Il precario equilibrio dei fanghi di depurazione

Sono 3,24 milioni le tonnellate di fanghi di depurazione prodotti in Italia. Tonnellate che si reggono su un equilibrio precario tra un sistema insufficiente di depurazione sanzionato dall’UE con 60 milioni di euro pagati ogni anno e una carenza di impianti in tutti i settori interessati. Si tratta di utilizzo in agricoltura, recupero di materia e produzione di biometano ed energia elettrica o termica. 

Sono i dati emersi dallo studio “Fabbisogni impiantistici per una corretta gestione dei fanghi di depurazione” realizzato da Utilitalia, la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche, e presentato oggi 7 novembre a Ecomondo.

Le vie dei fanghi di depurazione in Italia

Il Centro ed il Sud esportano circa 480.000 tonnellate di fanghi nel loro complesso verso altre regioni, soprattutto del Nord. Questo perché circa il 54% dei fanghi prodotti a livello nazionale vengono esportati e solo il 46% viene condotto a smaltimento con situazioni piuttosto diversificate tra le macroaree.

“In linea con gli standard forniti da ARERA – spiega il vicepresidente di Utilitalia, Alessandro Russo  i gestori del servizio idrico sono impegnati da tempo in politiche incentrate sulla riduzione dell’utilizzo della discarica per lo smaltimento dei fanghi da depurazione. Questo studio dimostra che nei prossimi anni occorreranno impianti sia per il recupero di materia e successivo utilizzo in agricoltura, sia per il recupero energetico con produzione, tra gli altri, di biometano. In Italia la normativa risale al 1992 e già da tempo ne sosteniamo la necessità di un aggiornamento. Ciò alla luce sia di un diverso approccio alla tutela dell’ambiente sempre più focalizzato sulla prevenzione e la circolarità, sia sulla base degli studi scientifici in corso che devono costituire il fondamento delle scelte inerenti le future norme”.

Quando si riusciranno a risolvere le problematiche legate alle procedure di infrazione si stima che si produrranno circa 800mila tonnellate di fanghi in più, arrivando a circa 4 milioni di tonnellate annue.

Inoltre l’incertezza normativa ha comportato una forte riduzione dell’utilizzo agricolo ad oggi la quasi totalità delle 1,3 milioni di tonnellate di fanghi avviati a recupero viene trattata per un successivo utilizzo in agricoltura, sia in forma diretta sia attraverso la produzione di ammendanti compostati misti e di gessi di defecazione. Nel caso venisse a mancare l’utilizzo agricolo, occorrerebbe trovare immediata collocazione per circa 1,32 milioni di tonnellate di fanghi, alle quali andrebbero a sommarsi ulteriori 800.000 tonnellate derivanti dalla risoluzione delle procedure di infrazione.

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