Patto per l'idrogeno Enea Confindustria
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La Strategia europea sull’idrogeno ha dato un’investitura ufficiale a questo vettore energetico, ritenendolo uno dei fattori abilitanti per raggiungere la decarbonizzazione del sistema energetico. Tra le priorità della Strategia, anche quella di sviluppare la domanda di idrogeno soprattutto nei settori “Hard to abate” (Hta) e nel trasporto pesante.
Confindustria ha avanzato sul tema delle proposte, sintetizzate in un suo Piano d’azione e, muovendo da queste, ha sottoscritto un Accordo di collaborazione con Enea, un vero e proprio “Patto per l’idrogeno” per coniugare tecnologia e innovazione, cercando di dare una risposta alla valutazione sul territorio nazionale della domanda potenziale di idrogeno in ambito industriale.
Il Piano è stato presentato lo scorso 17 gennaio all’evento online il “Piano d’azione per l’idrogeno: Focus Tecnologie Industriali”.

Il contesto nazionale

Le Linee guida per la Strategia nazionale sull’idrogeno elaborate dal Mite hanno fatto una distinzione tra breve, medio e lungo periodo, prevedendo entro il 2030 un’introduzione dell’idrogeno del 2%, per poi arrivare al 20% nel 2050.
Per ottenere questo risultato, bisogna necessariamente cambiare modello. Questo dovrà incentrarsi su una nuova progettazione delle diverse fasi dei processi energetici, sulla re-ingegnerizzazione dei prodotti e sull’innovazione degli impianti produttivi.

La metodologia

Per poter fare delle valutazioni sulla fattibilità tecnica dell’utilizzo dell’idrogeno in differenti settori industriali ci sono stati diversi confronti coordinati dai due partner, che hanno evidenziato le criticità dei singoli settori tra cui: la siderurgia, la raffinazione, il vetro, il settore della cogenerazione e delle fonderie, nonché di tutto il trasporto.

Le potenzialità dell’idrogeno

Il Piano indaga le potenzialità dell’idrogeno in termini quantitativi di sostituzione del gas per fornire calore di processo nei settori Hard to abate, nel settore residenziale e della mobilità. Cioè si vuole capire il suo impatto sulla decarbonizzazione dei singoli settori.

I diversi impieghi dell’idrogeno

L’idrogeno, come riportato nel Piano, può essere utilizzato come materia prima nei processi industriali, principalmente nella raffinazione e nella chimica (ammoniaca e metanolo), ma si può utilizzare anche in sostituzione del gas naturale nella Dri (Direct iron reduction), come combustibile per il riscaldamento e per fornire calore di processo. Infine, nel settore della mobilità come vettore alternativo.

Il settore Hard to abate

Questo settore è responsabile del 64% delle emissioni di CO2 dell’industria e le emissioni dirette e indirette potrebbero passare da 73 MtCO2eq del 2019 a 82 MtCO2eq nel 2030.
Le soluzioni tecnologiche per la decarbonizzazione dei settori Hta potranno essere: il passaggio dai combustibili fossili ai combustibili rinnovabili come idrogeno, bio-fuels e e-fuels; la cattura e stoccaggio della CO2 (Ccus); l’efficientamento energetico e l’elettrificazione dei processi dei consumi. Ciò richiede azioni che facciano progredire la tecnologia e diminuire i costi.
Secondo uno studio del Boston Consulting Group “Decarbonizzazione settori Hard to abate” sarà possibile abbattere le emissioni di circa l’80% mediante l’applicazione combinata di tre leve strategiche: la Ccus potrebbe contribuire per circa il 35% delle emissioni abbattute. I green fuels, biogas e idrogeno, potrebbero contribuire per circa il 35% delle emissioni abbattute, mentre l’elettrificazione per circa il 5-10%.

Le problematiche relative all’utilizzo dell’idrogeno

L’idrogeno non è un gas corrosivo dunque non richiede materiali speciali, ma alcuni acciai subiscono il processo di infragilimento da idrogeno. Pertanto, è necessario tenere in considerazione questo fenomeno in fase di progettazione. Oltre a ciò, le fiamme generate dalla combustione di idrogeno in aria non sono visibili ad occhio nudo, ma la velocità di fiamma è significativamente più elevata e lo spettro di infiammabilità è più ampio. L’emissività è in generale più bassa e questo ha implicazioni nel meccanismo di scambio termico per irraggiamento. Infine, alcuni composti organici di zolfo sono utilizzati per l’odorizzazione per il loro odore penetrante già a concentrazioni molto basse. Nel caso dell’idrogeno, che di base è totalmente inodore, va verificata l’interferenza delle sostanze a base di zolfo di solito utilizzate con il gas naturale.

Il settore della mobilità

Nel settore del trasporto stradale, l’idrogeno è considerato il combustibile fondamentale per decarbonizzare, soprattutto dove l’elettrico non è conveniente. Negli ultimi anni, sono state testate dai costruttori soluzioni tecnologiche che rendono il passaggio all’idrogeno tecnicamente possibile per alcuni segmenti del settore.
Entro il 2024, alcuni costruttori prevedono l’utilizzo di camion a celle combustibile nei tratti a media percorrenza, circa 400 km, una versione elettrica con batterie a ioni di litio sarà utilizzata già a partire dal 2021. L’idrogeno è considerato di primaria importanza per le applicazioni a lungo raggio basate, al momento, sull’utilizzo di metano liquido come combustibile.

Il trasporto pubblico

Nel trasporto pubblico, alcune soluzioni potrebbero essere costituite dai bus di piccole dimensioni a celle a combustibile alimentate a idrogeno. Diversi costruttori stanno lavorando sullo sviluppo di motori a combustione interna con idrogeno, dove l’idrogeno gassoso viene iniettato nel motore con una piccola quantità di diesel.
I motori endotermici a idrogeno sono dunque una soluzione più a portata di mano dal punto di vista tecnologico, nonché economicamente più vantaggiosa. Per questo, i produttori di motori guardano a questo vettore con maggiore interesse.
Rimangono comunque delle difficoltà all’utilizzo dell’idrogeno nel settore che sono: la sua disponibilità nelle quantità necessarie, la mancanza di distribuzione su larga scala e di una rete di stazioni di rifornimento, costi ancora troppo elevati (12 €/kg) che bisognerebbe dimezzare e, infine, la necessità di una politica di incentivazione e sostegno.

Il trasporto navale

Per le navi, il problema è che i combustibili alternativi da stoccare a bordo come ammoniaca, idrogeno e bio-metanolo devono garantire le stesse prestazioni, la stessa potenza e autonomia, a parità di peso e ingombro. Perciò, alcuni dei maggiori problemi sono relativi allo spazio disponibile a bordo, all’aumento dei costi per la sicurezza dei mezzi che usano questi nuovi combustibili e manca lo sviluppo di tutta la filiera in termini di infrastrutture dal porto alla nave.

Un buon potenziale nazionale con differenze tra i settori industriali

Dunque, tirando le somme, dai primi risultati si può avere una valutazione positiva del potenziale nazionale di penetrazione e diffusione dell’utilizzo dell’idrogeno nei diversi settori industriali, anche se vi sono delle differenze tra i diversi settori di utilizzo.
Queste stanno soprattutto nei potenziali consumi annui di idrogeno e al grado di preparazione tecnologica relativa alla sua introduzione nelle diverse filiere industriali.

Ad esempio, nei processi produttivi della chimica e della raffinazione è già utilizzato, mentre il settore dei metalli non ferrosi e quelli industriali ad alto potenziale, quali carta, ceramica, vetro, cemento e il settore termico sono pronti in modo diverso.

I settori con potenziali maggiori consumi di idrogeno sono il settore della carta, la siderurgia, la chimica, la ceramica, il cemento e il vetro.
Attualmente, la domanda energetica dei diversi settori è soddisfatta principalmente dal gas naturale, le cui emissioni sono in parte gestite in ambito Ets con le quote di CO2, che comunque iniziano a pesare nei bilanci della aziende.
Infatti, dagli operatori industriali emerge una forte esigenza di ammodernamento ed efficientamento dei sistemi produttivi per poter essere maggiormente competitivi.
Per quanto riguarda il costo specifico di produzione dell’idrogeno, per equiparare il mancato acquisto del gas e il mancato esborso per le quote Ets, dovrebbe costare circa 3,7 €/kg, valore ancora lontano dai costi per produrre un kg di idrogeno mediante elettrolisi.

Lo studio si è concentrato soprattutto sull’utilizzo dell’idrogeno nel contesto degli usi finali, ma una ulteriore domanda potrebbe arrivare dai settori che lo consumeranno come materia prima nei loro cicli produttivi.

Permane la difficoltà su come soddisfare la domanda in termini di produzione nella quantità necessaria e di una continuità nel servizio in merito a trasporto, accumulo e distribuzione sul territorio.

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