ottanta milioni di tonnellate – viene bruciata per generare energia, nonostante il suo rendimento come combustibile sia piuttosto basso.

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La mitigazione dell’impatto dell’industria cartiera

I ricercatori hanno preso in esame due tipi di lignina, provenienti dallo stesso processo produttivo, ma purificati attraverso una diversa sequenza di operazioni. “Ci siamo resi conto che, quanto più severo era il procedimento subito dal materiale, tanto più degradata era la sua struttura, con l’introduzione di cariche ioniche che interferivano con il funzionamento del dispositivo”, chiarisce Operamolla. “Il metodo che viene adoperato per estrarla, dunque, influisce notevolmente sulle sue performance future”.

Non a caso, il team sta svolgendo ulteriori ricerche per mettere a punto una lignina che sia il più performante possibile. Cosa che renderebbe più sostenibili anche i processi produttivi dell’intera industria cartiera, riducendo le emissioni e valorizzando una risorsa preziosa tramite un modello di economia circolare.

Dal punto di vista sperimentale, racconta la professoressa, è stato tutto abbastanza semplice. Non evidenzia particolari criticità in grado di ostacolare un passaggio effettivo al nuovo modello, serve soltanto la volontà di investire in quella direzione.

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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.