Alimenti in un circolo virtuoso: simbiosi industriale, ambiente e quadro normativo

Shutterstock 143987014Nel contesto di uno sviluppo globale sempre più orientato verso la sostenibilità e l’uso efficiente delle risorse, la gestione ambientale (il controllo e la gestione di tutte le attività aziendali che hanno o possono avere un impatto sull’ambiente) e l’economia circolare (intesa come un modello complessivo in cui tutte le attività, a partire dall’estrazione dei singoli ingredienti e dalla produzione, sono organizzate in modo che i rifiuti di una azienda diventino risorse per un’altra1) svolgono sicuramente un ruolo centrale.

Migliorare l’impatto ambientale legato alla produzione, in generale, significa ridurre i costi totali, anticipare la legislazione futura, intercettare nuove richieste della filiera agro-alimentare, aggiungere appeal all’immagine dell’azienda consolidando e potenziando le opportunità di vendita dei prodotti. Il quadro normativo europeo è abbastanza articolato ma uno degli strumenti base sono le direttive che tutti gli Stati comunitari devono recepire. In particolare, in tema di gestione ambientale, vale la pena evidenziare le più importanti.

Le principali direttive

Il regolamento (EC) 178/2002 è alla base della legislazione sulla produzione alimentare; esso stabilisce i principi e i requisiti della legislazione alimentare che assicurano la qualità degli alimenti e dei mangimi, istituisce l’Autorità per la sicurezza alimentare e definisce le procedure in campo di sicurezza alimentare 2. La direttiva 2000/60/CE che riguarda la qualità delle acque di superficie e sotterranee 3 e la direttiva 2008/98/CE, incentrata sulla protezione dell’ambiente e della salute umana, riguardano la prevenzione degli effetti dannosi legati ai rifiuti e al loro trattamento 4. La direttiva 2008/50/CE stabilisce, invece, gli obiettivi di qualità dell’aria per migliorare la salute dell’uomo e la qualità dell’ambiente fino al 2020 5 e la direttiva 94/62/CE prevede le misure volte a limitare la produzione di rifiuti d’imballaggio a promuoverne il riciclaggio, il riutilizzo ed il recupero 6. Infine la direttiva 2006/32 sull’uso efficiente dell’energia 7 e la direttiva 2009/28 sulla promozione dell’uso dell’energia proveniente fonti rinnovabili completano il quadro legislativo di base in materia 8. E’ all’interno e tra le righe di questo panorama normativo che si possono e si devono sviluppare nuove dinamiche di proficuo scambio e riutilizzo.

Lo strumento per aumentare la produttività di uso delle risorse: simbiosi industriale

Tra gli “strumenti” più innovativi per l’istituzione di un modello economico circolare diffuso, si può annoverare la simbiosi industriale. In letteratura si definisce come un processo che “coinvolge industrie appartenenti a settori tradizionalmente separati, in un approccio collettivo, finalizzato all’ottenimento di un vantaggio competitivo, fondato sullo scambio fisico di materiali, energia, acqua e sottoprodotti”9. La simbiosi, quindi, è sistema trasversale capace di far circolare le risorse in maniera continua, valorizzando i sottoprodotti e minimizzando gli sprechi. Si tratta, di fatto, di “economia circolare in azione”10.

La simbiosi industriale, studiata e sempre più citata a partire dai primi anni ’90 (partendo dall’esperienza sviluppata nel distretto industriale di Kalundborg, in Danimarca11) è una pratica fortemente incoraggiata a livello europeo. Numerosi documenti e normative contengono infatti il riferimento alla simbiosi: è riportata nella COM(2012) 582 – “Un’industria europea più forte per la crescita e la ripresa economica”12, rientra nelle “Linee d’azione prioritarie per l’industria Europea del 21° secolo” come “modello di business per il recupero di materiali ed energia” e la “Roadmap to a Resource Efficient Europe” la definisce “uno strumento innovativo per aumentare la produttività d’uso delle risorse13.

Anche in Emilia-Romagna, dove è stato realizzato un progetto pilota sul tema (Progetto “Green”), l’attenzione delle istituzioni è forte: la simbiosi industriale è infatti citata all’interno del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti, come “strumento utile per ridurre il quantitativo e la pericolosità dei rifiuti speciali”14.

Nel complesso, si può quindi affermare che la simbiosi industriale rappresenti uno strumento interessante da valutare con attenzione, sul quale l’Unione Europea e i singoli stati membri stanno investendo risorse finanziarie e di ricerca. Anche l’Italia sembra aver recepito le potenzialità di questa metodologia, che però richiede certamente uno sforzo da parte delle istituzioni di semplificazione delle norme che riguardano i processi di valorizzazione di sottoprodotti e rifiuti.

 

Vladimiro Cardenia

(Centro per l’innovazione dei rifiuti alimentari, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna)


Ugo Mencherini

(Aster S. Cons. p. a., Bologna)


Tullia Gallina Toschi

(Centro per l’innovazione dei rifiuti alimentari, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna)

 

 

99 Fonte: Chertow M., “Industrial ecology: Literature and taxonomy”, Annual review of energy and the environment, 25: 313–37, Yale, 2000

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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.