La qualità dell’aria in Italia è migliorata nel 2023, ma serve una visione integrata delle politiche

I dati emersi alla presentazione del Rapporto sulla qualità dell’aria 2023, a cura del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (SNPA/ISPRA)

“I temi della qualità dell’aria e dell’inquinamento atmosferico hanno importanti riflessi sulla salute pubblica. Grazie a più di 650 stazioni di monitoraggio attive sul territorio nazionale, l’SNPA riesce a raccogliere 25 milioni di dati ogni anno. Presentiamo oggi il nostro ultimo Rapporto sulla qualità dell’aria, che copre il periodo 2013-2022, e l’Informativa sintetica sulla qualità dell’aria nel 2023”. È con queste parole che Stefano Laporta, presidente di SNPA e ISPRA, ha inaugurato l’evento del 15 marzo a Torino.

Il video messaggio del Ministro Pichetto Fratin

“Disporre di dati aggiornati è fondamentale nella lotta contro i cambiamenti climatici, perché sono la base per prendere decisioni e adottare soluzioni”, ha commentato il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, in un video messaggio. “I cambiamenti climatici stanno aggravando il fenomeno della persistenza delle polveri sottili, però da anni stiamo assistendo a una tendenza complessiva di miglioramento della qualità dell’aria: questo significa che, in un quadro di oggettiva difficoltà, le azioni intraprese si stanno dimostrando efficaci”.

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Il principale obiettivo dell’Europa

Matteo Marnati, assessore all’Ambiente della Regione Piemonte, ha confermato come, nel 2023, il limite annuale del PM10 sia stato rispettato su tutto il territorio regionale, anche se resta più critica la situazione riguardante il superamento dei limiti giornalieri. Anche guardando al contesto nazionale, ovvero ai dati del Rapporto SNPA, si evincono importanti segnali di miglioramento.

A presentare i risultati principali dell’analisi è stata Maria Siclari, direttrice generale dell’ISPRA, che ha ricordato come il principale obiettivo dell’Unione europea sia quello di ridurre la mortalità attribuibile all’inquinamento atmosferico del 55 per cento entro il 2030, rispetto ai livelli del 2005.

qualità dell'aria, rapporto SNPA ISPRA

PM10, PM2,5, azoto e ozono: i dati del Rapporto SNPA

Il 2023, per fortuna, è stato l’anno migliore da quando sono cominciate le rilevazioni dell’SNPA. Si è registrata un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi quattro anni, nei quali si era evidenziata una sostanziale stabilità dei livelli di PM10. I periodi di stagnazione atmosferica invernali, in alcune aree del Paese solitamente più critica, sono stati meno frequenti e intensi rispetto al recente passato. Anche per quanto riguarda il PM2,5, si è assistito a una tendenza decrescente statisticamente significativa in circa il 69 per cento delle stazioni di monitoraggio.

qualità dell'aria, rapporto SNPA ISPRA

Per quanto riguarda il biossido di azoto (NO₂), il valore limite annuale è stato rispettato in 597 stazioni su 610, pari al 98 per cento dei casi. L’ozono (O₃) è quello che ha fatto registrare i risultati meno positivi: l’OLT (obiettivo a lungo termine per la protezione della salute umana) è stato rispettato solo in 49 stazioni su 344.

L’impatto sulla salute umana

Marco Martuzzi, a capo del Dipartimento ambiente e salute dell’ISS, ha introdotto il tema dell’impatto sulla salute umana, spiegando come “inquinanti outdoor e indoor influiscano su ricoveri e mortalità, causando in Italia 50-60mila morti premature in più all’anno. Continuano a emergere nuove implicazioni, anche nell’ambito del diabete e della salute mentale”.

Le persone che vivono in aree più inquinate hanno maggiori probabilità di sviluppare schizofrenia, depressione e disturbi d’ansia, secondo una ricerca condotta dal Dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario laziale che ha coinvolto 1,7 milioni di romani. Ridurre l’inquinamento nella capitale del 10 per cento potrebbe limitare l’incidenza di queste patologie del 10-30 per cento, secondo lo studio.

Inquinamento atmosferico, qualità dell'aria
Foto di Pille R. Priske su Unsplash

Le fonti di tossicità del particolato

Secondo Barbero, direttore generale ARPA Piemonte, ha precisato che gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana non dipendono solo dalla concentrazione delle polveri sottili, unico parametro utilizzato dall’attuale normativa, ma anche dalla loro composizione chimica: per esempio, la genotossicità del particolato carbonioso proveniente dai motori diesel è significativamente superiore a quella di altri tipi di aerosol. “Sarebbe dunque importante – ha concluso Barbero – che i nuovi limiti considerassero la tossicità del particolato proveniente da fonti diverse”.

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Il ruolo dei cambiamenti climatici

La necessità di analizzare tutte le fonti è stata sottolineata anche da Francesco Petracchini, direttore dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del CNR, che ha spiegato come l’inquinamento della Pianura padana dipenda maggiormente dall’agricoltura rispetto a quello della Valle del Sarca, connesso invece alla combustione di biomasse.

Come anticipato dal Ministro Pichetto Fratin, Petracchini ha ribadito anche come i cambiamenti climatici stiano portando gli anticicloni a permanere sulla penisola per settimane, generando un’assenza di rimescolamento e turbolenze che aggrava situazioni già critiche.

Tutto questo fa capire come le politiche di riduzione dei gas serra debbano allinearsi alle misure di contenimento degli inquinanti atmosferici, con un approccio olistico che coinvolga in parallelo anche il settore sanitario, quello agricolo, i trasporti e la pianificazione urbanistica. Fabio Romeo, direttore della Divisione inquinamento atmosferico e qualità dell’aria del MASE, si è detto fiducioso riguardo agli esiti che si avranno col PNIEC.

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Nata in provincia di Sondrio, ha studiato a Milano e Londra. Giornalista pubblicista, si occupa di questioni legate alla crisi climatica, all’economia circolare e alla tutela di biodiversità e diritti umani.