“Il contenimento della divergenza tra i costi per il consumatore e il costo di produzione dell’elettricità da fonti rinnovabili” è la sfida che si prospetta agli operatori del settore energia. Nel riprendere i punti principali emersi durante il convegno “La società sostenibile del futuro: il ruolo dell’ingegneria chimica” da questi promosso, l’Associazione italiana di Ingegneria chimica evidenzia, a Canale Energia, come “per un ulteriore sviluppo delle rinnovabili, in linea con i target al 2030 in via di definizione in sede europea”, “le reti elettriche richiederanno pesanti interventi di ammodernamento”.

L’aria di rinnovamento che negli ultimi dieci anni ha soffiato sul sistema produttivo nazionale, portando nel 2018 un picco di produzione da rinnovabili del 35% (dati provvisori), dovrà proseguire. La rete distributiva italiana “così estesa”, con “il doppio dei punti vendita rispetto alla media europea”, potrebbe “essere vista come un vantaggio in un’ottica di multiservizi da riconvertire”, precisa l’Aidic. Nel campo della transizione energetica “è importante capitalizzare quanto oggi abbiamo realizzato” così da riuscire a fronteggiare, da un lato, “l’incremento del costo finale dell’energia, dovuto ai pesanti investimenti sulla decarbonizzazione nel settore elettrico”, e dall’altro la “continua riduzione dei costi di produzione dell’elettricità da fonti rinnovabili”.

La vittoria non sarà semplice e bisognerà fronteggiare “il peso fiscale e tributario” oltre al “crescere dei costi per l’ammodernamento e gestione di reti sempre più complesse e sofisticate”. Gli investimenti utili “potranno provenire da aziende e/o cittadini e i policy makers dovranno sempre più disegnare una strategia e una politica di transizione energetica che siano sostenibili anche sotto il profilo dell’equità sociale”. Pena, avverte l’Aidic, la “creazione di tensioni socio-economiche nel Sistema Paese, come dimostrato dai recenti eventi in Francia dei gilet gialli”.

Il ruolo della bioeconomia

Le biomasse e i processi biosintetici che hanno come catalizzatori enzimi, lieviti, etc in grado di favorire la reazione a bassa temperatura, assumeranno un ruolo sempre più marcato in questo scenario. “La bioeconomia circolare può essere considerato un punto virtuoso di arrivo”, precisa l’Aidic, ma “quello che pensiamo sia molto utile” è una “cabina di regia che aiuti a semplificare la normativa attuale”. L’assetto normativo non è stato disegnato per questo scenario, si pensi alla mancanza del decreto sull’end of waste, eppure continuano a nascere “nuove iniziative di investimento e occupazione” e “posizioni di leadership fondamentali per sviluppi futuri”.

Segno che “l’utilizzo oculato della materia prima rinnovabile”, la convivenza con le coltivazioni per food, la possibilità di “utilizzare terreni incolti o prossimi alla desertificazione con colture a protocolli di coltivazione non intensivi”, in cui è possibile minimizzare l’uso di acqua per irrigazione, sono condizioni ormai essenziali per la ricarbonizzazione dei nostri terreni e la riduzione dell’impatto dei processi produttivi sull’ambiente.

Anche queste azioni hanno bisogno di precise regole protocollari. Un esempio? L’uso del guayule nelle bioraffinerie“Bisogna tener presente che le prime coltivazioni di guayule in Italia risalgono addirittura al periodo di Mussolini che, volendo seguire le iniziative di Firestone negli Usa per la produzione di gomma ad uso militare, aveva anche lui iniziato coltivazioni nella Puglia, forse senza molto rigore scientifico”. Oggi viene coltivata da Versalis in Basilicata e Sicilia adattandola alle condizioni di questi terreni e del nostro clima.

L’innovazione nella bioeconomia – breve specchietto

  • Le biomasse possono essere impiegate nell’accumulo della CO2 in atmosfera
  • La normativa in vigore prevede l’utilizzo del 7% di componenti bio (14% al 2030) nei carburanti tradizionali
  • La raffineria di Venezia è stata la prima ad essere convertita, nel 2006, con la tecnologia Ecofining messa a punto da Eni e Honeywell UOP
  • Dalla pianta di ricino si potrebbe ottenere un olio non edibile e a basso coefficiente Iluc che, compatibilmente con la tecnologia Ecofining, potrebbe rimpiazzare l’olio di palma nell’alimentazione delle bioraffinerie Eni di Venezia e Gela. Sul tema è in corso una sperimentazione nei terreni semidesertici del Nord Africa e
  • Eni sta seguendo uno studio per la realizzazione di un impianto di gasificazione in grado di produrre idrogeno da rifiuti solidi, plastiche non riciclabili e combustibile solido secondario. Il processo intercetta i rifiuti, inviati in discarica o all’estero, e promette emissioni zero di diossine e di gas nocivi.
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