Il tempo mite favorisce gli incendi anche nell’Artico. Le analisi del Cams

L’attività di ricerca del servizio promosso dalla Commissione europea aiuta il pianeta a difendersi da eventi estremi; oltre al Polo Nord, in Colombia e in Estremo Oriente

I satelliti hanno rilevato fonti di calore in Artico, portando gli scienziati del Copernicus atmosphere monitoring service (Cams) a ipotizzare la presenza di incendi. L’incertezza è data dalla mancanza di una conferma sul terreno delle informazioni satellitari. La situazione è preoccupante anche in America meridionale e nel Sud-est asiatico.

Lo studio degli incendi in Artico con il “Global fire assimilation system

L’anno scorso, una quantità di incendi mai verificatasi in passato nelle aree del nord polare, ha portato gli scienziati del Cams a studiare gli eventi di quest’anno utilizzando il “Global fire assimilation system” (Gfas). Il sistema produce quotidianamente stime su emissioni e intensità degli incendi, utilizzando le rilevazioni dei satelliti. I dati forniti sono confrontati con le analisi storiche per proporre previsioni a lungo termine. Le informazioni in possesso attualmente rilevano una situazione con la presenza di focolai in linea con il passato, in procinto di aumentare a breve termine. Le temperature misurate negli ultimi due mesi (marzo e aprile) da Copernicus climate change service (C3s) e completate dalle analisi del Ecmwf (acronimo inglese per il Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine) hanno rilevato ad aprile temperature sensibilmente sopra la media in Groenlandia, nella porzione settentrionale e sulla costa centrale e in quasi tutta la Siberia.

I pericoli dati dagli incendi nelle aree polari

Gli effetti dettati dalla scarsità di informazioni e dalla difficoltà di intervenire nei focolai dell’estremo nord polare possono essere devastanti: gli incendi del giugno 2019 hanno comportato l’immissione in atmosfera di 50 megatoni di anidride carbonica, quanto la Svezia in un intero anno.

Le parole di Mark Parrington, scienziato senior del Cams ed esperto di incendi, sottolineano il timore del mondo della ricerca: “Abbiamo notato dalle immagini satellitari, fonti di calore anomale che mostrano come incendi Zombie potrebbero essersi riaccesi, ma è un’ipotesi che non è ancora stata confermata da misurazioni sul suolo. Le anomalie sono abbastanza diffuse nelle zone bruciate nel corso dell’estate scorsa. Se le analisi lo confermeranno, in determinate condizioni ambientali, potremmo assistere ad un effetto cumulativo degli incendi sviluppatisi nell’Artico lo scorso anno e che si potranno sviluppare nuovamente anche la prossima stagione, portando ancora una volta ad incendi su larga scala e a lungo termine in tutta la regione”.

Le analisi in Colombia

L’attività del Cams supera i confini europei e aiuta gli scienziati di tutto il mondo nella loro attività di prevenzione delle catastrofi naturali. Luis Belalcazar, università nazionale della Colombia, attivo nella ricerca sulla qualità dell’aria e gli effetti degli incendi sull’inquinamento, spiega gli obiettivi di siffatta collaborazione: “I dati di Cams sono stati utili per identificare l’entità e l’estensione della qualità dell’aria nelle regioni in cui mancano le misurazioni della superficie, e queste informazioni sono state utilizzate per identificare e dare priorità ai luoghi che necessitano di misurazioni della superficie. Il nostro lavoro ha attirato l’attenzione del governo locale e nazionale sull’impatto degli incendi sulla qualità dell’aria. Di conseguenza, il mese scorso venti deputati hanno inviato una petizione al presidente colombiano chiedendo di controllare gli incendi nel nostro paese. Dodici professori colombiani hanno anche firmato una petizione simile. Quest’anno, con il nostro supporto, un gruppo di membri del Congresso prevede di presentare un progetto per creare nuovi regolamenti per il controllo degli incendi”.

incendi_artico_mappa

La mappa sopra mostra: dal 10 marzo al 30 aprile 2020 si intende l’anomalia della profondità ottica dell’aerosol della materia organica a 550 nm rispetto al 2003-2019. Anomalie positive, in rosso, mostrano aerosol di materia organica superiore alla media, che indica fumo, nel sud del Messico, in Honduras e in Colombia. Credito: Copernicus atmosphere monitoring service, Ecmwf

Il sud est asiatico

A differenza di quanto succede nell’Artico e in America meridionale, nel sud est asiatico la situazione è più articolata. Nel periodo 2003-2019, quando gli incendi sono aumentati in modo significativo nei primi, i secondi hanno registrato un andamento contrastato: Laos, Myanmar, Vietnam e Cambogia hanno avuto fenomeni nella media, con una produzione di carbonio nella norma mentre in Thailandia è stato diverso; le parole di Veerachai Tanpipat, Asean Wfsru, svelano le ragioni della collaborazione con Cams: “Negli ultimi decenni la Thailandia è stata pesantemente colpita da incendi, fiamme libere, fumo e foschia, Abbiamo una lunga strada da percorrere in termini di mitigazione: questo è abbastanza difficile nella stessa Thailandia, ma stiamo anche cercando di presentare le informazioni sulle emissioni di incendi Cams in Laos e Myanmar in modo che possano lavorare con noi sui loro problemi di incendi boschivi e fumo. Il fumo attraversa i confini tra i tre paesi, ma non capiamo davvero il comportamento del fumo, quindi dobbiamo studiarlo ulteriormente”.

incendi_articoL’immagine sopra mostra le emissioni totali di carbonio stimate dagli incendi in diversi paesi del sud-est asiatico tra il 1 ° gennaio e il 30 aprile. Credito: Copernicus atmosphere monitoring service, Ecmwf.

Come abbiamo accennato all’inizio, la stagione calda è appena iniziata nell’emisfero boreale. Le premesse non sono buone, nell’Artico già ci sono segnali di incendi. L’attività del Cams dovrebbe stimolare i paesi a cooperare per salvaguardare il nostro pianeta: i pericoli uniscono tutti i popoli.

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Pubblicista dal 2007, scrive per il Gruppo Italia Energia.