L’impatto del consumo di suolo in Italia

Nel 2022, abbiamo consumato altri 77 chilometri quadrati di suolo, si legge nel report SNPA.

consumo di suolo
Foto di Anita Denunzio su Unsplash

2,4 metri quadrati al secondo: è il ritmo a cui avanza il consumo di suolo in Italia. Nel 2022, abbiamo consumato altri 77 chilometri quadrati di terreni, oltre il 10 per cento in più rispetto al 2021. Ciò ha portato la copertura artificiale a estendersi per oltre 21.500 km², il 7,14 per cento del suolo italiano (7,25 per cento al netto di fiumi e laghi).

È quanto emerge dal rapporto “Il consumo di suolo in Italia 2023”, pubblicato il 25 ottobre dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente (SNPA). Il report è accompagnato dal primo Atlante del consumo di suolo che riunisce le nuove mappe dettagliate del fenomeno a livello nazionale e locale.

Le aree più e meno colpite

I cambiamenti dell’ultimo anno si sono concentrati soprattutto in alcune aree del Paese: nella Pianura Padana, nella parte lombarda e veneta e lungo la direttrice della via Emilia; lungo tutta la costa adriatica, specialmente in alcuni tratti del litorale romagnolo, marchigiano e pugliese.

consumo di suolo SNPA
Una tavola dell’Atlante del consumo di suolo © SNPA

Tra i Comuni virtuosi spiccano, dal più grande al più piccolo, Ercolano in Campania (solo 0,2 ettari consumati in più nel 2022), Montale in Toscana (0 ettari in più) e San Martino Siccomario in Lombardia (0,2 ettari in meno). Tra i capoluoghi delle città metropolitane risparmiano suolo Genova, Reggio Calabria e Firenze.

Le cause del consumo di suolo

La logistica e la grande distribuzione organizzata rientrano fra le principali cause di consumo di suolo in Italia. Si segnalano anche:

  • gli edifici, che occupano il 14 per cento delle nuove superfici artificiali;
  • piazzali, parcheggi e altre aree pavimentate (13,4 per cento);
  • le grandi infrastrutture (8,4 per cento);
  • le aree estrattive (5,4 per cento);
  • gli impianti fotovoltaici, per i quali si sono resi necessari quasi 500 ettari di terreno (243 dei quali rientrano nella classificazione europea di consumo di suolo).

Gli effetti della cementificazione

Le conseguenze del consumo di suolo sono molteplici. Nei principali centri urbani, la temperatura sale all’aumentare della densità delle coperture artificiali: in media, la differenza di temperatura del suolo nelle aree urbane di pianura rispetto al resto del territorio è di 4 °C d’estate, con massime di 6 °C a Firenze e di oltre 8 °C a Milano.

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La cementificazione provoca la costante diminuzione della disponibilità di aree agricole e forestali, tant’è che la perdita di servizi ecosistemici ha portato, fra il 2006 e il 2022, a danni economici per nove miliardi di euro l’anno. Incide, inoltre, sull’esposizione della popolazione al rischio idrogeologico.

Il 13 per cento del consumo di suolo totale (circa 900 ettari) ricade nelle aree a pericolosità idraulica media, dove l’11 per cento di territorio è ormai impermeabilizzato. Più del 35 per cento (oltre 2.500 ettari) si trova poi in aree a pericolosità sismica alta o molta alta. Infine, il 7,5 per cento (quasi 530 ettari) è nelle aree a pericolosità da frana.

Una risorsa da tutelare

“I dati che emergono dal rapporto Ispra sono drammatici. Da anni gridiamo che in Italia non esiste una legge per la tutela del suolo. Il suolo rappresenta una risorsa sostanzialmente non rinnovabile (a meno che non si consideri un lasso di tempo che va ben oltre la vita umana) e negli ultimi decenni è stato soggetto a un aumento delle pressioni e dell’intensità dello sfruttamento senza precedenti”, commenta Igor Boni, presidente Radicali Italiani.

“Non agire seriamente sul suolo significa andare incontro a erosione, diminuzione della materia organica, contaminazione diffusa, riduzione della biodiversità, inondazioni e smottamenti. Significa andare incontro a danni maggiori conseguenti al cambiamento climatico. Non c’è altro tempo da perdere”.

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