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Il mondo degli ambientalisti fa sentire in questi giorni la sua voce con due iniziative, una di Greenpeace e una di Fise Assoambiente, per far passare ancora una volta con forza il messaggio dell’importanza di una gestione dei rifiuti attenta all’ambiente.

Rifiuti: le iniziative di Greenpeace e Fise Assoambiente

Da una parte il Presidente di Fise Assoambiente, Chicco Testa, ha scritto al ministro dell’Ambiente Sergio Costa una lettera per dire basta a un approccio ideologico alla gestione rifiuti. Dall’altra Greenpeace Italia ha presentato un esposto alla Corte dei Conti contro la Regione Toscana per il rilascio in mare, risalente a 5 anni fa, di alcune tonnellate di plastica nel mar Tirreno.

Fise Assoambiente: “In Italia tempi biblici di autorizzazione per la realizzazione degli impianti”

Uno dei temi toccati nella lettera di Fise Assoambiente è il problema dei tempi di autorizzazione per la realizzazione degli impianti definiti “biblici”. Lei dice che l’autorizzazione per un impianto di questo genere dura dai 5 ai 7 anni. Già…Solo che le tempistiche per le autorizzazioni sono legate principalmente ad aspetti burocratico-amministrativi”, si legge nel testo. “Abbiamo ascoltato dal Suo Governo in questi mesi ripetere più volte che la semplificazione, l’accelerazione delle procedure autorizzative e la modifica del codice degli appalti sarebbero state il primo punto dell’azione del Governo per fare ripartire l’Italia”.

Criticità per qualsiasi tipo di trattamento dei rifiuti

“Quindi – prosegue il testo – in primo luogo vorrei fare io a Lei una domanda. Per quale ragione le procedure autorizzative devono durare 5/7 anni, visto che si tratta di impianti bene conosciuti e che in tutti i Paesi europei vengono autorizzati con tempi infinitamente più brevi? Ma la norma italiana non prevede tempi massimi di 1 anno? Anche perché le faccio presente che questi biblici tempi di autorizzazione, con qualche ottima eccezione, non riguardano solo gli inceneritori. Ma praticamente qualsiasi tipologia di trattamenti dei rifiuti compresi gli impianti per il recupero della materia. Per esempio i biodigestori. E Lei sa, per non fermarci alla questione inceneritori di quanti nuovi impianti ci sia bisogno, soprattutto per recuperare la frazione umida”.

“Stop al turismo dei rifiuti”

Il presidente di Fise Assoambiente ha inoltre affrontato la questione di quello che definisce “l’insensato turismo dei rifiuti da nord a sud”. Centinaia di camion percorrono migliaia di km per portare i rifiuti negli inceneritori e in altri impianti del Nord. Con un impatto ambientale assai più elevato di quello rappresentato dalle modestissime emissioni degli attuali impianti waste-to-energy. Si stima che circa 2 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno si spostino fra le regioni italiane per mancanza di inceneritori e compostaggi”.

La vicenda dei rifiuti in plastica nel mar Tirreno

Tornando invece alla vicenda dei rifiuti in plastica nel mar Tirreno, Greenpeace Italia pubblica oggi una nuova inchiesta sul tema “Un santuario di balle”. L’obiettivo è fare luce sulle responsabilità del rilascio nel golfo di Follonica di 65 tonnellate di plastica. Questi rifiuti erano parte di un carico totale di 1.888 balle di rifiuti di plastica da incenerire che una nave cargo in partenza da Piombino doveva portare a Varna, in Bulgaria. “Una vicenda accaduta cinque anni fa e ancora irrisolta”, spiega l’associazione in nota.

L’esposto

Per rivendicare in maniera concreta i diritti dell’ambiente e dei cittadini e per accertare responsabilità, errori e incompetenze, Greenpeace Italia ha presentato un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale nei confronti della regione Toscana che, all’epoca dei fatti, aveva in mano una fidejussione di quasi tre milioni di euro, poi restituiti, a garanzia dei possibili danni ambientali intercorsi durante le operazioni di trasporto e che potevano essere utilizzati per recuperare il carico disperso”.

Una vicenda piena di errori

Questa vicenda – sottolinea in nota Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna inquinamento di Greenpeacesembra evidenziare una serie di errori da parte delle autorità coinvolte. A partire dal fatto, gravissimo, di non essere intervenuti prontamente come prevede la normativa, e avere lasciato per cinque anni il mare e le sue creature in balia di tonnellate di plastica. La classe politica italiana da tempo parla di una svolta plastic free, ma questo mero slogan non vale per una parte del Santuario dei Cetacei diventato, a causa dell’inazione delle autorità, una vera discarica sottomarina di plastica”.

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