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Greenpeace su piattaforma Prezioso. Immagine di archivio

In Italia “una legge, analoga a quelle approvate in Francia e, recentemente in Danimarca (uno dei maggiori produttori di petrolio della UE) che stabilisca un chiaro termine ultimo, coerente con l’obiettivo europeo del conseguimento della neutralità climatica entro il 2050, di validità delle concessioni per l’estrazione degli idrocarburi e che preveda, di conseguenza, un fermo delle autorizzazioni per le attività di ricerca e prospezione degli idrocarburi”. Così in una nota stampa congiunta Greenpeace Italia, Legambiente e Wwf che evidenziano quanto la miniproroga di sette mesi, da febbraio a fine settembre 2021, della scadenza per l’approvazione definitiva del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai) non risolva il problema delle trivellazioni nel Paese.

Stop a ricerca ed estrazione idrocarburi: la proposta delle associazioni

Il Parlamento, in attesa del voto definitivo sul decreto Milleproroghe, in esame all’Aula della Camera, “sottovaluta gli impegni sulla decarbonizzazione assunti con l’Europa dal nostro Paese, insieme agli altri stati membri della UE”, proseguono le associazioni ambientaliste in nota stampa. L’approvazione del Piano delle aree idonee, che comprende la programmazione delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale, dovrebbe prevedere la limitazione delle aree per la prospezione ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi, a mare e a terra”, proseguono, e vietare l’autorizzazione di nuovi progetti, in quanto “sarebbero comunque fuori tempo massimo all’interno di un piano serio di decarbonizzazione”. 

Il settore dell’estrazione di gas e petrolio sul territorio nazionale, proseguono le associazioni, “sopravvive artificiosamente per i numerosi incentivi, sovvenzioni e esenzioni che lo tengono forzosamente in vita”. Invece, la creazione di una filiera economica derivante da smantellamento, bonifica, recupero e riuso dei materiali delle piattaforme e dei pozzi a terra e a mare comporterebbe importanti vantaggi economici. Questo alla luce dell’esistenza, provata dalle associazioni insieme al ministero per lo Sviluppo economico, di almeno 34 piattaforme nel 2018 solo nell’Adriatico.

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