La riduzione dei rifiuti prodotti da plastica monouso sarà un obiettivo sempre più ambito dalle aziende, ma negli ultimi due anni c’è una tipologia di rifiuto che ha avuto un’esplosione a causa della pandemia: sono le mascherine e i camici.
Come trasformare dunque questa enorme quantità di rifiuti in qualcosa che non sia nocivo per l’ambiente, conferendogli anche un corretto valore economico?
Il progetto “Single use Ppe reinforced asphalt (Supra)”, promosso dal ministero della Transizione ecologica, proposto dall’Università di Bergamo e dall’Università della Tuscia, presenta una soluzione innovativa sul riuso di rifiuti plastici derivanti da Dispositivi di protezione individuale (Dpi) a fine vita, che possono essere impiegati per la preparazione di asfalti rinforzati.

Canale Energia intervista il dott. Daniele Landi, ricercatore dell’Università di Bergamo che ha preso parte al progetto “Single use Ppe reinforced asphalt (Supra)”

Come nasce il progetto “Single use Ppe reinforced asphalt (Supra)”, l’unico finanziato perché giudicato il migliore nell’ambito del “Bando per il finanziamento di attività di ricerca volta alla riduzione dei rifiuti prodotti da plastica monouso – Edizione 2021”, promosso dal ministero della transizione ecologica?

Il progetto nasce dalla ricerca di valorizzare i rifiuti trasformandoli in materia prima seconda. In tale contesto, la maggior parte dei rifiuti prodotti contengono ancora un grande potenziale che nella maggior parte dei casi non viene sfruttato. È quello che succede anche per i dispostivi di protezione individuale (Dpi) che vengono bruciati oppure smaltiti in discarica. Questi rifiuti sono di solito fatti di materiale polimerico, principalmente polipropilene che, se opportunamente trattato, può essere utilizzato come rinforzo o additivo dei conglomerati bituminosi.

Qual è esattamente l’obiettivo del progetto e quali sono la sua durata e budget a disposizione?

L’obiettivo del progetto è dimostrare la fattibilità tecnica, ambientale ed economica del riuso dei Dpi. Il progetto ha durata semestrale con un budget a disposizione di circa 200.000€.

La vostra scelta è caduta sul riutilizzo di rifiuti plastici derivanti da Dispositivi di protezione individuale (Dpi) a fine vita, quali ad esempio mascherine e camici realizzati in tessuto-non-tessuto. Perché avete scelto specificatamente questo tipo di dispositivi?

La scelta è caduta su un rifiuto che oggi non trova il giusto spazio sul mercato e rappresenta un peso per l’ambiente, ma anche economico per il nostro ecosistema.

Qual è la metodologia impiegata nel progetto? Vi confronterete anche con dei partner internazionali?

La metodologia è molto semplice: analisi del materiale, in questo caso analisi dei Dpi, e ricerca sul mercato di possibili applicazioni in cui è possibile utilizzare tale materiale. Siamo già in contatto con differenti aziende, sia presenti sul territorio nazionale che non, per un successivo step.

Che caratteristiche ha questo tipo di asfalto perché venga definito “rinforzato”? Ha delle prestazioni migliori rispetto a quello tradizionale?

Ad oggi, non abbiamo ancora dati precisi, siamo solo all’inizio del progetto. Ma dalle prime valutazioni ci aspettiamo un aumento del modulo elastico e della vita a fatica dell’asfalto.

Con il riuso di rifiuti plastici derivanti dai Dpi a fine vita, che altra tipologia di materiali si possono produrre?

Abbiamo diverse idee ed abbiamo fatto alcune valutazioni che potrebbero concretizzarsi nei prossimi mesi. Gli scenari potrebbero essere diversi.

Quali sono i costi di riutilizzo di questo tipo di rifiuto? Sia in termini energetici che idrici?

I costi sono molto bassi e non incidono sul prodotto finale. Lo stesso metro di asfalto prodotto, con o senza Dpi, costa nello stesso modo. Non è previsto nessun consumo idrico. Per la parte energetica, ci sarà un piccolo aumento dei consumi, inferiore al 5%, che sarà ampiamente giustificato con un prodotto di migliori performance.

Avete già individuato i target destinatari del progetto, quali ad esempio enti, amministrazioni o aziende interessate? Esempi pratici sul territorio?

I destinatari sono tutte le aziende ed enti che lavorano con le pavimentazioni bituminose. I risultati della ricerca saranno condivisi con le aziende che si occupano di produzione di conglomerati bituminosi e additivi, ma anche con enti pubblici, come ad esempio Anas, Autostrade per l’Italia Spa, oppure aeroporti che hanno bisogno di pavimentazioni sostenibili con elevata durata nel tempo.

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Professionista delle Relazioni Esterne, Comunicazione e Ufficio Stampa, si occupa di energia e sostenibilità con un occhio di riguardo alla moda sostenibile e ai progetti energetici di cooperazione allo sviluppo. Possiede una solida conoscenza del mondo consumerista a tutto tondo, del quale si è occupata negli ultimi anni.