Dichiarazione ambientale di prodotto, ecco perché sempre più aziende la vogliono

La dichiarazione ambientale di prodotto sta prendendo sempre più piede in campo industriale sia per un’esigenza manifestata dallo stesso mercato interessato a strumenti che consentano una veloce traghettatura verso al transizione ecologica, sia sul piano normativo. Difatti è sempre più richiesta, ad esempio nei CAM richiesti dal Mite. Si tratta di una etichettatura in grado di certificare e comunicare la sostenibilità che sta dietro alla produzione industriale.

“La sostenibilità è un fattore imprescindibile dello sviluppo della Unione europea” sottolinea a Canale Energia Francesco Carnelli, head sales account, ICMQ SPA. “ma per parlare di sostenibilità in modo concreto è determinante l’utilizzo e l’adozione di modelli, sistemi e strumenti che permettano di rendere trasparenti e misurabili i risultati ottenuti. Per farlo è necessario che questi strumenti siano credibili, ripetibili e affidabili”. Il termine “ripetibile” evidenzia come i risultati ottenuti dai prodotti siano equiparabili e ugualmente misurabili indipendentemente dall’ente certificatore.
“E’ una etichetta ambientale di tipo tre. Si tratta dell’acronimo di Environmental product declaration, abbreviata con EPD, in italiano Dichiarazione ambientale di prodotto appunto. Di fatto grazie a questa etichetta è possibile comprendere quali sono gli impatti sull’ambiente legati al ciclo di vita di un prodotto”.

Una sfida importante e centrale in ottica di transizione ecologica che non può vedere esimersi il settore delle costruzioni. Per effettuare questo tipo di certificazioni si utilizzano entri accreditati.

“La norma di riferimento è la ISO1425 che prevede un organismo di terza parte indipendente che verifichi la bontà dei dati. È questo il ruolo di ICMQ, azienda che nasce nel settore delle costruzioni, ma si occupa di certificare questa etichettatura anche in altri rami come i sistemi elettrici fino ad arrivare al food e alla moda”.

Come si realizza un’etichettatura EPD

Per effettuare una etichettatura EPD si analizza il ciclo di vita del prodotto valutando tutti i processi produttivi dall’approvvigionamento delle materie prime e il loro trasporto, alla logistica di consegna, ma anche gli scenari di uso e di fine vita. “In questo modo si possono analizzare i picchi di consumi e agire per ridurli”.

Per comprendere le performance di sostenibilità di un prodotto quindi si può consultare la sua etichetta che è pubblica. “Il product operatore italiano è EPD Italy. Sul sito si possono vedere e anche scaricare tutte le aziende che hanno pubblicato le etichettature. Nelle ultime pagine dell’etichettatura sono presenti tre tabelle che evidenziano rispettivamente: le emissioni complessive del ciclo di vita; i consumi complessivi che siano acqua o energia e i flussi di rifiuti generati”. Da li quindi è possibile avere una sintesi dell’impatto ambientale del singolo prodotto.

I vantaggi per le aziende ad aderire alla dichiarazione ambientale di prodotto

La dichiarazione ambientale di prodotto è molto richiesta dal mercato stesso” sottolinea Carnelli “ma comporta anche importanti vantaggi al business dell’azienda. Difatti grazie a questa analisi può verificare come ottimizzare i propri processi e ridurre eventuali sprechi. Inoltre permette di rafforzare il brand aziendale e accedere ai mercati esteri con un sistema riconosciuto a livello internazionale. La stessa pubblicazione sul programme operator rappresenta una ulteriore vetrina di scelta per gli stakeholders. Senza contare che aderendo all’EPD si adempie anche agli obblighi di legge. Mi riferisco ai CAM. L’EPD è citata in diversi decreti CAM tra cui quello dell’edilizia e degli arredi”.

Non è un caso che le aziende che stanno aderendo all’etichettatura crescono in maniera esponenziale.

Come aderire alla dichiarazione ambientale di prodotto

“Non serve necessariamente migliorare alcun processo esistente per realizzare un EPD” sottolinea l’Head sales account, ICMQ SPA. “Si tratta di realizzare una sorta di carta di identità che misura i propri impatti. Si potrà poi una volta misurati i propri impatti pensare se attivare delle azioni che agendo sul processo possano ridurli ulteriormente. L’etichetta dura 5 anni in questo tempo è possibile migliorare i propri parametri ambientali. Nel quinquennio ci sono dei check dell’azienda che si permette di comunicare eventuali variazioni di anno in anno. Se la variazione è nel 10% non viene segnalata la variazione. Se questo 10% viene sforato in senso peggiorativo cosa che di solito non avviene, c’è obbligo di riaggiornare l’EPD. Se invece c’è un miglioramento di performance, l’azienda può decidere se pubblicare questo migliore risultato”.

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Giornalista, video maker, sviluppo format su più mezzi (se in contemporanea meglio). Si occupa di energia dal 2009, mantenendo sempre vivi i suoi interessi che navigano tra cinema, fotografia, marketing, viaggi e... buona cucina. Direttore di Canale Energia; e7, il settimanale di QE ed è il direttore editoriale del Gruppo Italia Energia dal 2014.