Antartide
foto Pixabay

Le calotte glaciali dell’Antartide, soprattutto del settore occidentale sono sempre più a rischio a causa del riscaldamento globale. Lo conferma uno studio dell’Imperial College of London, svolto in collaborazione con l’Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), l’Università di Siena ed altri istituti italiani e stranieri.
Questo nuovo studio illustra un archivio geologico del passato che mostra come potrebbe reagire la calotta glaciale dell’Antartide a condizioni climatiche più calde.

Jim Marschalek dell’Imperial College, coordinatore dello studio, spiega che “Le nostre osservazioni del passato aiutano a fornire previsioni su come la calotta glaciale dell’Antartide occidentale, considerata oggi particolarmente vulnerabile alla rapida perdita di massa di ghiaccio, risponderà nei vari scenari futuri di riscaldamento”.

Antartide
fonte Ogs

Gli effetti del cambiamento climatico e le emissioni di gas serra non faranno altro che aumentare gli impatti negativi sulle calotte glaciali.

“La spedizione a bordo della nave scientifica Joides Resolution ha consentito di recuperare 1300 metri di carote di sedimento per studiare l’andamento della calotta polare nel corso del tempo, da 18 milioni di anni fa a oggi”, spiega Laura De Santis, ricercatrice dell’Ogs, capo spedizione e co-autrice dell’articolo pubblicato da Nature. 
Le carote della spedizione Iodp del 2018 sono state prelevate nei punti chiave per comprendere le cause e la risposta della calotta dell’Antartide Occidentale ai cambiamenti ambientali del passato.

Lo studio rivela che il volume dell’Antartide tra i 19 e 17 milioni di anni fa raggiunse dimensioni maggiori di quelle attuali. L’Ogs, per stimare quanto sedimento è stato eroso dalla calotta glaciale nel tempo, ha utilizzato dati sismici, riuscendo così a fornire delle immagini istantanee dell’evoluzione del Mare di Ross e della calotta.

“Durante questo intervallo, la calotta ha progressivamente scavato e approfondito il suo substrato roccioso, e si è estesa fino al bordo del continente, in mare” spiega Florence Colleoni, glaciologa dell’Ogs e co-autrice dell’articolo. “Successivamente, prosegue Colleoni, tra 16 e 14 milioni di anni fa, in concomitanza con livelli di anidride carbonica in atmosfera intorno ai 500 ppm e un clima molto caldo la calotta si è ritirata significativamente fino a quasi scomparire nel settore occidentale dell’Antartide contribuendo così a un innalzamento del livello del mare globale di diverse decine di metri”.

L’obiettivo è di utilizzare i risultati che si ottengono dalla storia dell’Antartide per ridurre il margine di errore su certe proiezioni del livello del mare, come quelle rilasciate dall’Assessment report 6 dell’Ipcc (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico).

I risultati dello studio dell’Imperial College of London, pubblicati lo scorso 27 dicembre su Nature, sono complementari ai progetti del Programma nazionale delle ricerche in Antartide (Pnra), che si tanno svolgendo all’Ogs e che impiegano diversi tipi di dati tra cui quelli geologici, sismici, oceanografici e sulla modellistica numerica.

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