Il peso dell’acqua tra Pil, occupati e investimenti da fare

I dati della filiera del sistema idrico integrato in Italia nel Blue Book e il Libro Bianco 2024 a cura di Utilitatis e The European House Ambrosetti

Una filiera quella dell’acqua che vale quasi il 20% del PIL nazionale e dà lavoro a oltre 90 mila italiani, con investimenti che nel 2022 hanno raggiunto i 64 euro annui per abitante. Il comparto idrico conferma il suo ruolo sempre più determinante tanto per la vita dei cittadini quanto per l’economia italiana. Sono stati presentati a Roma, ieri, in prossimità della giornata mondiale dell’acqua di oggi 22 marzo, con la quinta edizione della Community Valore Acqua per l’Italia, il Blue Book 2024 promosso da Utilitalia e realizzato dalla Fondazione Utilitatis, e il Libro Bianco 2024 “Valore Acqua per l’Italia” di The European House – Ambrosetti. Le infrastrutture idriche, però, devono fare i conti con il cambiamento climatico e la siccità ormai endemica. Infatti “l’80% del territorio italiano – sottolinea Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House – Ambrosetti – è soggetto a stress idrico”.

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Un comparto che vale oltre 360 miliardi

La filiera idrica estesa genera un valore per 367,5 miliardi di euro con una crescita, secondo i dati emersi dal Libro Bianco, dell’8,7% rispetto al 2021. Il comparto coinvolge una vasta gamma di attività economiche, dalla produzione agricola alla manifattura idrovora, al settore energetico, toccando complessivamente 1,4 milioni di imprese agricole, circa 330mila aziende manifatturiere e 10mila  imprese energetiche, attivando oltre 150mila posti di lavoro.

Dal PNRR necessari più investimenti nel settore idrico

Sfiorano i quattro miliardi gli investimenti del Piano nazionale di ripresa e resilienza dedicati al comparto dell’acqua, ai quali si aggiunge un ulteriore miliardo derivante dalla recente rimodulazione del Piano. Ma non basta: il fabbisogno di settore è stimato in almeno sei miliardi l’anno – come emerge dal Blue Book – e serviranno dunque risorse aggiuntive pari a circa 0,9 miliardi di euro l’anno fino al 2026, e pari ad almeno 2 miliardi di euro l’anno dopo la chiusura del PNRR, per innalzare l’indice di investimento annuo e raggiungere i 100 euro per abitante, avvicinandosi così alla media di altri Paesi europei

Oltre 90 mila lavoratori impiegati in Italia,  il 74% solo al Nord

 Registra un tasso di crescita dell’occupazione quattro volte superiore alla media nazionale il settore idrico, come emerge dai dati della Community Valore Acqua per l’Italia di TEHA. Secondo Valerio De Molli, Managing Partner e CEO di The European House – Ambrosetti, “Tramite l’attivazione delle catene di fornitura e subfornitura, il ciclo idrico esteso genera in Italia un valore aggiunto totale di €25,7 miliardi. Per ogni euro di valore aggiunto generato dal ciclo idrico esteso, se ne attivano €1,8 aggiuntivi nell’intera economia”. Ma a livello occupazionale c’è un divario nel Paese: mentre al Nord si concentra il 74% dei lavoratori del ciclo idrico esteso e il 60% delle 3.500 imprese totali del settore, al Centro e Sud rimangono rispettivamente il 12,6% e 12,8% degli occupati e il 15,8% e 26,2% delle imprese.

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Nicola Dell’Acqua: “Tariffe più alte per finanziare il sistema idrico integrato”

Dal Blue Book emerge che negli ultimi anni si è assistito ad una crescita delle tariffe del servizio idrico di circa +5% annuo, anche se quelle italiane rimangono tra le più basse d’Europa. L’aumento delle tariffe ha consentito di “finanziare solo ed esclusivamente le infrastrutture dell’acqua e il sistema idrico integrato, consentendone un ammodernamento” sostiene Nicola Dell’Acqua, Commissario straordinario nazionale per l’adozione di interventi urgenti connessi al fenomeno della scarsità idrica. Il nostro sistema prevede “enti locali, un ente gestore unico, e un controllo dello stato tramite l’agenzia autonoma dell’Arera”, spiega Dell’Acqua, sottolineando come la sinergia tra le tre entità abbia garantito un aumento esponenziale degli investimenti”. Investimenti che – ribadisce Dell’Acqua – hanno portato “nuovi utenti allacciati agli acquedotti e un calo delle perdite, che è uno dei mali che affligge la rete idrica italiana”.

Diversificazione delle fonti di approvvigionamento idrico: dalla desalinizzazione al riuso delle acque reflue

Per fronteggiare la crisi idrica in Italia il Consiglio dei Ministri ha varato nel 2023 il decreto legge Siccità, che ha come obiettivo la semplificazione ed accelerazione delle procedure autorizzative per la costruzione di nuove infrastrutture idriche. È infatti fondamentale diversificare le fonti di approvvigionamento dell’acqua. Una delle soluzioni più efficaci per Giordano Colarullo, Direttore Generale Utilitalia, è la desalinizzazione. Ma si può ovviare alla crisi anche aumentando i volumi utili degli invasi, realizzando vasche di raccolta delle acque, riutilizzando le acque reflue depurate

Filippo Brandolini: “Più investimenti per risolvere criticità di governance”

Restano, però, criticità  in tema di governance. Per il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini, è necessario “Cambiare approccio sulla gestione del sistema idrico integrato, mettendo allo stesso tavolo gestori, agricoltura e industria”. Circa il 95% della popolazione nazionale risiede in bacini dove l’affidamento è avvenuto in maniera conforme alla normativa vigente. Ma per Brandolini “Servono più investimenti nelle infrastrutture per adeguarsi a norme e cambiamenti climatici”. L’obiettivo, spiega il presidente di Utilitalia, è arrivare a un centinaio di gestori industriali di media/grande dimensione e a un livello di investimenti di 100 euro per abitante all’anno”

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Nata a Roma, ma col cuore in Sicilia. Giornalista professionista, attenta a tematiche legate all'ambiente, al sociale, ma anche moda e cultura. Con un solo obiettivo: raccontare andando oltre la superficie, possibilmente con taccuino, penna e telecamera in mano.