Idrogeno molecola
Foto di sjeiti da Pixabay

“Grazie alla posizione geografica, alla forza del settore manifatturiero ed energetico e a una capillare rete di trasporto gas, il nostro Paese ha le potenzialità per diventare un hub continentale dell’idrogeno verde e un ponte infrastrutturale con il Nord Africa, assumendo un ruolo importante nella Hydrogen strategy europea”. Marco Alverà, amministratore delegato di Snam, commenta in una nota stampa i risultati dello studio H2 Italy 2050: una filiera nazionale dell’idrogeno per la crescita e la decarbonizzazione dell’Italia, realizzato da The european house – Ambrosetti in collaborazione con Snam.

Entro il 2050 l 23% della domanda soddisfatto con l’idrogeno verde

Per la prima volta, la ricerca prende in considerazione le potenzialità della filiera italiana dell’idrogeno. Questo vettore “può essere il migliore alleato dell’elettricità rinnovabile per consentire all’Italia di essere protagonista nella lotta globale ai cambiamenti climatici”, rimarca Alverà. Secondo gli scenari evidenziati nello studio, l’idrogeno potrebbe coprire il 23% della domanda energetica nazionale entro il 2050. Questo consentirebbe all’Italia di ridurre le emissioni di 97,5 milioni di tonnellate di CO2eq, pari a circa il 28% delle emissioni climalteranti italiane odierne.

Più competitività con lo sviluppo delle tecnologie

L’idrogeno verde ha tutte le carte in regola per diventare competitivo nell’arco di cinque anni, stima l’ad. Negli anni 2000 il “prezzo dell’idrogeno da rinnovabili era quaranta volte superiore a quello del petrolio”. Oggi si pensa a sviluppare una nuova filiera industriale puntando sullo sviluppo delle tecnologie e sulla crescente disponibilità di energia rinnovabile. Con “un valore della produzione cumulato che nei prossimi 30 anni può avvicinarsi ai 1.500 miliardi di euro”, aggiunge Alverà.

L’Italia ha un’infrastruttura del gas capillare sul territorio, rimarca lo studio, aspetto che può favorire il trasporto dell’idrogeno. I test effettuati sino ad oggi rappresentano un punto di partenza: si può aumentare la percentuale di idrogeno trasportato rendendolo così un vettore che vada a integrare biometano e rinnovabili.

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Italia hub del Mediterraneo per l’idrogeno verde

Data la sua collocazione geografica, il paese “può diventare il ‘ponte infrastrutturale’ tra l’Europa e il continente africano”. Lo studio evidenzia quanto sarebbe economicamente favorevole importare “idrogeno prodotto in Nord Africa attraverso l’energia solare a un costo del 10-15% inferiore rispetto alla produzione domestica” e favorire “una maggiore penetrazione dell’idrogeno anche negli altri Paesi europei”.

Del resto, l’Italia vanta alcuni primati: è primo produttore in Europa di tecnologie termiche per l’idrogeno, con una quota di mercato del 24% e di tecnologie meccaniche, con una quota del 19%. È secondo nel continente per la produzione di tecnologie per l’idrogeno rinnovabile, con una quota di mercato del 25%.

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Le sei raccomandazioni contenute nello studio

A queste previsioni rosee si affiancano sei raccomandazioni, ritenute essenziali per il decollo del vettore energetico:

  1. elaborare una visione e una strategia di lungo termine;
  2. creare un ecosistema dell’innovazione e accelerare lo sviluppo di una filiera industriale dedicata attraverso la riconversione dell’industria esistente e l’attrazione di nuovi investimenti:
  • grazie anche attività di fornitura e subfornitura e all’effetto indotto sui consumi, uno scenario prevede che il valore della produzione delle tecnologie afferenti alla filiera dell’idrogeno si attesti tra i 64 e i 111 miliardi di Euro al 2050;
  • un altro scenario conta tra gli 890 e i 1.500 miliardi di euro il valore cumulato della produzione delle filiere connesse all’idrogeno, considerando effetti diretti, indiretti e indotto.
  1. supportare la produzione di idrogeno decarbonizzato su scala nazionale;
  2. promuovere un’ampia diffusione dell’idrogeno nei consumi finali;
  3. incentivare lo sviluppo di competenze specialistiche sia per le nuove figure professionali sia per accompagnare la transizione di quelle esistenti;
  4. sensibilizzare l’opinione pubblica e il mondo dell’impresa sui benefici derivanti dall’impiego di questo vettore.

Entro il 2050 il il contributo al Pil stimato è tra i 22 e i 37 miliardi di euro, con un numero di nuovi posti di lavoro compreso tra 320.000 e 540.000 mila.

È indubbio che la transizione energetica sia un percorso che tutti gli stati europei devono perseguire con rigore e costanza per poter combattere il cambiamento climatico e lasciare in eredità alle prossime generazioni un mondo libero dalle fonti fossili”, ha dichiarato in nota Valerio De Molli, managing partner e ceo di The european house – Ambrosetti.

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