Emergenza siccità in Emilia-Romagna: pericoli per l’agricoltura

Clima fuori controllo, sofferenza idrica e portate del fiume Po a -30%. L'allarme lanciato da Anbi

siccità in Emilia-Romagna Canale Emiliano Romagnolo-CER_ANBI Emilia-Romagna
Canale Emiliano Romagnolo-CER_ANBI Emilia-Romagna

Le ultime, scarse, piogge che hanno bagnato la terra in Emilia-Romagna sono cadute a macchia di leopardo e risalgono addirittura a circa 40 giorni fa. Dall’inizio dell’anno, l’entità delle precipitazioni sul territorio regionale è di circa 170 millimetri, vale a dire la metà della media del periodo. Giusto per fare un confronto ad ampio raggio, il dato è sconcertante perché risulta inferiore di almeno il 40% rispetto a quelle registrate a Haifa, in Israele.

A fotografare la situazione è l’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue – Anbi che sottolinea il ripetersi del trend negativo “dopo l’anno più siccitoso in tempi recenti, cioè il 2020, a conferma dello stabilizzarsi di una situazione di criticità idrica, accentuata dall’emergenza climatica”.

L’Autorità Distrettuale del fiume Po rileva che sono caduti circa 20 millimetri di pioggia rispetto ai 48 attesi (sulla base delle stime medie regionali del periodo 2001-2020). Calcolando le precipitazioni da inizio anno, resta un deficit medio regionale, sul clima 2001-2020, di circa 116 millimetri (- 34%), con punte più elevate sul settore orientale (Romagna, rilievi del Bolognese e aree limitrofe), dove si calcolano deficit tra 150 e 200 millimetri pari ad oltre il 50 % delle piogge in meno.

Sofferenza idrica del Po: preoccupa l’impatto sull’agricoltura

In un panorama caratterizzato da un generale calo delle disponibilità idriche del Paese, soprattutto al Centro Nord, è ancora una volta il fiume Po ad attirare l’attenzione: infatti, pur dopo un maggio piovoso, la sua portata si è indicativamente dimezzata rispetto alla media storica, e a Pontelagoscuro, alle porte del maggio scorso, la situazione era simile a quella di inizio luglio 2020, anticipando di circa un mese, una chiara situazione di sofferenza idrica.

Lo stato del Grande Fiume preoccupa non poco per la precoce discesa del livello delle acque, che arrivano a toccare circa il 30% della sua portata storica. Le dirette conseguenze sulla distribuzione della risorsa idrica sui territori, per il tramite del Canale Emiliano Romagnolo, una delle più importanti opere idrauliche italiane, sono evidenti. Mediante derivazione dal fiume Po, e lungo un tracciato di 135 chilometri, il C.E.R. consente l’approvvigionamento idrico di un’area estesa su oltre 3000 km2, che attraversa le provincie di Bologna, Ferrara, Forlì-Cesena, Rimini e Ravenna, tra le più produttive a livello internazionale sotto il profilo industriale e agricolo.

Fiume Po, le portate sono in calo del 30%

L’Autorità Distrettuale rileva come anche i sottobacini del Po patiscano le elevate temperature delle scorse settimane (il torrente Enza è ai minimi storici) con massime di 32-34 gradi, tra 1 e 3 gradi superiori al clima degli ultimi 20 anni e locali punte giornaliere a 35-36 gradi. Sono molte le zone del Distretto maggiormente colpite dalla siccità: il Biellese, l’Astigiano e il Cuneese, nel Basso Piemonte, oltre alla città di Torino.

In Romagna, l’allerta rimane alta, soprattutto nelle zone del Delta (Ferrara e Rovigo), dove il monitoraggio è costante per scongiurare possibili criticità derivanti dall’intrusione del cuneo salino, ma negli ultimi giorni sono sotto osservazione anche le zone del Piacentino e il Parmense. In Lombardia è drastico il calo della riserva idrica, che segna – 8.5% nella settimana appena trascorsa.

Il Canale Emiliano Romagnolo, l’autostrada dell’acqua che può scongiurare la crisi idrica

Le rilevazioni più aggiornate segnalano che quest’anno il sistema C.E.R. ha già distribuito oltre 150 milioni di metri cubi d’acqua a servizio dei settori agricolo, industriale, civile e ambientale. I danni causati dalla siccità sono gravi e mettono in pericolo raccolti e attività economiche: “Non tutte le aziende del territorio hanno risorsa idrica sufficiente e tecnologia irrigua, in grado di soddisfare le necessità incombenti, con conseguenti perdite produttive, che superano anche il 40%” fa sapere ANBI.

All’assenza di piogge, si aggiunge, infatti, l’incremento dei fabbisogni idrici, determinati dall’aumento delle temperature e quindi dell’evapotraspirazione. Per questi motivi emergenziali, il Consorzio di 2° grado del Canale Emiliano Romagnolo “è costantemente impegnato in una pianificazione progettuale, mirata a estendere le superfici irrigate”.

“Il cambiamento climatico accentua l’importanza dell’acqua per l’agricoltura e per gli altri usi, evidenziando il ruolo strategico del Canale Emiliano Romagnolo  per l’economia del territorio – afferma il presidente del Consorzio C.E.R., Nicola Dalmonte – Stiamo accelerando la ricerca di soluzioni utili a rendere sempre più sicuro ed  efficiente il funzionamento degli impianti. Inoltre, nel centro di ricerca Acqua Campus, stiamo testando ulteriori innovazioni per ottimizzare l’utilizzo dell’acqua in agricoltura”.

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