Greenwashing, l’Europa guarda oltre i confini

  • La transizione verde porta nuove opportunità di lavoro e di business ma svela anche alcuni lati oscuri.
  • Non mancano i tentativi di greenwashing, cioè di finte azioni verso la sostenibilità da parte delle aziende.
  • Iniziative che l’Europa sta cercando di smascherare sempre di più con il nuovo regolamento europeo di rendicontazione del 10 novembre

    green washing
    Foto di Lisa Baird da Pixabay

Greenwashing letteralmente lavaggio di verde non è un moderno richiamo manzoniano allo sciacquarsi i panni in Arno ma un’azione sanzionata in Italia dall’Antitrust, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato come pubblicità ingannevole.

Un fenomeno di cui si teme molto gli effetti contro la transizione verde visto anche il quanto emerso da uno studio del 2020 della Commissione europea, Direzione generale della Giustizia e dei consumatori, da cui è emerso che solo il 70% delle imprese europee sostiene le norme di due diligence a livello dell’UE.

Le nuove norme europee contro il greenwashing

Il Parlamento europeo è corso ai ripari e lo scorso 10 novembre ha approvato nuove norme per obbligare sempre di più le aziende a rendicontare con chiarezza le loro azioni per la sostenibilità. Le misure interesseranno anche le piccole e medie imprese quotate in borsa, queste ultime avranno tuttavia più tempo per adeguarsi alle nuove regole.

Una misura che non guarda solo ai confini europei in sé stessi ma che interessa anche le “imprese di paesi terzi che svolgono una parte significativa della loro attività nel territorio dell’Unione (…) al fine di garantire che le imprese di paesi terzi siano responsabili del loro impatto sulle persone e sull’ambiente e che vi siano condizioni di parità per le imprese che operano nel mercato interno”.

Ci si riferisce alle realtà che “generano ricavi netti delle vendite e delle prestazioni superiori a 150 milioni di EUR nell’Unione e che hanno un’impresa figlia o una succursale nel territorio dell’Unione dovrebbero essere soggette agli obblighi unionali di rendicontazione di sostenibilità”.

Perché è importante contrastare il greenwashing

Il greenwashing è una pratica di marketing scorretta che può influenzare le scelte di acquisto. Diversi studi dimostrano come i consumatori consapevoli stiano aumentando orientando sempre di più le scelte di acquisto verso prodotti sostenibili.

Secondo una indagine svolta in 13 paesi da associazioni di consumatori, per l’Italia Altroconsumo, è emerso come per il 71% degli italiani sia importante adottare comportamenti consapevoli”. 

Il greenwashing alla cop27

Il tema del greenwashing è stato anche oggetto di un focus nel corso della COP27. 17 esperti nominati dal Segretario generale delle Nazioni Unite hanno presentato un  report in cui hanno chiarito come combattere il greenwashing sia centrale per riuscire nella transizione ecologica.

“We urgently need every business, investor, city, state and region to walk the talk on their net zero promises. We cannot afford slow movers, fake movers or any form of greenwashing.” António Guterres, UN Secretary General

Un rapporto dai toni molto duri in cui si specifica come le aziende non possano continuare a investire in fonti fossili o affrontare solo una parte delle emissioni da loro prodotte piuttosto che agire sull’intera catena del valore. Nel report si punta il dito anche sulle azioni di lobby che indeboliscono le politiche climatiche.

Come riconoscere il greenwashing

Come può quindi un cittadino proteggersi dalle pratiche di greenwashing? In generale un sistema per smascherare il greenwashing è verificare i dati su cui le aziende insistono di essere sostenibili. Di solito chi fa pratiche di marketing verde scorretto non è in grado di fornire dei dati accreditati e riconosciuti sulle proprie azioni. Non ha un ente terzo che ne certifica i successi e soprattutto non inserisce nella propria rendicontazione annuale questi dati, azione su cui l’UE sta proprio facendo pressione con il regolamento del 10 novembre.

Infine non fornisce informazioni chiare su come e perché un proprio prodotto o azione sarebbe sostenibile. Casi eclatanti di greenwashing sono stati denunciati dalle associazioni ambientaliste che monitorano soprattutto le big company, ma nel nostro piccolo tutti possiamo fare qualcosa. Non ultimo il caso encomiabile di pochi giorni fa del professore Marco Grasso dell’Università di Milano Bicocca, che si è dimesso dal proprio incarico, conduzione della unità di ricerca Antropocene, a seguito di un accordo di ricerca per la transizione ecologica della sua università con Eni.

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