Mercoledì 29 gennaio si è tenuta presso la Commissione affari europei della Camera –  nell’ambito dell’Indagine conoscitiva sulle politiche dell’Unione europea per l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile – l’audizione del portavoce di ASviS (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile) Enrico Giovannini, che ha tracciato una fotografia dei risultati raggiunti finora dal nostro Paese in quest’ambito e delle sfide che si prospettano all’orizzonte:  Il progresso verso l’attuazione dei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 è evidente da vari punti di vista” – ha sottolineato il co-fondatore di ASviS davanti ai membri della XIV commissione – tuttavia, nonostante l’ampiezza delle azioni messe in campo, il cambio di direzione verso uno sviluppo sostenibile sta avvenendo a una velocità e con una intensità insufficienti”.  In quest’ottica, è “urgente decidere e agire rafforzando interventi in ogni campo, affinché i prossimi 10 anni siano decisivi per il miglioramento del benessere delle persone e del pianeta”.

Tante le questioni menzionate nel corso dell’intervento alla Camera. Tra queste anche la proposta di ASviS di introdurre una legge annuale sullo sviluppo sostenibile, di integrare i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile nel sistema di codificazione degli atti parlamentari e di effettuare una valutazione ex-ante delle nuove iniziative legislative che tenga conto di questi target. 

Insieme al professor Giovannini abbiamo ripreso i temi affrontati nel corso dell’audizione. 

A che punto siamo nel percorso di attuazione dei 17 Obiettivi dell’Agenda 2030? Quali sono gli ambiti in cui siamo più virtuosi e quali invece quelli su cui c’è ancora da lavorare?

Dobbiamo distinguere fondamentalmente tra due ambiti: il raggiungimento degli obiettivi in quanto tali e la capacità del nostro Paese e dell’Europa di dotarsi di un sistema decisionale e di governance adeguato. Il rapporto ASviS, pubblicato lo scorso ottobre, ha fatto il punto della situazione inerente il raggiungimento dei 17 Obiettivi per l’Europa e per l’Italia, analizzando i dati, relativi al 2017, che riguardano anche le singole Regioni italiane e i singoli Paesi europei. La situazione, come prevedibile, è piuttosto variegata per la presenza di così tanti indicatori. Ci sono ambiti in cui, ad esempio, si è verificato un miglioramento, come nel caso dell’educazione e della salute, ma ci sono anche ambiti dove invece la situazione è peggiorata, come, ad esempio, la condizione degli ecosistemi terrestri o le diseguaglianze. In generale, bisogna ricordare che, quando parliamo di sviluppo sostenibile c’è un focus eccessivo sull’ambito ambientale, mentre non vengono considerate adeguatamente le dimensioni economiche, sociali – e dunque istituzionali – del problema. Non ho mai visto un governo cadere per un un’alluvione, mentre vedo governi cadere a causa delle diseguaglianze che le persone vivono e della percezione che hanno dei grandi cambiamenti che ci aspettano.

Per quanto riguarda la situazione ambientale italiana – ma anche europea – ci sono peggioramenti evidenti della qualità degli ecosistemi terrestri e in parte anche di quelli marini.  Stesso discorso anche per le emissioni climalteranti. Dopo un aumento contenuto per molti anni – ottenuto anche grazie all’investimento sulle energie rinnovabili – quando l’economia italiana ha iniziato a ripartire in maniera modesta, le emissioni sono cresciute più del Pil. Ciò vuol dire, quindi, che non abbiamo realizzato la transizione in modo adeguato, benché l’Italia abbia già raggiunto la quota di energie rinnovabili prevista al 2020.  Il Pniec inviato a Bruxelles non scioglie i nodi – evidenziati sia dalla Commissione europea sia da ASviS – sulla mancanza di ambizione di questo piano. Il documento non è in linea con i nuovi obiettivi dell’Unione europea. L’Italia non ha, quindi, un vero piano di transizione ecologica. Questo è un fatto molto grave, non solo perché il tema è all’ordine del giorno ed è al centro di tutte le politiche europee, ma anche perché la realizzazione di un piano del genere non si fa dalla sera alla mattina, colmando questi ritardi con un singolo provvedimento legislativo. A mancare è una visione sistemica – economica, sociale e ambientale –  su questi problemi. Questo è molto grave.

A mancare è una visione sistemica – economica, sociale e ambientale –  su questi problemi. Questo è molto grave

Come le importanti novità adottate a livello europeo dalla Commissione, dalla Bce e dalla Bei, che mettono al centro la lotta al cambiamento climatico, le rinnovabili e l’economia circolare, influiranno sul nostro Paese?

Il messaggio lanciato dalla nuova Commissione europea è molto chiaro: mettere il tema della transizione ecologica al centro delle politiche. Questa scelta è anche una straordinaria opportunità economica e sociale, non solo legata alla protezione dell’ambiente. Tuttavia, bisogna considerare che il Green new deal presentato recentemente annuncia decine di provvedimenti su cui ci saranno sicuramente battaglie molto vivaci, a partire dal Transition fund, il Fondo “per la giusta transizione”, in cui sono messi a disposizione dei fondi per i Paesi che vogliono investire in quest’ambito.

Ci saranno grandi dibattiti, perché, ad esempio, un Paese come l’Italia, già più avanti di altri sui temi green, sarà un contributore negativo netto. L’idea è infatti quella di aiutare soprattutto i Paesi che sono più indietro (come Polonia e Ungheria e altri) a portare avanti il processo di transizione. Inoltre, il Green deal porterà ad anni di provvedimenti da preparare e di discussioni molto vivaci. Su questo l’Italia deve essere pronta a esprimere le sue posizioni.

Nel nostro Paese, però, i media, la politica, la discussione pubblica non sono abbastanza concentrati su queste tematiche, da cui dipenderanno scelte che riguarderanno allocazioni finanziarie molto consistenti. Si tratta di decisioni che influiranno sul futuro del nostro sistema economico e del nostro modo di vivere. Questa iniziativa europea è quindi cruciale e benvenuta, ma va affrontata con una maggiore attenzione e con un maggior coordinamento delle politiche, come ho sottolineato nell’audizione parlamentare.

Noi proponiamo una legge annuale su queste questioni, preparata con i tempi giusti e non attraverso emendamenti episodici. Ciò consentirebbe al Parlamento di riacquistare un ruolo molto importante, invece di essere solo reattivo nei confronti del governo, ma soprattutto permetterebbe di evitare interventi spot, magari contraddittori tra di loro.

Può darci qualche dettaglio in più sulle proposte di ASviS, lanciate a ottobre, per predisporre una legge annuale sullo sviluppo sostenibile, introdurre i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile nel sistema di codificazione degli atti parlamentari e realizzare una valutazione ex-ante delle nuove iniziative legislative?

Nelle proposte che abbiamo lanciato a ottobre, in occasione della presentazione del nostro Rapporto, abbiamo affrontato due diversi aspetti. Il primo è il fatto che ci sono tante leggi approvate in corso d’anno a partire da decreti-legge. Questi provvedimenti sono spesso occasioni grazie alle quali, tramite un emendamento, si introducono modifiche legislative, ma senza una visione sistemica. Un intervento organico dovrebbe essere la legge di Bilancio, che però riguarda solo temi con riflessi finanziari. In sostanza, manca un secondo momento organico da dedicare a temi non finanziari e a interventi regolamentari privi di implicazioni finanziarie, che invece sono fondamentali per cambiare lo stato delle cose in tema di sviluppo sostenibile. Noi proponiamo una legge annuale su queste questioni, preparata con i tempi giusti e non attraverso emendamenti episodici. Ciò consentirebbe al Parlamento di riacquisire un ruolo molto importante, invece di essere solo reattivo nei confronti del governo, ma soprattutto permetterebbe di evitare interventi spot, magari contraddittori tra loro. L’altro tema è l’introduzione di una descrizione dell’impatto atteso sugli obiettivi di sviluppo sostenibile all’interno della relazione che accompagna le proposte di legge presentate, compresi i decreti. Questo sarebbe un modo non solo per valutare se quello che stiamo facendo è corretto o meno, ma anche per capire se stiamo procedendo in modo coerente o meno. 

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Giornalista professionista e videomaker con esperienze in diverse agenzie di stampa e testate web. Laurea specialistica in Filosofia, master in giornalismo multimediale.