finanzaI cambiamenti climatici entrano a gamba tesa nella valutazione dei rischi finanziari. Parte il progetto che vuole definire il ruolo centrale delle banche, promosso dall’International network for sustainable financial policy insights, research and exchange attraverso un research grant che impegna i ricercatori provenienti da Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, Istituto di economia della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, Rff-Cmcc european institute on economics (Milano), università Bocconi e Politecnico di Milano.

Cambiamenti climatici e rischi finanziari: il progetto

I ricercatori dovranno capire come banche centrali e governi possano co-gestire le conseguenze del cambiamento climatico e della transizione verde per il mondo della finanza e per le dinamiche macroeconomiche. Questo per sopperire alla mancanza di “modelli in grado di offrire valutazioni integrate” dei rischi, che aiuterebbero a “testare quali meccanismi di politica fiscale e monetaria siano necessari per gestirli”, spiega in una nota stampa Francesco Lamperti, a capo del progetto e ricercatore presso l’Istituto di economia e il dipartimento di eccellenza EMbeds (Economics and management in the era of data science) della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, e scientist presso l’Rff.

Le due classi di rischio

Due le classi di rischio prevalenti citati da Lamperti: “Una è legata agli impatti fisici: si pensi alle perdite di valore degli immobili a causa di inondazioni o uragani, un’altra riguarda le instabilità che la transizione stessa può creare, soprattutto in settori altamente finanziarizzati come quelli ancora dipendenti in maniera massiccia dal carbone”. Nel corso dell’anno del progetto si punterà a sviluppare, appunto, “un nuovo modello macroeconomico, capace di analizzare sia i rischi fisici che quelli di transizione, finora analizzati in maniera disgiunta dalla letteratura, per il sistema finanziario globale”.

In particolare, conclude Lamperti in nota, “cercheremo di capire come la politica fiscale, la politica monetaria e quella macroprudenziale possano interagire in maniera sinergica per garantire una transizione rapida e ordinata verso un’economia a zero emissioni entro il 2050”.

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