Far rinascere una foresta. È quello che sta accadendo in Uganda con The Greening Uganda Group. L’iniziativa nasce dalla determinazione di Joseph Atwongyeire, classe 1983, e con la partecipazione della comunità. Una realtà regolarmente registrata presso il distretto di Rukungirir District come specificato anche sul sito del Gruppo che ha già raggiunto la piantumazione di 182,600 alberi.

Un’azione di ambiente globale volta a preservare il proprio habitat aiutando la mitigazione del clima sul Pianeta e rigenerare un suolo altrimenti votato alla desertificazione. Un sogno green di cui non potevamo non parlare con il fondatore Joseph Atwongyeire.

Chiediamo al fondatore di The Greening Uganda Group, Joseph Atwongyeire, di conoscere come nasce questo sogno e sopratutto come portarlo a termine.

Come nasce l’idea di questo progetto?
Quando ero ancora al liceo ero in un club di “wild life”. In quel contesto abbiamo appreso diverse cose sulla natura. Ho continuato anche nel periodo universitario in cui sono entrato in un gruppo ambientalista. In quella occasione abbiamo piantato molti alberi. Così, terminata l’università, ho avviato questo gruppo. Abbiamo iniziato nel 2015, ma le piantumazioni vere e proprie sono iniziate nel 2016 realizzando dei gruppi di divulgazione scolastica..

Qual è la visione di questo progetto?
Vogliamo preservare il nostro habitat. Il nostro obiettivo è raggiungere entro il 2021 il milione di alberi piantati. Oltre a questo stiamo lavorando ad altri progetti per mitigare il processo di deforestazione. Ad esempio il biogas.

Quante persone sono coinvolte in questa iniziativa?
Oltre a me che sono il fondatore ho un board di sette persone. Il gruppo è poi composto da trenta volontari che fanno del loro meglio per garantire il successo delle nostre operazioni.

Che risultati avete raggiunto a oggi?
Abbiamo piantato 182,600 alberi dal 2017. Ma vogliamo andare molto oltre con i numeri. Purtroppo a causa delle poche risorse di cui disponiamo non siamo riusciti a mantenere il target che ci siamo prefissati nei tempi.

Come vi finanziate?
Abbiamo iniziato con un gruppo di contribuzione ma in seguito abbiamo realizzato che si trattava di una grande impresa. Così abbiamo realizzato una campagna di raccolta fondi, ma si è rivelato uno strumento troppo lento per procedere. Un fattore quello della lentezza che ci fa avere un basso impatto sull’ambiente contrariamente alle nostre previsioni.

Come volete procedere per andare avanti? State pensando a degli strumenti alternativi?
Sto valutando attività legate all’ecoturismo. Questo ci può aiutare ad avere un guadagno sul posto e a portare avanti il nostro progetto. La sfida che sto provando a cogliere è anche partecipare a delle sovvenzioni. Ma è molto difficile e lungo partecipare a questi progetti. I tempi sono importanti per raggiungere il successo della iniziativa.

Cooperate con realtà industriali, anche straniere, sul posto? Oppure con realtà istituzionali come l’Onu e altre?
Al momento no.

Vorreste contattarli? Se poteste parlare con loro cosa gli chiedereste?
Si, certamente. Chiederei loro un supporto finanziario.

Avete nuovi progetti in incubazione?
L’ecoturismo è il progetto che vorremmo lanciare. Può diventare un trampolino per altre iniziative sostenibili collegate al nostro lavoro.

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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.