Il problema dei cosiddetti “inquinanti emergenti”, come i Pfas, riguarda l’intero territorio nazionale ed europeo. Nel nostro Paese, la presenza di queste sostanze ha riguardato in particolare alcune province del Veneto, ma interessa anche altre aree. Concentrazioni particolarmente significative si rilevano, infatti, soprattutto nei bacini idrografici caratterizzati dalla presenza di impianti fluorochimici.
Per questo, il monitoraggio delle acque destinate al consumo umano richiede controlli sempre più rigidi, ma anche impianti avanzati di filtrazione, sia a livello industriale che municipale e domestico.

La legislazione attualmente in vigore in Italia – il D.Lgs 31/2001 – non indica ancora un limite per gli inquinanti emergenti. A livello comunitario, invece, la normativa è appena stata aggiornata: lo scorso gennaio è entrata in vigore la nuova Direttiva UE 2020/2184, che garantisce controlli ancora più rigidi sulla qualità dell’acqua e introduce valori limite per i Pfas.

Ma perché è così importante monitorare i Pfas? Facciamo chiarezza.

Pfas: cosa sono e come si diffondono?

I Pfas, chiamati anche perfluorati, sono una famiglia di sostanze molto utilizzate nell’industria. Questi inquinanti sono altamente idrosolubili e dunque ampiamente presenti nell’acqua. In ambito industriale, se i processi di lavorazione e i successivi scarichi non vengono accuratamente monitorati, i Pfas possono filtrare nelle acque sotterranee, inquinando così le falde e, di conseguenza, contaminando la catena alimentare.

La nuova Direttiva UE

Oltre a limiti ancora più stringenti per gli inquinanti già regolamentati, la Direttiva UE inserisce due nuovi parametri: Pfas totali (limite 0,5 mg/L) e somma di Pfas (limite 0,1 mg/L). La scadenza per la messa in vigore di tutte le leggi e i provvedimenti amministrativi necessari per la conformità è fissata per il 12 gennaio 2023. Al momento del recepimento della Direttiva, in Italia verrà abrogato l’attuale D.Lgs 31/2001, che sarà sostituito da un nuovo decreto legislativo.

Le soluzioni per eliminare i PFAS

Sia sul fronte municipale e industriale che in ambito domestico è possibile controllare la presenza di queste sostanze ed eliminarle dall’acqua potabile grazie all’impiego di un ampio ventaglio di impianti di filtrazione avanzati.

Il trattamento più utilizzato è la filtrazione a carboni attivi, una soluzione dall’ottimo rapporto costo – risultati. Attraverso un processo chimico-fisico, le molecole di Pfas vengono trattenute sulla superficie del carbone per effetto di legami di natura fisica e chimica. Maggiore la concentrazione dell’inquinante da rimuovere, altrettanto sarà il quantitativo di carbone attivo da utilizzare. Con il passare del tempo, il potere adsorbente del carbone si esaurisce ed è necessario sostituirlo con carbone nuovo o rigenerato.

Anche gli impianti dotati di tecnologia di filtrazione ad osmosi inversa sono in grado di eliminare gli Pfas dall’acqua. Questi sistemi garantiscono la rimozione del 90% degli elementi inquinanti e sono perfetti per adattarsi anche agli spazi più piccoli. Il costo impiantistico è più elevato rispetto ai carboni attivi, ma le membrane filtranti hanno durata significativamente più lunga, garantendo un’azione più costante nel tempo.

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Direttore BU Commerciale Industriale Culligan Italiana, Vice Presidente di Aqua Italia,associazione costruttori impianti e componenti per il trattamento delle acque primarie, civili ed industriali