Con questa affermazione Kumi Naidoo, Direttore esecutivo di Greenpeace International, commenta la chiusura dei negoziati di Parigi sottolineando come questo sia il primo step di un accordo che adesso è da “mettere in funzione”
Diverse le note stampa che in queste ore stanno facendo il giro del web. Il senso di vittoria per il clima e per l’ambiente si respira ovunque al termine di negoziati difficili tenutisi per COP 21 a Parigi. La discussione è durata un giorno in più del previsto e, come dire “a buon rendere”, i delegati hanno tenuto duro e le diverse esigenze hanno trovato una forma. Per dirla con le parole di Kumi Naidoo, Direttore esecutivo di Greenpeace International, “la ruota per il clima entra in azione lentamente”, sottolineando come questo sia solo il primo step di un accordo che adesso è da “mettere in funzione”.
Nonostante questo, l’intesa presenta delle zone di ombra che stanno già venendo fuori. Ad esempio, si definisce vincolante ed ha l’obiettivo di mantenere la soglia dell’aumento di temperatura al di sotto degli auspicati 2°C puntando addirittura all’obiettivo del 1,5°C (art.2), ma non sono previste sanzioni. Certamente c’è un allentamento sulla questione deforestazione e una netta distinzione di ruoli e parti rispetto alle regole del clima.
Sono poste delle differenze nella partecipazione dei diversi Paesi facendo dei distinguo in base allo stato di sviluppo degli stessi. Rispettivamente per i Paesi sviluppati (a cui spettano “obiettivi di riduzione”), in via di sviluppo (cui si richiedono “sforzi di mitigazione”) e particolarmente vulnerabili. Sono stati utilizzati tre termini diversi nell’indicare le diverse responsabilità: “devono”, “dovrebbero” e “possono”. Previsto inoltre un aggiornamento periodico delle strategie di adattamento intraprese e chiarito il ruolo degli Intended Nationally Determined Contributions (INDCs) nella comunicazione di tali strategie.
A questo si aggiunge la richiesta di stesura di piani operativi e la necessità di un confronto costante, per cui il primo appuntamento “Global Stocktake” è fissato per il 2023.
A questo si sommano le perplessità che diversa stampa presenta sull’uso dello stato di emergenza in cui verteva la Francia per “reprimere” le possibilità di manifestazioni ambientaliste sul clima. Un accordo tra luci e ombre, ma comunque un accordo storico.
Il testo è visionabile sulla pagina di Italia Clima che giornalmente ha prodotto bollettini sullo stato della conferenza di Parigi.
Vedi le premesse Italiane all’accordo sul settimanale e7 del Gruppo editoriale.
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