Sacchetti ortofrutta

Le verifiche condotte per accertare biodegradabilità e compostabilità di un materiale; i test per accertare che i materiali siano conformi a entrare a contatto con gli alimenti; i motivi in base ai quali la Legge non consente l’utilizzo di buste portate da casa, a meno che non siano nuove e monouso.  Sono questi i temi tecnici –  inerenti i sacchetti biodegradabili e compostabili per l’ortofrutta –  illustrati in una nota dal laboratorio Food-Packaging-Materials di CSI, società del Gruppo IMQ che intende così affrontare un argomento su cui si è molto dibattutto a causa della norma in base alla quale dal primo gennaio questi sacchetti sono a pagamento.

Prove di biodegradabilità e compostabilità

Queste prove vengono effettuate seguendo la norma UNI EN 13432:2002. In particolare, per quanto riguarda la compostabilità, I test analitici per la verifica di questo aspetto – spiega la nota – “riprendono in modo analogo quanto accade presso gli impianti di compostaggio in cui il materiale di interesse è messo a contatto con il compost stesso. Il requisito è il raggiungimento di oltre il 90% di frammentazione in massimo 3 mesi, l’assenza di effetti negativi sul processo di compostaggio nonché l’assenza di effetti negativi sul compost finale (intraprendendo la determinazione di metalli pesanti ed altri costituenti pericolosi sul materiale di partenza e la determinazione dell’assenza di ecotossicità tramite la verifica di germinazione utilizzando il compost finale)”.

In merito, invece, alla biodegradabilità il team del laboratorio spiega come “i test sfruttino condizionamenti nell’ambiente di interesse a temperature di poco più alte di quella ambiente, per valutare lo sviluppo di CO2 nel tempo. Il requisito è il raggiungimento del 90% di biodegradazione in un tempo massimo di 6 mesi”.

Tutela dell’ambiente e requisiti di sicurezza alimentare

Questi sacchetti devono inoltre rispettare determinati parametri in tema di tutela dell’ambiente e sicurezza alimentare. Occorre infatti dimostrare di essere conformi ad entrare a contatto con gli alimenti secondo i regolamenti – (UE) n. 10/2011, (CE) n. 1935/2004 e (CE) n. 2023/2006.

In base alla legge bisogna effettuare un controllo puntuale delle materie prime con cui vengono prodotti i materiali e/o gli oggetti destinati al contatto con alimenti (definiti con l’acronimo MOCA). E’ necessario  inoltre assicurarsi che il MOCA non mini la salute del consumatore, non modifichi inaccettabilmente l’alimento e non ne alteri gli aspetti organolettici. “il termine “controllo”  – spiega la nota – viene utilizzato sia per indicare l’adeguatezza documentale, sia la conformità rispetto a test chimici e chimico-fisici utili a verificare che in nessun modo il MOCA possa contaminare l’alimento rilasciando a esso sostanze indesiderate mediante un fenomeno che, in questo ambito, viene definito “migrazione”.”

Leggerissimi, ma performanti

Un altro elemento che viene valutato nei test è la performance di questi sacchetti, ovvero la resistenza delle saldatura, la resistenza al carico statico e a quello dinamico, nonché l’allungamento o la lacerazione, che sono aspetti che impattano fortemente sulla valutazione dell’idoneità tecnologica di questi prodotti.

Attenzione alle borse da casa

Il laboratorio spiega poi perché è rilevante la questione delle borse portate da casa. Le buste riutilizzabili che verrebbero portate da casa (il Ministero lo ha permesso purché queste siano nuove e monouso), “quando derivanti da precedenti utilizzi, possono essere state conservate in condizioni che favoriscono lo sviluppo microbico, soprattutto in presenza di umidità, residui di alimento, in particolare se sono custodite in luoghi poco puliti. In queste condizioni i microrganismi, anche patogeni, possono moltiplicarsi e aderire alla busta contaminando gli alimenti e le superfici con cui la busta viene a contatto”. Ma non c’è solo la contaminazione microbiologica,  anche la contaminazione chimica è un elemento rilevante da prendere in considerazione per i rischi che comporta: “i luoghi di conservazione dei sacchetti, le cross-contamination, l’utilizzo incondizionato e/o improprio potrebbero infatti, inficiare la sicurezza chimica del sacchetto stesso”.

Le reazioni dei consumatori

Ma come la pensano i consumatori? Come hanno reagito all’introduzione di degli eco-shopper a pagamento per l’ortofrutta sfusa? Nei primi dieci giorni dell’anno si è registrato uno spostamento verso i prodotti già confezionati, secondo  quanto emerso da un sondaggio su base nazionale realizzato dal Monitor Ortofrutta di Agroter in collaborazione con Toluna. Il 12% degli italiani, secondo l’indagine curata da Roberto Della Casa, docente di marketing dei prodotti agroalimentari all’Università di Bologna, ha preferito comprare verdura confezionata per non dover pagare il sacchetto eco-bio. Un altro 21% del campione, invece, ha preferito rivolgersi al fruttivendolo – che tradizionalmente utilizza sacchetti di carta, quindi non soggetti a pagamento obbligatorio – invece che al supermercato. Il 7% di consumatori invece dichiara di aver comprato meno frutta e verdura, mentre  Il 56% degli intervistati, invece, risponde di aver fatto spesa come al solito. Questo un comportamento  risulta più marcato nei giovani (61%) rispetto agli over 55 (53%).Il 6% vorrebbe i vecchi sacchetti in plastica gratuiti.

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