La sorveglianza ambientale delle acque reflue è un campanello d’allarme nella prevenzione delle malattie infettive, Covid-19 incluso. L’analisi dei virus rilasciati dall’organismo umano infetto, sotto forma di urina o feci, è più veloce della sorveglianza clinica. “Il 28 febbraio la Protezione civile ha parlato dei primi casi a Milano. Il 21 febbraio abbiamo avuto le nostre conferme”, ha spiegato Giuseppina La Rosa, del dipartimento Ambiente e salute dell’Istituto superiore di sanità, durante il webinar “Covid-19: sicurezza del ciclo idrico integrato e prospettive di ricerca” promosso dall’Iss e dal Cnr-Irsa (18 maggio 2020). I primi ritrovamenti in Italia di materiale genetico di Sars-Cov-2 nelle acque di scarico sono dunque antecedenti ai dati ufficiali del governo. Questo perché i virus presenti nelle acque reflue sono collettati nella rete fognaria e corrono all’impianto di depurazione.

L’impianto di depurazione “potrà diventare un punto di osservazione permanente dei patogeni”, ha proseguito La Rosa. Il loro presidio potrebbe garantire una risposta sanitaria efficace sia per la tutela dell’approvvigionamento idro-potabile di famiglie e comunità sia per la garanzia dell’igiene personale nei luoghi di cura e negli ambienti di vita e di lavoro. Si potrebbero individuare fuoriuscite di contaminanti o, al contrario, la permanenza di altri – anche farmaci o pesticidi – che sviluppano una sorta di resistenza.

I risvolti sono interessanti sia dal punto di vista ambientale che da quello eco-tossicologico. A differenza della sorveglianza clinica, quella ambientale consente di “monitorare un gruppo di individui”, ha proseguito La Rosa. Un elemento strategico considerato che alcuni impianti servono anche 1 milione di abitanti. Inoltre, nel periodo epidemico, come quello attuale, può offrire uno specchio della circolazione geografica del virus, tra regioni diverse o all’interno della stessa regione. Nel periodo pre-epidemico può costituire un early warning.

sorveglianza ambientale

In Italia acque sicure

“Le nostre acque potabili sono sicure”, ha garantito Luca Lucentini, anche lui del dipartimento Ambiente e salute dell’Iss. “Escludiamo che le acque reflue trattengano gli agenti patogeni”, ha proseguito, “e quelle che subiscono il trattamento sono sicure”. Cioè i reflui in ingresso negli impianti di trattamento possono essere contaminati ma nella maggior parte dei casi l’Rna virale viene eliminato con i processi depurativi. C’è da temere per quelle che Lucentini definisce “alcune aree critiche” ossia i luoghi serviti da impianti non a norma.

A conferma della sicurezza delle nostre acque, la virologa Maria Rita Gismondo, dell’Asst Fatebenefratelli Sacco, ha portato i risultati di una ricerca condotta in un’area compresa tra Milano e Monza con due milioni di abitanti. Sono state campionate le acque del Lambro e del Lambro Meridionale, i recettori di scarico delle aree urbane servite da tre depuratori, tutti dotati di sistemi avanzati di trattamento. “Nel primo campione del 14 aprile gran parte dei reflui in entrata è risultato positivo all’Rna del Sars-Cov-2 e gran parte di quelli in uscita è risultato negativo”. Il 22 aprile la percentuale di positività al virus è risultata più bassa. In tutti i casi, ha evidenziato, la Gismondo, c’era “assenza di patogenicità”.

Le aziende del settore, ha ricordato Tania Tellini, coordinatrice delle attività del settore Acqua di Utilitalia, “effettuano migliaia di controlli giornalieri sulla qualità dell’acqua sia prelevata che restituita all’ambiente”. “Migliaia i controlli realizzati sulle acque reflue e ancora maggiore su quelle potabili, dove il numero complessivo di campionamenti effettuati dai gestori rappresenta il 178% in più delle analisi rispetto al minimo che sarebbe richiesto”. Dunque, “le acque potabili sono sicure rispetto alla trasmissione del coronavirus e, grazie agli impianti e alle tecnologie già in essere, le acque correttamente depurate possono tornare ad essere restituite all’ambiente senza rischi”.

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Analisi concentrazione Covid-19

Il campionamento e i metodi di analisi di concentrazione del Covid-19 adoperati in Italia hanno rispettato le indicazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, creando però delle alternative. In generale, spiega Marcello Iaconelli, dipartimento Ambiente e salute dell’Iss, “il campione è stato prelevato dagli operai all’ingresso dell’impianto di depurazione, subito dopo la grigliatura”. È stato poi congelato e inviato con corriere espresso o, quando possibile, ritirato in sede. Si sono così compiuti i primi passi per una standardizzazione dei risultati. Come si è fatto per il ceppo ad alta patogenicità si farà anche per quello a bassa patogenicità, al momento in circolazione.

Luce sulla sorveglianza ambientale acque reflue

Volendo vedere un aspetto positivo, “il Covid-19 ha acceso i riflettori sulla presenza dei virus nell’ambiente”, ha affermato Anna Laura Carducci, dipartimento di Biologia – laboratorio di Igiene e virologia ambientale dell’università di Pisa e membro della task force Ambiente e salute del ministero della Salute. “È importante considerare l’agente patogeno nel piano di prevenzione delle acque”, ha commentato, e definire “cosa significa trovare un virus nell’acqua e qual è il rapporto tra l’infettività virale e le copie genomiche”. Così da stabilire “livelli critici e livelli di abbattimento per la tutela della salute umana”.

Monitoraggio di lungo corso

L’attività dell’Iss “di monitoraggio degli agenti patogeni presenti nelle acque reflue” è più che decennale, ha spiegato Lucia Bonadonna, del dipartimento Ambiente e salute dell’Iss. La sorveglianza ambientale delle acque reflue, ha precisato, si faceva già negli anni ‘40 con la poliomielite. L’Istituto ha creato una vera e propria banca dati con 1.700 campioni di reflui urbani contenenti virus più ‘classici’ a trasmissione orofecale, come l’epatite e la gastroenterite, o quelli non enterici, come il papilloma virus o il polioma virus, o quelli respiratori. Difatti, l’acqua che arriva nelle fogne è una “miscela complessa” che si può semplificare “usando tecniche differenti di marcatori non trattati”, spiega Sara Castiglioni, ricercatrice all’istituto Mario Negri di Milano. Solo così elenca informazioni utili sull’uso di nicotina, farmaci, alcol e anche droghe. “Questi biomarcatori offrono un’analisi della salute della popolazione”. L’epidemiologia delle acque reflue ha il “vantaggio di produrre stime oggettive e rapide, con informazioni quantitative e qualitative”. E può integrare i risultati dei questionari alla popolazione e degli studi di monitoraggio.

Nuovo progetto per standardizzazione dati

“L’Italia è la prima che si muove guardando alla gestione dell’acqua e ad altri servizi igienici per individuare possibili focolai della Fase 2, per i quali bisognerà aspettare da oggi 15 giorni”, ha precisato Luigi Bertinato, responsabile della segreteria scientifica della presidenza dell’Istituto superiore di sanità. Per confermare il suo ruolo di leadership, propone un progetto di sorveglianza nazionale che riunisca l’Iss, le Arpa e il Snpa, le Università, soggetti pubblici e privati nell’elaborazione di un protocollo condiviso di dati omogenei e confrontabili. Tra giugno e luglio il progetto sarà formalizzato per partire a settembre. Potrà avvalersi della neonata rete europea di monitoraggio delle acque reflue. E potrà contare, si spera, sulla direttiva europea sull’acqua potabile che dovrebbe essere emanata nel 2020, l’anno del Covid-19.

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