L’EGE scioglie i “nodi” dell’energia

Efficienza CopLaureatosi in Ingegneria Meccanica, indirizzo Energia, presso l’Università degli studi di Perugia, Enrico Caini ha subito iniziato a lavorare in ambito energetico ricoprendo, tra gli altri, il ruolo di affiancamento nella progettazione termotecnica e analisi di fattibilità e progettazione di impianti di cogenerazione. Dal 2003 opera come libero professionista, attività intervallata da un’esperienza come docente di “Discipline Meccaniche” presso IPSIA dell’istituto Rosselli di Castiglion Del Lago. Nel 2014 è diventato Esperto in Gestione dell’Energia secondo UNI CEI11339 certificato da SECEM per il settore industriale e civile.

Nella sua esperienza di consulente esterno quali sono i vantaggi derivanti dall’attuazione di interventi di efficientamento energetico?

La realtà nella quale opero principalmente è quella della PMI e i benefici diversi da quello legato al costo dei vettori energetici raramente sono presi in considerazione sia nella fase di valutazione dell’investimento, sia a valle dell’intervento. La diagnosi accurata in ciascuna delle fasi che compongono l’azienda è indubbiamente lo strumento fondamentale per assicurare il successo di un intervento di efficientamento. In alcune realtà risulta fondamentale concentrare gli sforzi sulla misura dei vettori energetici, poiché vi è una conoscenza sommaria dell’energia impiegata, spesso perché questa non ha un peso rilevante nel costo di produzione. Quando, invece, il costo energetico ha un peso rilevante sul costo finale del prodotto o del servizio ho notato che la conoscenza degli impieghi energetici è veramente approfondita e il monitoraggio è già spinto. In questi casi, gran parte delle azioni “standard” di efficientamento sono già state implementate e gli interventi sono attuabili acquisendo la conoscenza tecnica e tecnologica approfondita del processo e supportando l’impresa nell’accesso agli strumenti di sostegno ancora a loro poco chiari.

Quale impatto economico hanno avuto sul bilancio queste attività?

In generale gli interventi realizzati in fase di progetto e finora monitorati hanno avuto tempi di ritorno contenuti, dell’ordine al massimo di 4 anni.

Crede che le aziende con le quali ha collaborato svilupperanno nuove opportunità di investimento in termini di efficienza energetica?

L’unico motore per i miei clienti è la redditività dell’intervento: nessuno agisce per filosofia o per curare l’immagine derivante da una gestione energetica efficiente. Il costo unitario dell’energia è tra i più alti d’Europa ed è già uno stimolo sufficiente ad usare l’energia in modo razionale e quindi efficiente. A mio parere la sensibilizzazione ad un uso razionale dell’energia deve essere fatta verso altri soggetti, organismi, enti o organizzazioni, per i quali l’elevato costo dell’energia non li rappresenti un elevato coinvolgimento diretto o almeno non ne determini la sopravvivenza. Infine, credo che gli obblighi normativi non siano lo strumento più efficace per indurre ad un uso razionale dell’energia, soprattutto quando talune disposizioni non sono il frutto di una strategia chiara e vengono indebolite in vari modi.
Mi riferisco ad esempio all’obbligo di diagnosi per grandi imprese ed energivori: il fatto che il Ministero ed ENEA, ai fini della rispondenza della diagnosi, ammettano che gli indicatori risultanti e le valutazioni energetiche possano essere fatte senza misurazioni in campo, ma riferendosi anche solo alle misure dei contatori di consegna dei vettori. Per questo mi domando quale affidabilità potrà mai avere quella mole di informazioni che ENEA riceverà il 6 dicembre se queste proverranno da stime variamente calcolate, fatte sulle ore di funzionamento e sulla potenza nominale delle macchine. In secondo luogo quale valenza potrà dare un decisore a delle proposte di efficientamento basate su stime degli impieghi così grossolane e, magari, da tecnici che si stanno avvicinando adesso in un mondo complesso come quello dell’energia nell’industria.
Il risultato di tali disposizioni è che si è certamente abbassato il costo della diagnosi per l’impresa, ma si è ridotta la valenza, tanto che per la gran parte delle imprese la diagnosi rappresenterà solo un costo, basso, ma solo un costo.

Con quali fondi sono stati realizzati questi progetti?

Per alcuni sono stati utilizzati strumenti di sostegno come i certificati bianchi o il conto termico; ai fondi europei ha ricorso una PA per l’installazione di un cogeneratore.

Come può un EGE consulente esterno inserirsi nella pianificazione di queste misure per l’efficienza?

Vi è una sola modalità per sensibilizzare le aziende ad un uso razionale dell’energia: le azioni proposte devono avere un adeguato ritorno dell’investimento, valutando con chiarezza e affidabilità tutte le implicazioni che un ipotetico intervento in efficienza determina.

Il quadro normativo in tema di efficienza energetica risulta chiaro e completo?

Il quadro normativo è molto complesso, ma anche la materia lo è; in particolare sono complicate la varietà delle applicazioni e dei settori nei quali l’energia ha un impatto rilevante. Una semplificazione sarebbe auspicabile. A mio parere sarebbe prioritario che il quadro normativo e le azioni messe in campo rispecchiassero una chiarezza di intenti, un processo decisionale ragionato, coerente, univoco, stabile e non, come talvolta appare in Italia, il prodotto arruffato di una serie di imposizioni o la ratifica poco convinta di decisioni prese in altre sedi.

Studiare da EGE: quanto conta la formazione?

A mio parere l’EGE non è un titolo da raggiungere solo con un percorso di studi, ma è un riconoscimento oggettivo del possesso simultaneo di approfondite conoscenze teoriche, di rilevanti esperienze operative e delle necessarie competenze gestionali ai fini di un impiego efficiente dell’energia. Per l’importanza, la rilevanza, la complessità del settore di cui parliamo credo che l’aspetto più importante che questa figura debba garantire sia la formazione di base. L’esperto in gestione dell’energia inteso nell’accezione completa della UNI 11339, dovrebbe essere a mio parere un’esclusiva prerogativa dell’ingegnere, peraltro valutando specificatamente il percorso accademico con il superamento di esami imprescindibili, in relazione al settore di interesse, civile o industriale. Credo poi che l’esperienza in campo abbia un peso importante, soprattutto per operare nel settore industriale, mentre per il civile, specializzato per la PA, le capacità gestionali e le competenze amministrative, in parte anche giuridiche, sono un requisito essenziale.

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