Il surriscaldamento globale è anche un tema economico

Lo studio del primo anno di attività dell’Osservatorio Climate Finance della School of Management del politecnico di Milano

Il cambiamento climatico è un tema sempre più anche economico. E’ quanto emerge dallo studio del primo anno di attività dell’Osservatorio Climate Finance della School of Management del politecnico di Milano.

Negli ultimi dieci anni un grado in più di temperatura ha determinato una riduzione media di fatturato e redditività per le imprese italiane pari rispettivamente a -5,8% e -3,4% segnala il Polimi. Una proporzione che sembra diretta tra il caldo e l’economia del Sistema Italia stando ai dati del 2018 anno  particolarmente che ha visto mancati ricavi per 133 miliardi di euro, con le maggiori perdite percentuali al Nord Est e al Centro.

Le metriche di analisi derivano da un database che “incrocia le informazioni economico/finanziarie su 1.154.000 imprese in Italia tra il 2009 e il 2018 (22 milioni in Europa) con i dati metereologici di temperatura, piovosità, irraggiamento solare dal 1950 – spiega nella nota Vicenzo Butticè, vicedirettore dell’Osservatorio – per trovare evidenze empiriche solide sul rapporto che lega clima e sistema economico”.

“Ad esempio, l’analisi mostra come un’alluvione possa costare alle aziende del territorio colpito fino al 4% di fatturato e una perdita di valore degli attivi di bilancio di circa lo 0.9%, che sale all’1,9% nel caso di un incendio di vaste proporzioni”, commenta Roberto Bianchini, direttore dell’Osservatorio Climate Finance. “Anche l’emergenza mondiale legata alla pandemia ha contribuito ad aumentare la percezione del rischio, perché ha mostrato come gli attori economici subiscano conseguenze non solo in modo diretto, ma anche indiretto, attraverso i canali della domanda, dell’offerta o della propria catena di approvvigionamento”.

Chi paga il cambiamento climatico sotto il profilo economico

Sono le Pmi le più danneggiate con un -4% in redditività a fronte del -5,3% di fatturato perché meno in grado rispetto le grandi realtà di agire sui costi e sui processi. Le big hanno perso difatti il -14,6% ma hanno contenuto la perdita di marginalità a -3,6%.

A livello geografico ha reagito peggio il Centro Italia (-10,6% di fatturato e -8,5% di Ebitda) e il Nord Est (-10% e -4,2%), però con una maggiore marginalità per le aziende. Il Nord Ovest ha perso redditività (-6,8%) ma non altrettanto di fatturato (-4,5%), mentre il Sud e le Isole hanno risentito poco dei cambiamenti climatici (rispettivamente -1% e -2,3% di Ebitda; -4,3% e -3,1% di fatturato).

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I settori merceologici che più hanno risentito dell’impatto climatico

I settori merceologici hanno reagito diversamente. Il manifatturiero (-5,2% di fatturato e -2,4% di Ebitda) e il retail (-4,5% e -3,1%) sono i settori che si sono meglio difesi, preceduti solo da agricoltura, turismo e trasporti che, scarsamente impattati, hanno contenuto entrambi gli indicatori entro il -3%. Costruzioni (fatturato a -16,2%, Ebitda a -6,8%), finanza (-11,8% e -5,9%), con impatto sia diretto che indiretto attraverso i danni alle imprese clienti, e le estrazioni (-10,4% e -7,6%) . L’information technology, il real estate e la ricerca e innovazione hanno visto lo stesso calo di fatturato (-6,4%) a fronte però di una diminuzione della marginalità ben differente (rispettivamente -6,8%, -4,6% e -3%).

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