Ricadute positive per il territorio che si traducono in 20 milioni di euro di appalti e nella creazione di nuovi posti di lavoro. Questi sono, come spiega l’ANBI, alcuni dei benefici messi a rischio dallo stallo in cui verte la realizzazione della barriera antisale sul fiume Brenta, nella località balneare veneta di Sottomarina (frazione del comune di Chioggia). Il progetto, sottolinea l’associazione, aveva raccolto dal 2009 il favore, tra gli altri, del Consorzio di Bonifica Adige Euganeo, del Ministero dell’agricoltura, di Regione Veneto, del comune di Chioggia, ma aveva visto l’opposizione dei titolari di alcuni darsenisti, secondo cui la struttura rappresenta un danno per il traffico acqueo. 

Chioggia
grafico della struttura

La vicenda giudiziaria

Nel 2017 il Tribunale delle Acque ha valutato l’opera “compatibile” con le esigenze di navigazione diportistica. A partire dal novembre del 2018 il comune di Chioggia avrebbe dovuto, quindi, dare il via all’iter di espropriazione previsto per far partire i lavori. Tuttavia, come spiega l’ANBI, la il percorso burocratico non è stato ancora avviato.

Un progetto contro la desertificazione

La realizzazione dell’opera, secondo ANBI e il consorzio di bonifica Adige Euganeo, permetterà di proteggere circa 20 mila ettari di terreno agricolo dalla desertificazione dovuta alla risalita del cuneo salino. A seguito di questo processo, infatti, l’acqua del mare penetrerebbe nell’entroterra delle province di Padova e Venezia danneggiando l’acqua dolce del fiume.

Abbiamo approfondito alcuni aspetti del progetto insieme al direttore generale di ANBI, Massimo Gargano e al presidente del consorzio di bonifica Adige, Euganeo Michele Zanato. Ci siamo focalizzati in particolare sul binomio cambiamento climatico – occupazione, analizzando i risvolti che un’opera come questa può generare. Si tratta infatti di un progetto che, secondo l’associazione e il consorzio, abbina in modo proficuo la mitigazione degli effetti del riscaldamento globale a una serie di ricadute positive  per il territorio sul piano economico.

Massimo Gargano – direttore generale di ANBI

Quali sono i vantaggi ambientali legati alla realizzazione dell’opera, in particolare per quanto riguarda il contrasto al cambiamento climatico?

La questione centrale, in questo caso, è il tema dell’intrusione salina dovuta alla pressione esercitata dal mare. Si tratta di un argomento molto complesso, di cui si fa fatica a far comprendere l’importanza. Sono fenomeni che non hanno un effetto visivo immediato, ma che creano danni nel lungo termine. Per questo motivo è importante soffermarsi su alcune tecnicalità, in modo da poter effettuare una valutazione adeguata. Un aspetto fondamentale è, ad esempio, la necessità di garantire il minimo deflusso vitale per il fiume,  ovvero favorire la sua capacità di reggere la forza del mare, che tenderebbe a penetrare nel corso d’acqua. In quest’ottica i cambiamenti climatici determinano, favorendo una situazione di scarsità idrica, rischi enormi.

Di fronte a una situazione di questo tipo si possono avere due diversi atteggiamenti: uno di mera constatazione e un altro più efficace e concreto, volto alla messa in atto di soluzioni mirate. Adottando questa seconda visione, grazie a un lavoro comune e alla sensibilità della politica e delle pubbliche amministrazioni, si deve riuscire a creare consapevolezza sull’impatto negativo della salinizzazione dell’acqua, fenomeno che causa non pochi danni alla fertilità del territorio. Se la problematica non viene affrontata in modo adeguato si viene a pregiudicare la capacità produttiva di un terreno. E questo non solo per l’anno in corso, ma anche per gli anni a venire. Un terreno salato è, infatti, un terreno che non produce, perché inizia ad avere un PH non adeguato alla crescita delle colture. Ciò è un rischio per il paesaggio, ma soprattutto per l’economia agricola.

Progetti di questo tipo, volti ad arginare gli effetti del riscaldamento globale, possono rappresentare anche un’opportunità a livello occupazionale?

Da qualche anno cito, su questo tema, uno studio dell’Università di Viterbo. Dalla ricerca è emerso che, per ogni milione di euro speso in attività per il controllo e il contrasto alle conseguenze del cambiamento climatico, del dissesto idrogeologico o  della siccità, si creano 5 posti di lavoro a tempo indeterminato. Ci fa piacere sottolineare questo dato per far comprendere, anche da un altro punto di vista, i vantaggi legati al progetto della barriera sul Brenta.

In generale, al di là di questo caso specifico, il binomio rappresentato da progetti di questo tipo e dal potenziale vantaggio occupazionale per un territorio è un tema su cui c’è consapevolezza?

È un tema che, purtroppo, ha il difetto, comune a tutti i progetti di questo tipo, di manifestare i suoi benefici in tempi medio lunghi. La ricerca del consenso invece impone purtroppo tempi brevissimi.

Euganeo Michele Zanato, presidente del Consorzio di Bonifica Adige

In concreto per il territorio quali saranno i risvolti positivi in ambito ambientale, in particolare in ottica di contrasto al climate change?

Il progetto ha tra i suoi elementi caratterizzanti la mitigazione degli effetti negativi causati dal cambiamento climatico. E’ un’iniziativa che prevedeva già anni fa l’impatto di questo fenomeno sul territorio. Grazie alla barriera sul Brenta, infatti, 20 mila ettari di terreno non rischierebbero più la desertificazione. Durante le stagioni invernali o estive troppo siccitose, la risalita del cuneo salino potrebbe infatti distruggere migliaia di ettari di suolo. Una volta che dalle falde affiora il sale, si creano dei danni al suolo che possono perdurare per periodi di tempo molto lunghi, anche fino a 10 anni. Ben si comprende quindi come la realizzazione del progetto abbia dei risvolti positivi sia in termini di impatto economico sia in termini di impatto ambientale. Le categorie economico produttive del territorio sono con noi.

Può dare un’idea dell’impatto occupazionale stimato legato al progetto ?

Stiamo parlando di risorse pari a 20 milioni di euro di appalti, una cifra elevata per un piccolo territorio come quello destinato a ospitare l’opera. E’ un progetto che porterà certamente vantaggi sul piano occupazionale. In generale iniziative come queste fanno girare l’economia, rappresentando un vantaggio per il territorio. Basti pensare allo sviluppo delle aziende agricole locali, alla possibilità di favorire investimenti e alla possibilità di evitare  che i residenti, per lo più i giovani, abbandonino un territorio caratterizzato da un suolo danneggiato dalla presenza di sale, e quindi improduttivo. La barriera è un’iniziativa virtuosa che abbina in modo proficuo lotta al cambiamento climatico, valorizzazione del territorio e promozione dell’occupazione.

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Giornalista professionista e videomaker con esperienze in diverse agenzie di stampa e testate web. Laurea specialistica in Filosofia, master in giornalismo multimediale.