PNRR
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Il Piano nazionale di ripresa e resilienza è stato approvato con 442 voti favorevoli alla Camera, ora in discussione al Senato, per l’invio alla Commissione europea.

Con il Pnrr (versione aggiornata) l’Italia si candida a ricevere i fondi essenziali per poter ripartire dopo la pandemia.

“Le risorse fornite attraverso il dispositivo di ripresa e resilienza dell’Unione europea sono pari a 191,5 miliardi spiega Draghi nel corso della presentazione del Piano. “Il Governo ha deciso di stanziare ulteriori 30,6 miliardi per il finanziamento di un Piano nazionale complementare da affiancare al dispositivo europeo. Questo piano complementare finanzia progetti coerenti con le strategie del Pnrr che, tuttavia, eccedevano il tetto di risorse ottenibili dal dispositivo europeo. Il Pnrr e il Piano complementare sono stati disegnati in modo integrato: anche i progetti del secondo avranno gli stessi strumenti attuativi”.

Il Pnrr, con la ripartizione delle sue risorse, ha immancabilmente accontentato alcuni e scontentato altri che avrebbero voluto la destinazione di maggiori risorse per il proprio comparto o su temi che, secondo loro, sono stati accantonati.

Ecco qui di seguito alcuni contributi da parte di Uecoop, Confassociazioni, Wwf, Kyoto Club, Slow food, Coordinamento Free, Cib biogas e Assaeroporti.

Uecoop

L’Unione Europea delle Cooperative ritiene che grazie al Recovery plan, i 3,5 milioni di persone senza lavoro, che in seguito alla pandemia hanno definitivamente smesso di cercarlo, potrebbero finalmente riacquistare fiducia grazie alla nuova spinta sull’occupazione. Più di 1 rinunciatario su 4, pari al 25,8%, ha fra i 45 e i 54 anni in una fascia di età, evidenzia Uecoop, in cui si è troppo giovani per andare in pensione, anche con le varie soluzioni di anticipo attualmente in vigore, ma si è anche troppo grandi per accedere ai vari contratti di inserimento con decontribuzione, che invece possono essere utilizzati per i più giovani. Nonostante la pandemia, nel 2021 il 78% delle imprese cooperative crede che riuscirà a tenere il personale impiegato, il 15% prevede addirittura di riuscire ad assumere nuovo personale, mentre solo il 7% crede che sarà costretto a licenziare.

Confassociazioni

Confassociazioni parla di titoli delle riforme ma poi sui contenuti, che permetterebbero di fare un vero salto, c’è ancora da fare. Soprattutto alla luce del fatto che si è acuita la diseguaglianza sociale tra chi, come i dipendenti pubblici non ha sentito la crisi per via di una continuità nella propria retribuzione, mentre molte partite iva hanno chiuso o si trovano in grave sofferenza, così come i dipendenti privati in cassa integrazione che hanno visto la propria retribuzione diminuire mediamente tra i 275 e i 457 euro al mese da marzo 2020 in poi. Pertanto, rimane aperto il quesito su cosa significhi realmente ampliare la concorrenza, riformare la PA, il fisco e la giustizia.

Wwf

Per il Wwf il Piano è significativo ma non sufficiente, pertanto chiede al Governo di utilizzare almeno 10,6 miliardi dei 30 della programmazione complementare per rafforzare alcuni contenuti, quali: la conservazione della biodiversità, le energie rinnovabili e il contrasto ai cambiamenti climatici, la tutela del territorio, l’economia circolare e l’agricoltura biologica. Il Pnrr dedica un’attenzione che rimane ancora marginale alla biodiversità terrestre e marina assegnando appena 1,69 miliardi, che costituiscono lo 0,8% dell’ammontare totale del Piano. Critico anche sulle scelte energetiche e climatiche a cui sono destinati quasi 6 miliardi, il 3% del Piano, a cui si sommano i 3,19 miliardi per promuovere produzione, distribuzione e usi finali dell’idrogeno che però, ricorda il Wwf, non è una fonte energetica, ma un vettore che deve derivare da fonti rinnovabili se si vuole decarbonizzare, che va usato solo laddove davvero indispensabile.

Al rischio idrogeologico sono stati assegnati 2,49 miliardi in 6 anni, mentre l’Ispra stima che ne servirebbero almeno 26. Critico anche sulle risorse destinate all’economia circolare, dove nel Pnrr si destinano 2,1 miliardi pari all’1% delle risorse messe in campo e destinate alla realizzazione di impianti.

Le proposte di Wwf per il Piano

  • Per quanto riguarda la conservazione della biodiversità propone che si intervenga con un finanziamento di 1.8 miliardi di euro per realizzare interventi di riqualificazione in 5 altre “Aree vaste prioritarie per la connettività ecologica” (Corridoio Alpi Appennino, l’Appennino umbro-marchigiano, l’Appennino campano centrale, la Valle del Crati – Presila Cosentina).
  • Per le scelte energetiche e climatiche il Wwf chiede che siano stanziate risorse aggiuntive per 1 miliardo di euro destinate a creare un meccanismo che favorisca contratti di lungo periodo tra produttori e grandi consumatori di energia, mentre altri 3 miliardi di euro dovrebbero integrare la sezione “Rinnovabili e batterie” del PNRR.
  • Per la tutela del territorio e la riduzione del rischio idrogeologico: il Wwf propone che il MiTE attribuisca un contributo di 3 miliardi di euro per la mitigazione del rischio idrogeologico e il miglioramento dello stato ecologico dei nostri fiumi alle 8 Autorità di bacino distrettuali nazionali.
  • Il Wwf propone di destinare all’economia circolare: 1 miliardo di euro per finanziare l’introduzione di un sistema di deposito cauzionale per gli imballaggi; 50 milioni di euro per creare e gestire un’infrastruttura nazionale per la simbiosi industriale; 50 milioni di euro per creare e gestire una piattaforma nazionale per il riconoscimento dei sottoprodotti e per lo scambio delle buone pratiche connesse.
  • Devono essere destinati 650 milioni di euro aggiuntivi a quelli del Piano per lo sviluppo dei sistemi agroalimentari del biologico per sostenere lo sviluppo di filiere made in Italy.

Kyoto Club

Secondo Kyoto Club, all’interno del Piano c’è una sopravvalutazione del ruolo dell’idrogeno rispetto al ruolo della mobilità elettrica e un ruolo spropositato viene conferito al biometano, rispetto ad una attenzione praticamente nulla rivolta ad un tipo di rinnovabili che potrebbe imprimere una svolta, ovvero l’eolico offshore.

In una nota stampa concessa ad Ansa, il direttore scientifico di Kyoto Club, Gianni Silvestrini, afferma che “l’idrogeno potrà si avere un ruolo nella transizione energetica, ma nel lungo periodo, mentre nel breve periodo, si può consumare solo con treni e raffinerie e in piccole quantità”. Secondo Silvestrini, il Piano risente del ruolo delle aziende energetiche italiane, come Eni e Snam, che devono riconvertire la loro produzione di metano e investono sui biocarburanti, e del ritardo del nostro paese sulla mobilità elettrica.

Coordinamento Free

Affatto soddisfatto il Coordinamento Free (Fonti rinnovabili ed efficienza energetica), che valuta il documento “con poche rinnovabili” e scarsa attenzione all’efficienza energetica, a parte il riferimento al bonus del 110%. In un recente documento, il Coordinamento ha stimato, come obiettivo intermedio al 2025, la necessità di avere 26 GW di fotovoltaico e 7 GW di eolico, mentre nel piano si parla di 2 GW per l’agrivoltaico, 2 GW per le comunità energetiche e solo per i comuni al di sotto dei 5.000 abitanti, senza includere aree molto più vaste come quelle metropolitane; previsti solo 0,2 GW per l’eolico off-shore. L’economia circolare poi, riguarda solo il ciclo dei rifiuti che viene affrontato solo nel settore agricolo quando ci si riferisce alla intera filiera di prodotto. Poca chiarezza anche sui processi autorizzativi degli impianti, che andrebbero snelliti e il Coordinamento si augura una drastica revisione del Pniec (Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima) con interventi più incisivi. Bene invece la cabina di regia alla Presidenza del Consiglio, che il Coordinamento chiede da molto tempo.

Cib biogas

Soddisfatto il Consorzio italiano biogas che vede riconosciuto un importante ruolo del biometano in ambito agricolo con uno stanziamento di 1,92 miliardi di euro previsti dal Pnrr. Il presidente del Consorzio, Piero Gattoni, ritiene che questo sia un segnale importante che riconosce come gli impianti di digestione anaerobica integrati nelle aziende agricole siano infrastrutture strategiche in grado di stimolare la transizione agroecologica nei territori.

Slow food

Slow food sostiene che all’origine della crisi che stiamo vivendo ci sia principalmente un problema di modello di sviluppo e che la transizione ecologica dovrebbe segnare un cambio di passo da un modello all’altro, non un mero aggiustamento di un modello che vi rimarrà sotteso. Il comitato esecutivo di Slow food Italia ribadisce che, sostanzialmente trattasi del vecchio modello produttivo di sviluppo ma condito con le parole più in voga del momento: digitalizzazione, ecodesign, green. Ad esempio, si parla di riciclo di rifiuti, ma non della sua riduzione a monte, oppure non si parla di agroecologia, unica pratica agricola che può rigenerare la terra e l’ambiente circostante.

Ciò che manca è una visione di insieme veramente ecologica, che abbia il coraggio di mettere in discussione l’attuale modello di sviluppo non più sostenibile. Ciò deve però essere fatto a livello europeo, non sommando 26 diversi piani nazionali, perché una crisi come questa non può essere risolta a livello nazionale.

Carenza gravissima rilevata all’interno del piano: l’assenza di una legge sul consumo di suolo e della chiusura dell’iter della legge sul biologico.

Sul biometano, c’è il rischio che, se non si approfondiscono i termini, una misura di economia circolare rischi di incentivare un sistema di allevamento intensivo. Secondo slow food è un piano che sulla parte relativa all’agricoltura ha una forte vocazione industriale, in quanto commercio e logistica vengono messi al primo posto rispetto al ruolo dell’agricoltura nella gestione di biodiversità agricola e filiera. Non si dà all’interno del Piano alcun rilievo al tema del cibo, che invece impatta su ambiente e agricoltura in modo preponderante.

Le 5 proposte di Slow food

Slow food propone 5 punti da inserire nel Pnrr:

  • Approvazione di una legge per fermare il consumo di suolo
  • Riduzione e riqualificazione dei consumi come asse portante di tutto l’approccio
  • Avvio di un grande programma nazionale di educazione alla cittadinanza sui temi della transizione ecologica e dell’alimentazione, a partire dal coinvolgimento delle scuole
  • Maggiore centralità del cibo e il rafforzamento di politiche locali legate a modelli agricoli non industriali
  • Rafforzamento, anche in termini di risorse dedicate, delle green communities 

Assaeroporti

Assaeroporti rileva con rammarico l’assenza all’interno del Piano di progetti per una transizione green e digitale del sistema aeroportuale, proposti dal comparto. Solo nel primo anno, da quando è iniziata la pandemia, gli scali italiani hanno registrato una perdita di fatturato di 2,4 miliardi di euro. Inoltre, gli aeroporti hanno investito e continuano a farlo, risorse per la sostenibilità del settore in termini di decarbonizzazione, come testimoniato da certificazioni e riconoscimenti ottenuti a livello europeo ed internazionale, come l’Airport Carbon Accreditation e NetZero 2050. “È difficilmente accettabile la posizione espressa dal Governo italiano, come anche la rigida chiusura a livello europeo, che comportano la forte penalizzazione di un settore fondamentale per l’economia dell’Italia e per il suo sviluppo” – dichiara il presidente di Assaeroporti Fabrizio Palenzona.

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