La transizione energetica passa anche dalle imprese agroalimentari

È quanto emerge da un’indagine di Nomisma, presentata in occasione di un convegno organizzato con Philip Morris Italia.

Il divario da colmare per centrare l’obiettivo europeo del 42,5 per cento di fonti rinnovabili nel mix energetico entro il 2030 è ancora ampio: al momento in Italia siamo al 19 per cento, contro una media del 23 per cento a livello comunitario.

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Terreno agricolo. Foto di Chris Ensminger su Unsplash

Le aziende italiane, la maggior parte delle quali vede la produzione di energia pulita come una delle più importanti leve per raggiungere elevati livelli di sostenibilità, può davvero fare la sua parte in questo percorso.

Il 71 per cento delle imprese agroalimentari ha già effettuato investimenti per la transizione ecologica e un altro 13 per cento è in procinto di farli, primariamente con l’obiettivo di ridurre i consumi energetici o trarre beneficio dalle fonti alternative.

L’impegno delle imprese agroalimentari e della filiera tabacchicola

Nella filiera tabacchicola spiccano inoltre interventi – attuati e in attuazione – finalizzati a ridurre i consumi idrici (con un’attivazione doppia rispetto alle aziende agroalimentari nel complesso), nonché le emissioni di CO2. Sono i dati che emergono da un’indagine di Nomisma, presentata ieri (30 gennaio) a Roma, in occasione di un convegno organizzato insieme a Philip Morris Italia.

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L’importanza della digitalizzazione

Le innovazioni digitali sono ritenute molto importanti per aumentare i livelli di produttività e la qualità dei prodotti, riducendo al tempo stesso l’impatto ambientale della produzione. Il 32 per cento delle aziende agricole intervistate ha dichiarato di utilizzare macchine con guida assistita o semi-automatica con GPS integrato (55 per cento nell’industria del tabacco), e il 25 per cento dispone di centraline meteo aziendali (61 per cento nel caso del tabacco).

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Per favorire la diffusione di queste innovazioni, si ritengono importanti gli incentivi, la formazione, la semplificazione delle procedure burocratiche e gli accordi di filiera. Un esempio di successo, da questo punto di vista, è il modello di filiera integrata Coldiretti-Philip Morris Italia.

Il ruolo degli accordi di filiera

“L’accordo di filiera Coldiretti-Philip Morris, avviato nel lontano 2011 e già confermato fino al 2027, in questi anni ha consentito prevedibilità e programmazione della produzione; aspetti che, insieme al supporto di Philip Morris in favore di progetti di investimento specifici e alla condivisione di buone pratiche, hanno accelerato i processi di innovazione a livello aziendale”, ha commentato Gennarino Masiello, presidente dell’Organizzazione nazionale del tabacco (ONT).

Piantagione di tabacco
Piantagione di tabacco. Foto di Irewolede su Unsplash

“La transizione eco-energetica e digitale richiederà ancora investimenti importanti e nuove competenze, come pure dei percorsi di adattamento organizzativo: tutte sfide che, se affrontate nell’ambito di un modello di economia contrattuale di filiera come quello tra Coldiretti e Philip Morris, possono essere vinte e, come fatto finora, restituire un posizionamento per il settore su livelli di sostenibilità di primo piano”.

Il sostegno da parte delle istituzioni

Insomma, ciò che le aziende chiedono è di non essere lasciate sole. “Gli obiettivi di sostenibilità che pone il Green Deal, per quanto condivisibili, sono decisamente ambiziosi e non possono essere lasciati solo in capo agli agricoltori senza prevedere strumenti e interventi specifici a supporto”, ha concluso Paolo De Castro, presidente del Comitato scientifico di Nomisma.

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Non a caso, è da settimane che contadini e allevatori stanno protestando in una molteplicità di Paesi europei. “Ecco perché abbiamo chiesto, e ottenuto, che l’Europa destinasse una quota importante dei fondi del Next Generation EU agli investimenti in innovazione e per la transizione energetica nelle aziende agricole”.

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