microplastiche
In copertina, un’immagine d’archivio di Canale Energia © Noëlie Pansiot Fondation Tara Océan

L’ingestione umana di microplastiche è un fenomeno inevitabile a causa della loro onnipresenza in vari alimenti, come il pesce, e nell’acqua potabile in bottiglia. Se la loro ingestione rappresenti o meno un rischio sostanziale per la salute umana è tutt’altro che compreso.

I ricercatori cinesi della Nanjing Medical University hanno scoperto che le persone che soffrono di malattie infiammatorie intestinali presentano più microplastiche nella feci rispetto ad altri pazienti sani. Lo studio dimostra che tali elementi non biodegradabili, nel corpo umano possono causare sintomi che vanno dalla diarrea persistente al dolore addominale, alla perdita di peso e all’affaticamento.

Considerando il crescente allarme su questo tema, dal 14 gennaio entra in vigore in Italia il decreto legislativo 196/21 che vieta la produzione, la vendita e l’utilizzo di prodotti monouso (i cosiddetti single use plastic). Lo stop a bicchieri, cannucce, posate o piatti usa e getta arriva attraverso la norma che recepisce la Direttiva UE n. 904/2019 Single Use Plastic il cui obiettivo è quello di ridurre sensibilmente l’inquinamento da plastica presente nei mari e negli oceani.

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Legame tra microplastiche e malattie infiammatorie intestinali

Lo studio ha coinvolto l’analisi dei campioni fecali di 102 persone, 52 con sindromi intestinali e altre 50 sane. Ai partecipanti è stato chiesto di dettagliare il cibo e le bevande che normalmente consumo, le loro condizioni di lavoro e di vita, il contesto familiare e lo stato della loro salute. La ricerca ha rivelato che i pazienti affetti da malattie infiammatorie intestinali presentano livelli maggiori di microplastiche nelle feci rispetto ai partecipanti sani. Il team ha notato che questo fenomeno interessa le persone che tendono a bere acqua in bottiglia o a mangiare cibo da asporto.

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Imballaggi e cibo da asporto fattori di esposizione

In totale, sono stati rilevati 15 diverse tipologie di fibre di microplastiche nelle feci dei pazienti: dominanti sono l’etilentereftalato (22,3–34,0%) e il poliammide (8,9–12,4%). La tesi dei ricercatori è che gli imballaggi in plastica dell’acqua potabile e l’esposizione a cibi e polveri rappresenterebbero fattori di esposizione umana a tali elementi potenzialmente nocivi per la salute.

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