Il polietilene la nuova eureka dei tessuti sostenibili

Lo studio del politecnico di Torino e del Mit

Tessuto realizzato in polietilene fonte Svetlana Boriskina
Tessuto realizzato in polietilene fonte Svetlana Boriskina

L’industria tessile ha diversi aspetti da tenere in considerazione rispetto la sostenibilità. A volte le fibre naturali non sono sempre le più sostenibili, basti pensare alla grande necessità di acqua che ha il cotone o alla necessità di realizzare degli spazi di coltivazione dove magari prima c’erano foreste o all’impatto di alcuni coloranti sull’ambiente. Se è vero che la verità sta nel mezzo anche dei tessuti realizzati chimicamente possono dare un contributo all’ambiente. È lo scopo della ricerca “Sustainable polyethylene fabrics with engineered moisture transport for passive cooling” realizzata dal Politecnico di Torino e il Massachussetts Institute of Technology (Mit) pubblicata su Nature Sustainability.

Cosa accadrebbe se un materiale come il polietilene presente in oggetti di uso comune come imballaggi o contenitori alimentari, il più delle volte monouso, di basso costo e ultraleggero venisse modificato per essere utilizzato nel vestiario? Un lavoro che potrebbe rendere le caratteristiche di scarsa traspirabilità e bagnabilità delle fibre da poco confortevole a “ottimizzata con precisione per modificarne le caratteristiche meccaniche, termiche e ottiche, ottenendo così elevata resistenza a rottura e abrasione e ottima dissipazione del calore. In aggiunta, i pigmenti colorati tipici dello “sporco” aderiscono con difficoltà alla superficie delle fibre in polietilene grazie alla loro semplice struttura molecolare, risultando in proprietà antimacchia che ne semplificano il lavaggio a basse temperature” – spiega Svetlana Boriskina, coordinatrice della ricerca presso il Mit [***] caratteristiche che comportano una colorazione  del tessuto (bianco di norma) “con un processo innovativo: i pigmenti, naturali o sintetici, vengono direttamente incapsulati all’interno delle fibre durante la loro forgiatura, evitandone così il rilascio durante il lavaggio”.

Una soluzione che si porrebbe di contrasto con le caratteristiche delle fibre naturali la cui struttura “micro- e nano-porosa delle fibre naturali permette all’acqua o al sudore di entrare al loro interno, rendendo più difficile la diffusione dell’acqua e dunque aumentando i tempi d’asciugatura” spiega Matteo Fasano, ricercatore del Multi-Scale ModeLing Laboratory – SMaLL [**] del Dipartimento Energia al politecnico di Torino e Pietro Asinari, docente del Dipartimento Energia e direttore all’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica, supervisori accademici del progetto. “Di conseguenza, se indossato durante l’attività fisica, un capo in fibre naturali non è in grado di trasportare efficacemente il sudore lontano dalla pelle e, inoltre, ne inibisce una pronta evaporazione, inducendo una sensazione di scarso comfort dovuto al contatto della pelle con il tessuto bagnato. Inoltre, una volta giunti a fine vita, i tessuti naturali colorati sono difficili da riciclare, venendo quindi spesso accumulati nelle discariche o bruciati, con un grande spreco di risorse.

Lo sviluppo della ricerca sul polietilene
nell’abbigliamento sportivo

Gocce d’acqua su una fibra di polietilene
Gocce d’acqua su una fibra di polietilene

La ricerca si è concentrata sull’ingegnerizzazione delle proprietà di trasporto dell’acqua nel tessuto, caratterizzando l’effetto di diversi intrecci e ottimizzando la geometria delle fibre di polietilene. “Agendo sul processo di fabbricazione, è possibile modificare le caratteristiche chimiche superficiali e la forma delle fibre, controllando la bagnabilità e le proprietà capillari finali del tessuto, ossia la sua capacità di assorbire e trasportare un fluido al suo interno. Le ottime prestazioni raggiunte dal nuovo tessuto studiato sono dovute alla capacità delle fibre di polietilene di trascinare l’acqua sulla loro superficie pur rimanendo impermeabili, quindi impedendo al fluido di insinuarsi all’interno delle fibre stesse – cosa che invece accade di norma con quelle naturali” – spiega Matteo Alberghini, dottorando presso il Dipartimento Energia e il CleanWaterCenter [*****] del Politecnico, primo autore dell’articolo pubblicato. “Nel caso di capi d’abbigliamento, ciò consente al sudore di essere efficacemente allontanato dalla pelle ed evaporare velocemente, dando un confortevole effetto di fresco sulla pelle. Avere tempi di asciugatura rapidi è inoltre importante per garantire l’igiene del materiale: bassi tempi di permanenza dell’acqua nel tessuto prevengono l’insorgenza di colonie batteriche o muffe, allontanando così i cattivi odori. La combinazione di queste proprietà rende questa nuova tipologia di tessuti lavabili e asciugabili a bassa temperatura, evitando l’insorgenza di macchie e garantendo rapidi tempi di asciugatura” una caratteristica che può comportare un considerevole risparmio energetico soprattutto in contesti in cui igiene e grandi quantità sono messe a dura prova come ospedali e alberghi.

La ricerca andrà avanti sul combinare le proprietà capillari di questi innovativi tessuti con le loro proprietà ottiche data dalla forma geometrica delle fibre. L’obiettivo è studiare l’effetto combinato di questi due fenomeni, proprietà capillari e ottiche, con possibili applicazioni non solo in campo tessile ma anche industriale (es. dissalazione, scambiatori di calore, conversione di energie rinnovabili, filtraggio).

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