La Sardegna al 100% green è ancora un potenziale inespresso

Il web in air: “Sardegna Rinnovabile: obiettivo zero emissioni di carbonio. Comunità energetiche e salto tecnologico verso la transizione 100% green”

Sardegna Rinnovabile è un’alleanza nata sull’onda del fatto che ci sono molti progetti per la metanizzazione della Sardegna, pur sapendo che la ricchezza dell’isola risiede nelle rinnovabili, sia come sole che come vento. Naturalmente, le rinnovabili vanno inserite bene nel territorio perché hanno potenzialità enormi. Vogliamo che la Sardegna faccia più passi verso il futuro e non verso il ‘900, perché ovviamente le energie rinnovabili sono una grande opportunità sia a livello occupazionale che per lo sviluppo sostenibile, di cui la Sardegna ha molto bisogno”. Così apre il confronto dell’alleanza Sardegna Rinnovabile per promuovere il potenziale green dell’isola, nel web in air del 24 marzo, la moderatrice Maria Grazia Midulla – responsabile clima e energia del Wwf Italia.

L’Alleanza Sardegna Rinnovabile”, composta dalle maggiori associazioni ambientaliste (Wwf, Greenpeace, Legambiente, Kyoto Club) promuove e sostiene lo sviluppo a carbonio zero della Sardegna.

Testimone d’eccezione del progetto, Paolo Fresu, trombettista di fama internazionale, che rivela di non aver avuto dubbi ad accettare di diventarlo: “Il Festival jazz di Berchidda, Time in Jazz, da me fondato, è una manifestazione che coinvolge 20 Comuni e mette il rispetto ambientale al centro, con massimo riguardo per l’impatto che il Festival ha sul territorio, data l’affluenza di persone a livello internazionale e i luoghi in cui suoniamo. Quest’anno Time in Jazz avrà luogo tra il 7 e il 16 agosto per dare comunque un segnale positivo e importante, per dire che ci dobbiamo essere, ovviamente osservando tutte le regole del caso. Sono ben felice di essere presente a questo incontro e mi renderò a disposizione come testimone sul tema”, conclude.

La visione dei protagonisti dell’Alleanza: Greenpeace Italia, Kyoto Club, Wwf e Legambiente

Dall’analisi di Greenpeace Italia emerge che la Sardegna ha il 28% di potenziale tecnico eolico e il 18% di quello solare, ovviamente si parla di potenziale massimo utilizzabile con i limiti territoriali, ma ciò significa che la Sardegna è in una situazione ottimale e potrebbe diventare un paradigma per altre regioni.

“Ho fatto campagne in Sardegna contro il carbone e per le rinnovabili, sapendo che l’analisi tecnica ci conferma che, se c’è una regione in cui il potenziale tecnico delle rinnovabili è impressionante, quella è la Sardegna”, afferma Giuseppe Onufrio direttore esecutivo Greenpeace Italia. “L’isola è nelle condizioni migliori, ma bisogna fare un lavoro culturale con i sardi, per far capire che le vecchie servitù industriali e modalità di produzione non hanno più senso di esistere. La necessità storica è di virare dalle fossili alle rinnovabili. Le fossili sono anche ingiuste perché non sono per tutti, mentre le rinnovabili si possono distribuire perché i costi sono diminuiti”. “Le rinnovabili”, continua Onufrio, “non necessitano di acqua, questo rende possibile lo sviluppo ad esempio dell’agrovoltaico. Il futuro è una miscela particolare: legati sì alla tradizione, ma con innovazione tecnologica, passando alla tecnologia ad alta intensità di lavoro e non più di capitale. Le diverse iniziative devono dare un’immagine di una Sardegna sostenibile. Le nuove strade che devono trovare spazio avranno il nostro appoggio, ma bisogna vincere certe resistenze, verso l’eolico ad esempio, è la politica a dover mediare e ridistribuire i benefici”.

“Un modo per rispondere alla crisi sociale è attraverso le rinnovabili e l’economia circolarespiega Francesco Ferrante di Kyoto Club che conferma la tendenza a rimanere ancorati a modalità di produzione non più sostenibili dal punto di vista ambientale. “La sfida della decarbonizzazione che si regge sulle rinnovabili deve essere coerente, la minaccia climatica oramai è il presente. La Sardegna da questo punto di vista, potrebbe realmente diventare una best practice internazionale e puntare ad essere 100% rinnovabile. Sulcis e Alcoa sono questioni che ci hanno accompagnato negli ultimi decenni, senza ricevere una risposta positiva. Sono stati impianti tenuti in vita senza poterci rimanere e non si è mai pensato ad una transizione degna di questo nome. Purtroppo, oltre alla problematica occupazionale, il fenomeno della sindrome Nimby ha coinvolto anche le rinnovabili”.

Carmelo Spada delegato WWF Sardegna aggiunge: “purtroppo l’80% della produzione elettrica isolana deriva da fonte fossile e il 34% da rinnovabili, bisogna riequilibrare questo divario. Il cittadino al giorno d’oggi può incidere, non siamo più soggetti passivi, bensì consapevoli. In un sondaggio che abbiamo fatto, l’86% dei sardi è a favore delle rinnovabili, solo il 9% è a favore del gas, tecnologia oramai vecchia e sorpassata”.

A proposito della proattività dei cittadini, Spada ci riporta un’altra esperienza nata dal basso: il reddito energetico.

Il comune di Porto Torres, che si trova all’interno di un Sin (Sito di interesse nazionale), ovvero un sito che deve essere bonificato perché altamente inquinato, ha vissuto l’esperienza del reddito energetico. Questo consiste in un sistema di autofinanziamento, che riduce il consumo di combustibili fossili attraverso la promozione dello sviluppo del fotovoltaico e allo stesso tempo aiuta le famiglie con difficoltà economiche a sostenere i costi dell’energia elettrica. Sono stati installati in 40 condomini impianti fotovoltaici pagati dal Comune e l’energia prodotta viene scambiata tra i Comuni. Dopo un anno, grazie alla produzione di energia rinnovabile da questi impianti, la bolletta di un condominio è passata da 350 a 145 euro, riducendosi drasticamente. La Sardegna con questo tipo di iniziative è già in pieno futuro”.

Vincenzo Tiana responsabile comitato scientifico Legambiente Sardegna, sottolinea come sia un dovere quello di integrare le rinnovabili nel paesaggio attraverso un progetto complessivo, rendendo protagoniste le comunità. Solo così la sindrome Nimby da rinnovabili potrà essere superata, ma il tutto deve essere accompagnato da comunicazione e programmazione, sottolineando però come “Le rinnovabili, ancora oggi, non trovano un’accoglienza festosa nei comuni. In Sardegna, dal 2012 non si inaugura più un impianto eolico”, auspicando una programmazione ed una spiegazione ai territori. L’alleanza renderà protagonisti i sindaci, i quali devono chiedere alla Regione di essere tenuti in considerazione”. Per far questo serve “un salto culturale: le centrali termoelettriche di Fiume Santo e di Portoscuso devono chiudere, non c’è altra via, nonostante i sindacati stiano procrastinando l’evento”. 

La parola alla politica: la viceministra allo sviluppo economico Alessandra Todde evidenzia le criticità della Sardegna

todde a sardegna rinnovabile
Viceministra Alessandra Todde

La viceministra allo sviluppo economico, Alessandra Todde, ribadisce che: “Bisogna avere un piano per la Sardegna, questo è il tema fondamentale, non c’è nessuna demonizzazione, ma alcuni tipi di combustibile creano oggettivamente un danno all’ambiente. Servono un giusto mix energetico e bassi impatti, essendo competitivi, e questo mix non è stato fatto. Per me è importante esaminare questa mancanza di pianificazione alla luce del Recovery: io sento molto il fatto che ci debba essere coscienza delle possibilità economiche ed occupazionali”.

Se parliamo di accesso al gas, ad esempio, la viceministra Todde parla del fatto di non fare necessariamente infrastrutture fisse, ma pensare a come servire il civile non energivoro in altro modo, usando le rinnovabili. Anche quando si parla di rinnovabili però, si deve trovare un metodo di compensazione per le comunità ed una buona soluzione in questo senso, e una produzione che ricada sui territori. “Il tema dell’eolico offshore, afferma, potrebbe essere una soluzione, ma noi dovremmo usare quelli galleggianti perché in Sardegna ci sono alti fondali, non sono bassi come quelli del Nord Europa”.

“Fondamentale è ragionare in termini di sistema, continua, non di singolo progetto. La rete elettrica sarda è obsoleta e gli investimenti sulla rete elettrica devono andare di pari passo ai progetti contemplati. Pertanto, alla Sardegna manca: in primo luogo una pianificazione in quanto i diversi aspetti vanno visti in maniera integrata, in secondo luogo, degli investimenti infrastrutturali giusti e accompagnati da tanta informazione. Penso alla dorsale sarda del gas, non mi spaventa la struttura in sé, ma la totale assenza di un progetto: chi doveva servirsene? Si è pensato prima al tubo da costruire e non a tutto ciò che serve attorno per farlo funzionare”.

Oltre all’assenza di una pianificazione, informazione e di investimenti infrastrutturali, la viceministra Todde, rileva un’altra carenza, che fa comunque parte delle scelte lungimiranti da fare: “occuparsi adesso di semplificare le procedure, l’imperativo è progettare e realizzare le cose in tempi brevi, perché stiamo morendo di attuazione! Dobbiamo inoltre, spingere la regione Sardegna a dirci che progetto ha in mente e ad aprire il dibattito, ora assente, bisogna spiegare ed informare, perché se tutti adottassimo nuove abitudini, si risparmierebbe. La viceministra Todde dichiara che si impegnerà per il futuro ad occuparsi della filiera: “perché, afferma, sta a noi avere delle filiere nazionali”.

 

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Professionista delle Relazioni Esterne, Comunicazione e Ufficio Stampa, si occupa di energia e sostenibilità con un occhio di riguardo alla moda sostenibile e ai progetti energetici di cooperazione allo sviluppo. Possiede una solida conoscenza del mondo consumerista a tutto tondo, del quale si è occupata negli ultimi anni.